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Per me, il fine dining dove il pesce “diventa” carne: i piatti geniali di Giulio Terrinoni

di:
Lucia Facchini
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copertina giulio terrinoni ok

Alta cucina salmastra con radici terrestri, per un menu che parla a tutti senza arenarsi sugli scogli del divismo: da Per me Giulio Terrinoni e il suo equipaggio traghettano l’ospite verso nuove insenature gustative, grazie a un percorso “all inclusive” dove il prodotto è assoluto.

Per Me

Roma somiglia un po' a un cantautore che, messi da parte i brani di repertorio, talvolta ti sorprende con un'hit postmoderna a tutto sound: pensi di conoscerla a fondo, ma dietro l'angolo scopri sempre un pezzetto di futuro incastonato tra le antichità longeve. Capita, quindi, che un'arteria cinquecentesca raduni in pochi metri il pastificio di famiglia e l'enoteca chic, il ristorante d'alto rango e il caffè d'antan.

@Alessandro Barattelli



È il caso di Via Giulia, un patchwork a cielo aperto di bontà in fila indiana. Perché l'ignaro turista, intento a immortalare l'Arco Farnese o l'istrionica Fontana del Mascherone (che un tempo pare abbia stillato vino per tre giorni), non immaginerebbe mai di poter mangiare trippa di rana pescatrice a pochi step dal Lungotevere.


E invece sta tutta qui la magia di una cena da Giulio Terrinoni, che con Per Me ha scosso la cucina locale appisolata sui secoli di storia, trasformando una cartolina sbiadita in un affresco di romanità contemporanea.


Il ristorante


Trippa di pesce, dicevamo. Ma anche tagliatelle di seppia o lumache di mare allo spiedo condite con una salsa alla cacciatora che più agreste non si può. Inquilini degli abissi esposti ai raggi x di una creatività che non sconfina mai nell'esibizionismo, perché il vero cuoco riesce a stupire con tatto e confortare con audacia.


Tutto ha inizio nel 2015 quando, in quell'oceano di tradizione che è l'Urbe, Giulio Terrinoni imbastisce un food couture sagomato sul profilo dell'ospite curioso: alta cucina salmastra con radici terrestri, per un menu che parla a tutti senza arenarsi sugli scogli del divismo. Sceso dal vascello Acquolina Hosteria (già forte di un macaron), l'approdo dello chef a via Giulia ha il sapore di un'autentica regata in acque ignote; una prova d'iniziazione che mette a frutto il knowhow acquisito con maestri del calibro di Fabio Tacchella, i trascorsi nel fine dining e la salda conoscenza del pescato laziale.


 

Così, Per Me guadagna la stella dopo soli 11 mesi di apertura: niente male per un mini-ristorante a metà strada tra Piazza Navona e le sponde tiberine, dove la tipicità alberga diffusa. Giulio lo delinea sin dal nome, che è insieme un complemento di causa e di fine, radunando un equipaggio capace di traghettare l'ospite verso nuove insenature gustative.


Funziona pure la sala raccolta, a misura di coppia, in cui il flusso di luce bagna i tavoli grazie all'ampia vetrata su strada e il dehor esterno tampona l'escalation di prenotazioni nei mesi caldi. Ma, più del raggio capitolino, a stemperare il clima accorre la flotta capitanata da Daniele Condò, distillando l'essenza del percorso in poche frasi incisive che fomentano l'attesa dei piatti.

@Alessandro Barattelli



Dal canto suo, il pairing scorre tra il placido e l'ardito, complici i picchi effetto-switch negli assaggi di maggior struttura (e alla fine si gioca spesso in casa, con etichette poco gridate che tengono alto l'interesse). Il nostro excursus ha preso la rincorsa anche grazie al racconto del sous chef Daniele Belviso, pronto a sfoderare l'arsenale tecnico affinato durante una recente esperienza da Azurmendi, alla corte del tristellato Eneko Atxa.

@Alessandro Barattelli


I piatti


Se talvolta affidarsi può essere un azzardo, da Per me vale l'esatto opposto. Consiglio spassionato: scrollatevi di dosso l'inconscia sicurezza di ordinare alla carta ed entrate subito nel mood sperimentale. La scelta ricadrà fra un tris di menu al buio: 5 portate "conoscitive", con l'opzione vegetariana, e 10 più immersive, per tuffarvi a capofitto nel profondo blu; in ogni caso, sarà un percorso “all inclusive”.


Lavoro da sempre sull’impiego assoluto del pesce e della carne. Quella che oggi è una moda imperante, per me rappresenta l’unico approccio possibile al prodotto”, spiega lo chef. Dogma che ha fatto scuola -non solo a Roma e non sempre nel fine dining- trasformando un'ex mission impossible in trend di massa, con esiti piuttosto variegati. Eppure, Per me non ha mai perso smalto: lo dimostra la rapida evoluzione dei piatti, secondo un flusso costante di idee attuali.


Saliamo dunque a bordo. Il primo attracco è una baby porzione setosa di Riso, patate e cozze. Sul fondo una cialda di riso crispy, sopra la soffice spuma del tubero a trasferire i mitili in un habitat sicuro, dove lo iodio assorbe gli amidi del doppio carboidrato.

Riso, patate e cozze



Onda e suolo: due confini che si sfiorano, per abbracciarsi definitivamente nell'Ostrica, spuma di latte di mandorla, sorbetto di cipolla rossa e crostini di pane. Come prendere aria fra una bracciata e l'altra: la punta salina del bivalve arrotondata dal vegetale, mentre il Vecchio Samperi "Perpetuo" di Marco de Bartoli (prodotto con il sistema dei travasi in botti di rovere contenenti vini già invecchiati) fa da contrafforte al boccone grazie al rush finale di freschezza.

Ostrica, sorbetto di cipolla rossa e pane al gorgonzola



Dei signature colpisce la resistenza al tempo: primo fra tutti il Carpaccio di scampi, foie gras marinato e gel di cipolla rossa, elegantissimo con il suo effetto nude, in cui le trasparenze del crostaceo fanno da sfondo al fegato, generando due livelli di grassezza opposti ma affini.

Carpaccio di scampi, foie gras marinato e gel di cipolla rossa



C'è poi il Sandwich di triglia, intermezzo tutto gola che riscrive e ristampa in 3D una ricetta-feticcio dell'Urbe quali i saltimbocca alla romana, qui proposti "alla marinara". Vi si alternano una crema di cachi per l'effetto voluttuoso e la triglia con rinforzo di pancetta e salvia, vestita di tutto punto da un mix di pane fritto e mozzarella, nonché sormontata dal suo stesso patè. In cima, misticanza lavorata col limone, a far le veci del contorno nel sempreverde tramezzino, mentre un sorbetto di peperoni agrodolce e leggermente spicy servito a parte resetta lesto le papille.

Sandwich di triglia, misticanza aromatica, salsa agro-piccante



Ha ormai vent'anni (ma non li dimostra) la Trippa di rana pescatrice, nata come secondo a scarto nullo quando ancora la sostenibilità era una chimera ed evoluta in un taco dal ripieno strong.

Taco con trippa di rana pescatrice



"La cuociamo nel pomodoro con mentuccia e pecorino, a immagine e somiglianza dell'originale", conferma lo chef. "Col tempo ha assunto la forma di un side, posto accanto al filetto per la riconoscibilità dell'ingrediente". E alla fine cambia spesso, fermo restando il sostrato sugoso: ora la si trova in tempura, avvolta da una nuvola di pastella leggera. "Una bomba", direbbe il cliente verace.


Vale lo stesso per le lumachine di mare, cotte due volte in acqua e la terza in un brodo di verdure e aromi; una base profumata, quest'ultima, che lo chef riutilizza per preparare la salsa alla cacciatora con cui vengono bagnati i mini-molluschi, disposti in sequenza su uno spiedo monoporzione. Da far concorrenza agli arrosticini.


Pare un primo, ma non è. Con la Pappardella di scorzonera lo chef gioca la carta dell'ars imitandi: davanti a noi un groviglio di nastri dall'intreccio sinuoso e il genuino spessore. Senonché, al morso, la pasta si svela radice dalla croccantezza ammiccante.

Pappardella di scorzonera con carrè di lepre



"Ci sono arrivato partendo dalla rielaborazione degli Spaghetti alle vongole fujute: un giorno mi venne in mente di sostituire il farinaceo con l'ortaggio, dicendo al cliente che al posto dei frutti di mare era 'scappato lo spaghetto'", racconta Giulio. "In seguito, ho utilizzato il trucco per snellire il menu, dato che, ad esempio, molte preparazioni incorporano il pane. A fine taglio, il rizoma viene sbianchito nel latte di mandorla per fissarne il colore naturale". E qui arriva il gioco di ruolo: "Ricreare una Pappardella di lepre senza pappardella, mettendo sul piedistallo il condimento; tanto più che il mammifero selvatico si nutre proprio di tuberi". Un rebus concettuale che diventa palatale, col carré di lepre in cima al piatto, appena marinato alla scottadito. E fa riflettere l'equa spartizione dei nutrienti fra le portate: un canovaccio all'italiana con risvolti nuovi, senza che il carboidrato spenga l'appetito.

Seppie arrosto, limone bruciato, cavolo nero e brodo di funghi



D'altronde, il meglio deve ancora venire: il best bite del degustazione è una Seppia arrosto con limone bruciato, cavolo nero e brodo di funghi che si fissa decisa nella memoria a lungo termine, ardita quanto basta da scuotere i sensi. "Volevo rompere la 'bolla umami' del cavolo nero, che trovo quasi acquatico nella sua immediatezza. Da qui l'idea di usare il fegato di seppia, in cui però si riscontra sempre lo stesso tono amaricante. All'estremo opposto, con i limoni bruciati al forno c'è un contrappeso di freschezza e acidità che amplia a dovere la cerchia di sapori". Detto, fatto: "L'agrume viene frullato insieme a una minima quantità di brodo vegetale, ottenendo una pasta duttilissima che con l'arrivo della stagione estiva useremo anche in pasticceria". Non vediamo l'ora di scoprire come.

Orient Express, fra i dessert-firma di Per Me


Indirizzo


Ristorante Per Me

Vicolo del Malpasso 9 – 00186 Roma (Via Giulia)

Tel. +39 06 6877365

Mail: perme@giulioterrinoni.it

Sito web

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