Due teste, due gambe, due mani: la cucina di Lorenzo cerca la quadratura fra una materia sensazionale e la sua interpretazione d’autore, con il cronometro e il termometro in mano.
La Storia
La Storia del Ristorante Lorenzo
Garzone e bagnino, calciatore e cuoco, carismatico patron con la lenza nell’armadietto, nonché campione di pesca al branzino: tutto questo è stato ed è Lorenzo Viani, occhi di ghiaccio e gambe di mercurio. Suonano le 19 e 30 quando mette piede al ristorante con la cassetta degli scampi in mano, quelli dell’ultima cala serale, che il calore del giorno non ha fatto in tempo ad abbrustolire. Si cambia velocemente, tenta di arrangiare un tavolo, con il telefono che trilla per le prenotazioni dell’ultima ora (“Forse per le 10”). Quando la figlia Chiara sbuca dal retro: “C’è bisogno di qualcosa? Hanno preso un pesce nero”. “Quanto pesa? Se la pezzatura è giusta digli di sì”.
Si siede un attimo e confida: “La mia giornata? Sono in giro dalle 8 di mattina, per 6 o 7 magazzini, fra Livorno, Viareggio, Massarosa e per barche con il camioncino refrigerato. Ho provato a delegare a un fornitore ma in fondo alla cassetta non c’era mai quel che volevo. Solo aragoste di fondale, perché le nostrane sono coriacee, e vongole selvagge. Il pesce nero catturato in profondità insieme agli scampi da due barche, che lavorano quasi in esclusiva per noi. I gamberetti di fondale che ci sono solo in estate, ma nella fossa di Sanremo vengono pescati tutto l’anno, e i gamberi viola liguri, che sono tanta roba.
Da fuori le sogliole di Dover, le ostriche Gillardeau o Belon e i rombi francesi, che non hanno eguali. Poi alla fine dell’estate, quando l’acqua torbida sfocia in mare, prendo le reti e faccio mattanza. Alla bocca del Serchio, ingrassata dai torrenti, ho appena raccolto le cozze per la zuppa più buona del mondo”.
Ma il pesce come l’hai conosciuto? “Da ragazzino andavo in barca a dare una mano o scaricavo le cassette, per mettermi in tasca qualche lira. Ed è stato così che ho preso confidenza. Mio papà era maestro d’ascia al cantiere navale e calciatore, secondo una tradizione familiare che ho proseguito anch’io. Deteniamo tuttora il record di capocannoniere in serie B. Giocavo da mezz’ala sinistra, il numero 10, un po’ come adesso, che faccio il regista e tiro assist. Anche se di reti ne ho segnate in tutti i campi. Poi ho fatto il cuoco, una ristorazione per amici, e ho iniziato a battere i grandi alberghi in sala, nell’epoca d’oro della lampada. Anche qui in bassa stagione utilizziamo il vassoio e la cloche”. Dal 1980 è semplicemente Lorenzo, il ristorante che porta il suo nome a Forte del Marmi, frequentatissima istituzione della cucina marinara, punteggiata dei quadri di un altro Lorenzo: il Viani pittore espressionista e maudit. In punta alla forchetta dei migliori locali di pesce italiani.
Il merito del successo va anche all’ormai storico Doppelgänger di Lorenzo: lo chef Gioacchino Pontrelli, che incarna la seconda anima del locale. Non solo sala, non solo prodotto: al passo indietro segue lo slancio nella danza. “Vengo da Salerno, apripista di una piccola colonia di chef campani in Versilia. Tutti bravissimi. Ho cominciato negli anni ’80 al Quisisana, in Costiera e a Capri, sono approdato in Toscana al Baglioni e al Savoy di Firenze, poi a Villa San Michele di Fiesole e al Savoy di Roma. Dovevo andare al Patriarca e sono finito al Patriarchino, poi ancora hôtellerie a Lido di Camaiore e uno stage da Paracucchi a Sarzana, che mi ha trasmesso tutto: la sua semplicità, i suoi gusti, la ricerca della materia prima, l’abbinamento di tre o quattro ingredienti al massimo. Mi avrebbe assunto ma io volevo girare.
Nel 1984 ho conosciuto Lorenzo e sono entrato come secondo di suo cugino. Quando ha lasciato mi sentivo troppo giovane per diventare chef, ma lui mi ha detto: ‘Non preoccuparti, cominciamo piano piano’. Siamo partiti con i nostri testing, perché avevamo una piccola carta, ed è stato un crescendo per tutti, con tanti lavori in giro per il mondo, a New York, Dubai, Mosca. Ci siamo sempre scannati ma nella fiducia reciproca: posso dire che nel rispetto della tipologia di locale ho carta bianca”.
È lui che prende in mano il bandolo del pesce vivo di Lorenzo, chino sulla mise-en-place dalla mattina presto anche quando il ristorante è chiuso a pranzo. “Come lo trattiamo? Per il crudo utilizziamo esemplari piccoli di retina. Li sfilettiamo, spiniamo e avvolgiamo nella carta per proteggerli dal gelo dell’abbattitore; poi prima del servizio li rigeneriamo. Tutti di giornata, senza stock; anche scampi e gamberoni, sebbene per me sia un controsenso, ma su questo l’ASL non transige. Il resto del pesce non tocca trattamenti termici diversi dalla cella. Assolutamente. Siamo al mare e compriamo quel che vendiamo. Il pesce nero che ha preso Lorenzo, per esempio, lo posso lavorare per tre giorni, anzi in quell’arco di tempo matura e migliora, perché la frollatura lo rende più soffice e meno fibroso. Come tutti i pesci di pezzatura medio-grande, branzini, orate, ombrine, va lasciato riposare”.
I Piatti
Il menu cambia ogni giorno, con 7 portate a 100 o 110 euro. In accompagnamento c’è una cantina di tutto rispetto: una delle migliori della Toscana e dell’Italia, ancora segnata da una grandeur anni ’80, quando Lorenzo, cultore del bello e del buono, con una predilezione per francesi e distillati, ha iniziato a farsi valere en primeur.
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- Gambero rosso scottato in fonduta di verdure profumate al Martini dry
Dopo il benvenuto di gamberi bianchi di fondale fritti in un mix di oliva e girasole e la storica crocchetta di gamberetti, i crudi sono un must: la tartare di gallinella e cappone in forma di aspic, quella di tonno con cialda di riso allo zafferano e salsa di avocado, crostacei e pesci da lisca del giorno conditi solo con olio, pepe e sale, talvolta speziato.
Fra gli antipasti la battuta di gamberi di Sanremo al lime con caviale Calvisius e cialda di riso allo zafferano, deliziosa sinergia di sapidità, grassezza e acidità. La condisce un extravergine ligure Anfosso, cui in cucina subentra sul cotto un lucchese. Oppure il gambero viola ligure appena scottato in una fonduta di verdure profumata al Martini dry, prima di una serie di creme vegetali ricorrenti nel pasto, con un effetto comfort straniato dal contenitore.
Ottima la vellutata di carota nera con insalatina di mare profumata al ginger, a conferma dell’attenzione per il vegetale, quasi sempre locale. “Questo no, è importato. Ma mi piaceva perché meno dolce, più tannico e terragno della varietà arancione”. Forma la base per una serie di elementi: la chela di astice, i gamberi rossi, i calamaretti, gli scampi, tutti cotti a 70 °C per una manciata di secondi, “perché il pesce non va rovinato, occorre preservare la fragranza. Se tocca i 100 gradi si incallisce”. Divertente la cialda di gambero rosso ligure per il crunch, con la coda essiccata e fritta, ariosa e croccante. Imperfettibili cotture e consistenze.
Fra i primi lo gnocco di ricotta su vellutata di sedano rapa alle verdurine croccanti, piatto comfort di terra, e la linguina nera aglio olio e peperoncino con battuta di scampi al lime, freschissima. Di nuovo crostacei, il feticcio della casa. “Uso la pasta Morelli, perché è un piccolo pastificio artigianale che può adattare le ricette su misura. Tengo anche il pacchero senza glutine per i celiaci”.
Monumentale, non solo alla vista, l’aragosta in crosta croccante di grissini, sesamo bianco e nero servita con indivia all’acqua di pomodoro e “maionese” all’aglio nero, in realtà un aïoli a base di spicchi sbianchiti più volte nel latte e patata lessa montati all’olio, senza uova (la maionese vera e propria è preparata ogni giorno in sala almeno una dozzina di volte, con olio lucchese e un 30% di arachidi). Dove il crostaceo, immerso per 3 minuti nell’acqua a 72 °C, lasciato riposare per fare penetrare dolcemente il calore e gratinato a 200 °C, è una nuvola. Materia e cottura impeccabili.
Oppure la tagliata di ricciola alle erbe. Viene panata solo sul lato di cottura con salvia, rosmarino, timo, maggiorana e santoreggia, passata sul fry top e poi in forno fino alla temperatura di 40 °C al cuore, quindi servita con purè, insalatina e chips di patate viola, più una salsa alle erbe. Pesce e patate.
Classici i dessert, come la pastiera rivisitata con una base tradizionale, senza canditi né frolla, la bavarese al limone e il gelato fiordilatte all’arancio. Oppure il soffice ai tre cioccolati su base croccantino: al latte, bianco e fondente.
Tutte le fotografie sono di Lido Vannucchi
Indirizzo
Ristorante LorenzoVia Giosuè Carducci 61 - 55042 Forte dei Marmi (LU)
Tel. +39 0584 874030
Mail: viani.lorenzo@alice.it
Il sito web del ristorante Lorenzo