Chef

Rino Duca, il Refettorio di Massimo Bottura in prima persona

di:
Alessandra Meldolesi
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La straordinaria esperienza del Refettorio Ambrosiano di Massimo Bottura, raccontata da un cuoco che vi ha preso parte: Rino Duca.

La Notizia

Rino Duca al Fianco di Massimo Bottura


Dopo Alain Ducasse, Daniel Humm, René Redzepi e i fratelli Adrià, è venuto per Rino Duca, chef del Grano di Pepe di Ravarino, il tempo di affiancare Massimo Bottura al Refettorio Ambrosiano di Milano, teatro di una straordinaria iniziativa benefica ideata dallo chef di Modena. Fin dall'inaugurazione di Expo nelle cucine di Piazza Greco vengono infatti recapitati gli avanzi di tutti i padiglioni, affinché siano approntati da chef selezionati in base a un fitto calendario e finalmente serviti a un pubblico di poveri e anziani milanesi, in una sala che porta le griffe di noti designer e artisti italiani. Un'esperienza senza uguali, volta a coinvolgere gli ultimi nel tourbillon della manifestazione e nelle seduzioni dell'alta cucina, approfondendo al tempo stesso il senso più profondo della ristorazione in un travolgente potlach gastronomico.

"Quando Massimo è venuto a mangiare da me, il 29 luglio, abbiamo scambiato qualche opinione sul refettorio e in me si è rafforzato il desiderio di prendervi parte", racconta Duca. "Anche perché nel mio caso si tratta di un tuffo nel passato: dal 1997 al 2004 ho lavorato come educatore nel campo del disagio e ho compiuto le mie esperienze più belle in carcere, insegnando a cucinare. Mi sono trovato in questo modo a incrociare la vita delle persone più disparate, qualcosa che mi ha profondamente cambiato e arricchito. Anche al refettorio mi sono trovato confrontato con il personale della mensa: il modo per dare orizzontalità al mio lavoro. E anche una carezza all'animo, perché non c'è stato alcun rapporto commerciale, solo gratuità e dono. Qualcosa che però dà tantissimo.

Avere a che fare con un paniere di ingredienti casuali, che ho scaricato e scoperto al mattino stesso, ha rappresentato una sfida eccitante. Ne ho ricavato un piatto di patata e buccia di patata in cacio e pepe, un timballo di pasta alle melanzane, in omaggio alle mie origini siciliane, e un sorbetto di banana, riso nero soffiato e zuppa di pane al latte. Alla fine mi è piaciuto mettermi a sedere con persone che non conoscevo, dalla cultura completamente diversa, una vecchina di Milano accanto a uno straniero. Porterò per sempre con me il ricordo di una giornata indimenticabile: la stretta di mano della dolcissima signora Eugenia, che col suo portamento mi ha dato una lezione di dignità, come la determinazione di tutti i volontari, che operano in silenzio per 'servire'.

Prima di me erano passati in Piazza Greco personaggi leggendari, l'intera hall of fame della cucina contemporanea. Ed è straordinario che siano scesi dal loro piedistallo per tornare alla semplice missione del cuoco: fare da mangiare per la felicità di qualcuno. Rimettendo al centro di questo meraviglioso lavoro una componente umana che stordisce e meraviglia per la sua complessità".

 

Tutte le fotografie sono di Paolo Terzi

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