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Vegetale, territorio, silenzio: La tradizione moderna di Andrea Incerti Vezzani al ristorante Ca’ Matilde

di:
Alessandra Meldolesi
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andrea incerti vezzani

Nel silenzio della campagna reggiana, una certezza schiva. Tradizione emiliana, legge dell’orto, sostenibilità e freschezza sono le regole di Andrea Incerti Vezzani, stellato dal 2008.

La Storia

Non c’è verso di tirarlo fuori dalla sua cucina, Andrea Incerti Vezzani, mentre il motore del ristorante gira. Schivo come i suoi piatti, nel silenzio della campagna reggiana. Fuori non si sente volare una lucciola, laddove presto irromperanno il trantran dei trattori e lo scrosciare dei caseifici. Solo a tratti il rumore degli impianti della casa, che col circondario chiude un cerchio virtuoso. Prima il giardino con le aiole delle erbe aromatiche e delle insalate, poi l’orto vero e proprio in parte coperto. Perché si può far bene senza strepito.


Foto di Stefano Mileto



Vezzani ha coltivato il suo raccolto con pazienza. Nato a Reggio, il padre meccanico lo voleva ragioniere, ma la vocazione già a 14 anni premeva, nonostante la difficile logistica dell’alberghiero a Salsomaggiore. E a Reggio, dopo un paio di stagioni in riviera e in Val d’Aosta, ha speso quasi tutta la sua carriera, senza mostri sacri sul CV. Dopo un passaggio alle Notarie, al fianco di cuochi blasonati, il suo primo ristorante, la Cantina, con appena 7 tavoli è durato 5 anni. Abbastanza per conoscere la moglie Marcella, di formazione fisioterapista, che oggi è direttrice di sala, segue l’amministrazione, ma si è anche diplomata sommelier. Vi transitano anche i proprietari di Ca’ Matilde e basta una visita per decidere il trasloco a Quattro Castella, dove l’eroina di Canossa era stata incoronata Vicaria Imperiale e Vice Regina d’Italia. Tuttora meta di turismo matildico.

Foto di Stefano Mileto



Foto di Stefano Mileto



L’esterno rimane più o meno invariato; ma in quella che anticamente era una stalla, vengono ricostruite sala e cucina, col complemento di quattro camere. La partenza nel 2006 è super classica, con le tovaglie fino a terra e le posate in argento, poi l’atmosfera si fa via via più leggera nelle suppellettili e nei colori. Nel 2008 è già stella, anche se nessuno se la aspetta. Ma nel 2016 la cucina cambia ancora grazie all’autoproduzione. “Abbiamo voluto l’orto per essere autonomi ed evitare gli sprechi”, dice Vezzani, che ha optato per la biodinamica e la permacultura, disegnando un sistema capace di autoregolarsi. E la sostenibilità detta legge, visto che il compost viene prodotto con gli scarti della cucina.

Foto di Stefano Mileto



Foto di Stefano Mileto



Ha comportato anche un rivoluzionamento del menu, con l’abolizione della carta in favore di formule di degustazione perlopiù a sorpresa, per ridurre ulteriormente lo spreco e valorizzare i vegetali. “Sono piatti che non vengono studiati in anticipo, ma vogliono trasmettere il sentimento del momento, tenendo conto delle preferenze del cliente, che può comunque scegliere se includere un primo o un dessert. In un certo senso lo sollevano dall’imbarazzo della scelta”.

Foto di Stefano Mileto



Restano dichiarate le corse degli Intramontabili, che comprende piatti tipici quali i tortelli di erbetta e di zucca, la bomba di riso, la torta di riso a 73 euro. In alternativa ci sono Acqua in bocca (4, 5 o 6 portate di pesce a 65, 75 o 80 euro); Con i piedi per terra (altrettante portate vegetali o di carne a 60, 65 o 70 euro) e Cielo, il mano libera assoluto, con le sue 7 corse a 97 euro. In abbinamento il sommelier Gaetano Palombella amministra una carta da 450 etichette, per circa un quinto locali. Da provare in particolare il pairing con i vini naturali.

Foto di Stefano Mileto



Le direttrici della cucina sono due: il vegetale e il territorio, che vuol dire ricette e soprattutto prodotti della Food Valley, a cominciare dal Parmigiano. Vezzani usa un vacche rosse del caseificio Biogold, che fornisce anche qualche residuo ortaggio e salume; poi ci sono le carni di manzo e maiale della fattoria Rossi. Altri sviluppi in cucina sono stati propiziati dalla collaborazione con Irinox e Rational, grazie alla quale Vezzani ha approfondito le tecniche di abbattimento e cottura a pressione, confrontandosi con professionisti di rango. In particolare i vegetali vengono cotti al momento nel forno a pressione, a garanzia di freschezza e fragranza; ma anche il pesce grazie all’accelerazione può essere preparato espresso. Per il polpo ad esempio occorrono appena 12 minuti: al bando il sottovuoto. Ne risultano piatti tanto comfort quando coscienziosi, materici con un tocco creativo e divertente.

I Piatti

Foto di Stefano Mileto



Gli appetizer squadernano le loro sfumature croccanti, ponendo subito l’accento sul vegetale: quindi il cannolo di pasta phyllo all’hummus, la chips di tapioca soffiata al peperone, il taco di farina di ceci con crema di lenticchie, la tartelletta ai pomodori secchi e l’erbazzone filologico. Per benvenuto uno sgombro con cavolfiore al cardamomo e cipolla rossa marinata, poi l’ortocrazia riprende il sopravvento.

Gambero in tempura di quinoa,crema di patate,rapa rossa e cavolo romanesco



Là fuori è ancora tempo di fiori di zucca: Vezzani li prepara in tempura, farciti di baccalà mantecato al rosmarino, con zucchine in crema e a julienne, maggiorana e polvere di olive. Dove la cimetta, tipo tenerume, è cotta nel forno a pressione per una manciata di secondi. “In questo modo il vapore entra in modo diretto, senza dispersione di minerali nell’acqua né l’effetto di compressione del sottovuoto, cosicché si riduce l’uso del sale e la consistenza ne guadagna”.

Uovo croccante,spuma di parmigiano reggiano e polvere di soffritto



Fra i piatti firma di Vezzani c’è l’uovo a bassa temperatura (62 °C per 1 ora) nel finto guscio di pasta croccante, gonfiata in forno, e caviale di tartufo, per l’anfibologia di uovo al tuber e uovo dello zar. Viene servito con una mousse di erbazzone che ricostruisce la sensazione leggermente astringente di una zuppa.

Mezze maniche di tosone,ricotta,broccoli,polvere di olive nere e alici



Poi un finto primo di pasta non pasta: le mezze maniche di tosone farcite di ricotta con ragù di crosta di Parmigiano, preparato sulla falsariga del condimento classico con odori e poco pomodoro, più un’aria di latticello per l’alleggerimento acido. 99% formaggio per un risultato baricentrato.

Cappellaccio di faraona,crema di zucca e zenzero,capperi, liquieizia e peperoni piquillo



Divertente anche la terrina di cappelletti, che visivamente sembra un collo ripieno e nello schema del piatto, con le perle di Balsamico Tradizionale e le lenticchie, ricorda il bollito delle feste. “Cercavamo il modo di servire i cappelletti in estate e abbiamo pensato a una terrina, con la pancetta fuori per la barda francese e il ripieno classico, che ai bambini piace tanto spizzicare. A Reggio è un brasato di maiale, vitello e manzo con Parmigiano, spezie e pangrattato per addensare”.

Maccheroncino quadrato trafilato a bronzo,scorfano e pomodorini arrostiti.



Ancora umami, filo conduttore del pasto, nei cappellacci alle erbe spontanee, dove compare finalmente l’amaro, sul piatto sporcato di aglio nero fermentato, con la prima zucca per il contrasto dolce, ceci e un’“aria” di aquafaba, sempre di ceci, per ammorbidire. Fra l’orto e i fossi, dove Vezzani pratica il foraging cogliendo borragine, ortica e colza. Un piatto di contrasti netti e tecnica azzeccata.

Intercostato di manzo,salsa gazpacho e verdure cotte a pressione



Ma è ben risolta anche la pancia di coniglio, taglio minore, valorizzato nella consistenza nervosa e ricca di collagene. Arrotolata a mo’ di pancetta, per citare il territorio, viene cotta a bassa temperatura e poi arrostita. Per guarnizione una carotina dell’orto, scalogni, crema di patate, cavolo cotto a pressione e passato al cannello. Mentre il resto dell’animale finisce in altre preparazioni.


Per il formaggio a fine pasto ci sono le creme di Parmigiano, che riprendono i sentori di frutta secca delle diverse stagionature, “modello Nutella”. Quindi la pasta phyllo con mandorla e 18 mesi, il wafer con nocciola e 24 mesi, la pasta sfoglia più opulenta con arachidi e 36 mesi. In accompagnamento un Marsala De Bartoli 1987.

Cocomera Bianca marinata alla stevia,melograno,crema di mango e gelato all’anice stellato



Sfumature di cioccolato,gruè di cacao e cocco.



Il dessert sceglie la freschezza: è una chiboust all’uva fragola appena gelificata con gelato di yogurt e frutti di bosco. Poi le friandises: la piccola torta di riso (diversa dal dessert al piatto, destrutturato in riso al latte, chiboust classica, gelato all’anice e crumble di mandorle), torta al cioccolato tipo Barozzi, madeleine all’arancia, sugolo di uva fragola, tartelletta di crespella con crema montata, ribes e stevia.

La fotografia di copertina è di Stefano Mileto

Indirizzo

Ristorante Ca' Matilde

Via della Polita, 14, 42020 - Quattro Castella RE

Tel. +39 0522 889560

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