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Quali sono i 12 migliori primi piatti del 2020 secondo Marco Colognese

di:
Marco Colognese
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primi piatti 2020

Tra un blocco e l’altro Marco Colognese è riuscito comunque a visitare 180 ristoranti in 14 regioni italiane: scorrendo le migliaia di foto nel corso dell’ennesimo periodo rosso si è imbattuto in alcuni piatti che gli hanno regalato quel brivido che capita poche volte di provare. Ne sono scaturiti i migliori 12 primi piatti del 2020.

I Piatti

È stato un anno straordinario, questo 2020: si tratta di un aggettivo che amo poco, soprattutto se utilizzato nell’ambito in cui gravito per celebrare la bontà. Definire in questo modo un piatto o un prodotto e farlo con pericolosa frequenza significa infatti paradossalmente ridurre la portata del termine, tutto sommato mortificando anche ciò che si vorrebbe esaltare. Però straordinario, in un’accezione evidentemente negativa (sebbene tutto il male non venga sempre per nuocere) questo periodo di cui forse timidamente stiamo intuendo il possibile inizio della fine, lo è stato fuori di ogni dubbio. La ristorazione ha sofferto e soffre le pene dell’inferno, ma ha resistito e spero resisterà ancora con quella passione che distingue i sognatori che ne costituiscono l’anima e si muovono prima di tutto con il cuore, perché se fossero le tasche l’obiettivo così vitali non sarebbero, in un mondo oltre l’avverso per loro come questo. Certo parlo di quella ristorazione, di quelle donne e quegli uomini che ne hanno fatto una missione, una ragione di esistere. Un piacere, per sé e per i loro ospiti. Alta, se vogliamo, non necessariamente stellata, ma alta nel senso della cura per i dettagli e il gusto, per l’accoglienza e lo spirito. Tra un blocco e l’altro sono riuscito comunque a visitare 180 ristoranti in 14 regioni italiane: scorrendo migliaia di foto nel corso dell’ennesimo periodo rosso in queste festività mai così sottotono mi sono imbattuto in alcuni piatti che mi hanno regalato quel brivido che capita poche volte di provare. Così da questi ho scelto quelli che in partita sono definiti primi. Primi in una piccola lista che non vuol essere una classifica, ma una scelta di gusto sì.

 

Eccoli qua, rigorosamente in ordine sparso.

 

  1. Marc Oberhofer – Lampl Stube Hotel Lamm Castelrotto (BZ)



Un albergo di montagna affascinante, elegantissimo e moderno, diretto da Verena Gabrielli la quale ha voluto fortemente un angolo di alta cucina affidando la Lampl Stube alle mani esperte di Marc Oberhofer. Notevoli le sue tre zuppe, servite tutte insieme. La prima, profumatissima, di fieno con fiori di montagna. Poi il corroborante consommé con gnocco di midollo di agnello e cuore di bue affumicato. Infine, il brodo di vitello nostrano con canederlo di fegato d’agnello e polmone d’agnello essiccato. Sia il cuore di bue sia il polmone d’agnello, grattugiati dallo chef al momento, sono stagionati da lui stesso. Tre piccoli capolavori di finezza.

 

  1. Matteo Metullio e Davide De Pra – Harry’s Piccolo al Grand Hotel Duchi D’Aosta – Trieste



Chi ha assistito all’assegnazione delle stelle quest’anno non può non essersi commosso quando è arrivato il turno dei due grandi cuochi che in tandem hanno portato la seconda stella a Trieste. Loro una fregula sarda artigianale abbinata a un crudo d’astice, granseola e salsa busara. Una persistenza infinita e un sapore impossibile da scordare, per questa specialità isolana trattata come un risotto, tostata a secco in padella e cotta in un brodo di gallina ruspante. Una punta di zenzero a donare piccantezza, mantecata con olio extravergine d’oliva e una noce di burro e Parmigiano, servita sull’astice crudo con una grattata di pepe rosa, julienne di dragoncello e la salsa busara a finire. Gusto interminabile.

 

  1. Giovanni Merlo – La Paterna a Giavera del Montello (TV)



Una delle (belle) scoperte di quest’anno, il locale di Giovanni Merlo. Quasi autodidatta, una passione smodata per il mestiere di cuoco, ha trasformato il suo agriturismo sul Montello in un ristorante con i fiocchi, sfidando le tradizioni di una provincia notoriamente refrattaria nei confronti della cucina come si deve. Il suo risotto Carnaroli con la beccaccia e tartufo bianco sorprende per armonia e cura dei dettagli. Preziosa la salsa delle interiora del volatile che arricchisce il piatto di intensità, cui si aggiungono la forza del brodo delle sue ossa e la succulenza del petto lasciato rosa. La nota del tartufo va a esaltare la beccaccia, combinandosi in modo ideale. Leggiadra opulenza.

 

  1. Lionello Cera – Antica Locanda Cera – Lughetto (VE)



Magnetico, ortodosso, maniacale nell’attenzione a ogni singolo passaggio che va a comporre ognuno dei suoi piatti. Tutti assolutamente buoni, esprimono una concentrazione di gusto che al centro mette sempre l’amore sconfinato per la materia prima proveniente dal mare. Non è quindi eccessivo definire superlativi i suoi spaghettini freddi con lucerna, mazzancolla, salsa al pistacchio e acqua di capperi, ricetta nella quale è riassunto in termini gastronomici il concetto di perfezione. Ma non si tratta di una perfezione fine a se stessa, quanto piuttosto di una rappresentazione ideale di un sistema di sapori. L’idea dell’inconfondibilità.

 

  1. Matteo Grandi In Basilica – Vicenza



Matteo Grandi ha trovato una nuova, elegantissima casa nella sua città d’origine, proprio di fronte a un capolavoro architettonico come la Basilica Palladiana. Ancora molto giovane, è uno dei cuochi più promettenti dello scenario Veneto (e non solo). Il suo originale riso vongole & co. non viene mantecato come un risotto classico ma con kombawa e acqua iodata ricavata dai molluschi (vongole, canestrelli e capetonde) che su di esso verranno appoggiati dopo essere stati fatti marinare. Il riso è finito con polvere di limone fermentato, fiori di coriandolo, pomodorini confit e cinque diversi tipi di basilico. Il fascino dell’essenziale.

 

  1. Fabio Tammaro – Officina dei Sapori – Verona



Arrivato poco più che ventenne a Verona, questo cuoco campano non ha soltanto il culto del mare. Lo studia infatti in modo maniacale e ne conosce ogni ambito commestibile. Le sue eliche di Gragnano con fegato di pescatrice, alga wakame fresca e mandorle di mare ghiacciate sono quel che viene definito “schiaffo” nel gergo degli accoliti. Ma si tratta di una sberla buonissima, fatta di valorizzazione di materie ittiche meno conosciute e grande sensibilità nella gestione degli equilibri gustativi tra la forza salmastra dell’alga e la delicatezza del fegato. Il tutto esaltato dalle mandorle di mare aggiunte ghiacciate pochi secondi prima di servire il piatto. Esaltante sapidità iodata.

 

  1. Alberto Faccani – Magnolia – Cesenatico (FC)



Alberto Faccani ha creato nel tempo un vero e proprio luogo di culto per i gourmet. Al Magnolia tutto fila sempre liscio, a partire da un altissimo livello di servizio. La cucina è di quelle che accarezzano e avvolgono il palato con piatti di grande tecnica, precisione ma soprattutto nitore espressivo. Ecco allora che conquistano gli spaghetti ai ricci di mare con Pecorino di fossa e seppiolini. Risottati con acqua di vongole, fumetto e acqua di pecorino, vengono amalgamati con una maionese di ricci di mare qualche riccio a crudo. Una polvere di peperone crusco e i seppiolini arrostiti completano un vero e proprio inno alla gola. Emblematica ricchezza.

 

  1. Rocco De Santis – Santa Elisabetta dell’Hotel Brunelleschi a Firenze



S può definire uno chef da record, Rocco De Santis. Salernitano, ha portato questo splendido ristorante che trova il suo spazio in una torre antica alla seconda stella Michelin in men che non si dica. Il suo segreto, oltre al talento, sono la grande precisione organizzativa e uno spiccato senso del gusto. Un piatto che non può togliere dal suo menu sono le linguine mantecate al burro di alghe con bergamotto, ricci e bottarga. Una delizia che a lui stesso ricorda il suo forte legame con la terra d’origine e il mare, in un rincorrersi di sapidità bilanciate con il tocco rinfrescante della fragranza agrumata del bergamotto. Profumata sostanza.

 

  1. Incàlmo Ristorante -Hotel Beatrice – Este (PD)



Michele Carretta e Ricardo Scacchetti sono i giovani titolari di uno storico albergo di Este proprio di fronte allo splendido castello. All’interno della stessa elegante struttura dell’Hotel Beatrice si trova il ristorante che vede ai fornelli gli ottimi Francesco Massenz e Leonardo Zanon, cuochi con variegate, importanti esperienze che si traducono in piatti di notevole valore come il riso Carnaroli con sedano rapa, caffè e bergamotto: una sferzata di energia e freschezza in cui il gel dell’agrume è determinante per la squisita spinta acida che completa e integra grassezza e complessità del vegetale lasciato marinare nel caffè. Energico vigore.

 

  1. Luca Abbruzzino – Ristorante Abbruzzino Catanzaro



La Calabria è una terra in grande fermento, tanto da un punto di vista gastronomico quanto da un punto di vista enologico. La famiglia Abbruzzino, con il suo bel ristorante, è una importante testimone di questa spinta. Luca, lo chef, è uno dei grandi giovani talenti italiani. Tra i piatti che ne confermano la felice indole creativa c’è riso, curcuma, nduja e sugo di pesce, nel quale si esprimono tutte le eccellenti materie di questa magnifica regione. Tostato senza grassi, il riso cuoce prima in acque a poi nel sugo di pesce di scoglio tra cui triglia e scorfano, poi mantecato con burro montato, curcuma, nduja e succo e buccia d’arancia. Viene completato con polvere di pomodoro e un trancetto di pesce arrostito. Espressione di intensità.

 

Bonus

  1. Emanuele Petrosino – Bianca – Oggiono (LC)



Emanuele Petrosino, lasciata Bologna, è approdato al lago di Annone sotto le montagne dell’Alta Brianza lecchese in un bellissimo relais a cinque stelle. Il bravo chef laziale, miglior giovane cuoco per la Guida Michelin 2019, ha preso le redini delle cucine e propone ora qui il suo stile improntato a esecuzioni che mettono insieme alta tecnica, pulizia esecutiva e un notevole senso estetico. Buonissimi i suoi raviolini del plin ripieni di crostacei e spinaci con pesci, crostoni di pane croccante e pomodoro rosso selvatico, il tutto servito in un brodo agli agrumi e carapaci di grande complessità e rinfrescato da un’infusione di agrumi, basilico e menta. Gentile suadenza.

 

  1. Tommaso Tonioni – Achilli Al Parlamento – Roma



Tommaso Tonioni ha lasciato Achilli Al Parlamento per dedicarsi alla ricerca, come ha scritto in un recentissimo post su Facebook da cui estraggo un paio di passaggi: È stato un anno molto difficile, pieno di grandi soddisfazioni e anche di insoddisfazioni…, sono arrivato ad un punto del mio percorso gastronomico dove ho deciso di rinascere come il processo alchemico.” Nel corso della mia visita avevo apprezzato un grande piatto come i ravioli ripieni di Blu del Lago in brodo di cera d’api e olio di elicriso, espressione di una creatività tanto alta quanto ben concepita e altrettanto adeguatamente governata. In bocca al lupo.

 

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