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"Ustioni, lividi e insulti: ecco quello che ho subito in cucina". Lo chef stellato Paul Foster si racconta

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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Copertina Paul Forster

“Mi fa orrore ripensare a ciò che ho sopportato in cucina”. Paul Forster ripercorre i primi anni della sua carriera raccontando ciò che non aveva mai avuto il coraggio di confessare prima: ora che è arrivato il successo, non dimentica l’incubo degli esordi.

La storia

Dopo oltre 18 anni di esperienza, numerosi riconoscimenti e un ristorante stellato, lo chef britannico Paul Foster può decisamente ritenersi soddisfatto degli obiettivi raggiunti, ma, come lui stesso confessa in un'intervista, la strada per arrivare fin qui non è stata per nulla semplice. Una strada molto tortuosa e soprattutto dolorosa, costellata di atti di bullismo e vessazioni fisiche. “Ho iniziato nelle cucine alla fine degli anni '90, quando lo chef ‘maschio alfa’ era ancora la regola. Mi fa orrore ripensare a ciò che ho sopportato, a cui ho assistito e che ho accettato come se fosse normale. Io e i miei colleghi, tutti molto giovani, mettevamo sul piedistallo i capi chef di talento, ci sentivamo come se fosse colpa nostra se qualcosa andava storto e pensavamo di meritare pesanti punizioni.

Crediti TH Photography



Nascondere la pressione mentale è stato facile per me: era qualcosa che avevo imparato a fare sin da subito e pian piano era diventata la normalità. Chi mi stava accanto era preoccupato, ma io glissavo su tutto facendo credere si trattasse solo di stanchezza. Anche nascondere i lividi non era un problema: i violenti di turno lo rendevano facile. Non colpivano mai troppo forte, o miravano a posti coperti dai vestiti, con piccoli calci alle caviglie o alle costole. Eravamo in preda alla paura”.


E aggiunge: “A volte vassoi roventi volavano attraverso la cucina. Nessuno ha mai sentito parlare di un chirurgo di spicco che taglia un giovane studente per avergli passato il bisturi sbagliato”. Lo stato di salute di Paul allora era davvero disastroso: perdita di peso a vista d’occhio e frustrazione mentale fino ad arrivare a pensare di non essere abbastanza bravo e di dover lasciare il lavoro.



“Grazie al supporto di amici e familiari sono riuscito a sfuggire a queste cucine instabili”, confessa. “Ho trovato capi comprensivi e questo mi ha aiutato a ricostruire me stesso e la mia carriera. Mi sono reso conto di avere talento e ho ritrovato il mio amore per il cibo. Guardo indietro a quel periodo della mia vita e sono grato di aver trovato un'altra strada: non odio, né nutro alcun sentimento negativo nei confronti degli chef che mi hanno distrutto; sono semplicemente grato di non essere finito come loro e di aver preso la decisione consapevole di intraprendere un percorso migliore, dice sollevato. “Oggi il settore dell'ospitalità è in una situazione molto migliore rispetto a quando ho iniziato a cucinare, anche se è ancora un lavoro duro con giornate lunghe e paga spesso insufficiente. Sono sicuro che ci sono ancora alcune mele marce là fuori, ma si stanno autoeliminando”


Fonte: stratford-herald.com

Foto di copertina: michelinguide.com

Foto nell'articolo: Crediti Salt By Paul Foster

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