La Storia
Il tonno, dicono i pescatori, è il maiale del mare: quasi ogni sua parte è commestibile, perciò viene abilmente confezionata e consumata. Tra i prodotti agroalimentari tradizionali della Sardegna infatti spiccano molte parti del Tonno rosso, che vengono sapientemente lavorate nel Sulcis.
Già nell’antichità Galieno citava come eccellente il tonno salato della Sardegna; secondo molti le sardine (lat. sarda) hanno preso nome dall’Isola di Sardegna, data l’elevata pescosità locale di pesce azzurro, a cui il nostro Thunnus Thynnus appartiene.
Il Sulcis è un areale nel sud ovest dell’Isola, che comprende anche l’Isola di San Pietro, dove in un tratto di costa particolare, ogni anno in primavera passano i cosiddetti “tonni di corsa” che finiscono così per l’essere intrappolati e pescati nelle locali tonnare lungo il loro percorso.
Nel 1893 il francese Gaston Vuillier, appassionato viaggiatore, cosi descriveva la mattanza: «Dietro le montagne del Sulcis […] ha luogo, nel mese di maggio, la famosa mattanza dei tonni […] spinti in uno spazio chiuso che si chiama la “camera della morte”, assaliti da ogni parte con arpioni, agitano il mare con una violenza inaudita: esso diventa tutto rosso del sangue fuoriuscito dalle loro ferite. Una volta si prendevano, in questo modo, fino a 30.000 tonni l’anno, la maggior parte dei quali pesava 1000 o 1200 libbre. Oggi se ne pescano infinitamente meno».

Oggi tonni ce ne sono senz’altro meno e le Quote Tonno stabilite dalla Comunità Europea hanno decretato la fine di un’era che in passato ha prodotto fiumi di parole per la peculiarità delle pratiche di pesca e la bontà del pescato, come nel racconto del giurista Alberto Azuni (1802) «All’inizio di aprile di ogni anno, tutte le coste della Sardegna nelle quali vengano sistemate le tonnare diventano luoghi chiassosi, di affari e di arti, oltre che un mercato di contrattazioni. Da ogni parte arrivano navigli con forti somme di denaro per approvvigionarsi di tonno salato».

Ieri come oggi la carne dei tonni migliori viaggia in tutto il mondo. Nel Settecento e sino a tutto l’Ottocento l’export guardava a Genova: «In ventiquattr’ore 40 uomini preparano 400 tonni che in trenta ore arrivano freschi a Genova dove sono attesi con impazienza e immediatamente venduti» secondo lo scrittore Paul Valery, affascinato da questo superbo prodotto. Al giorno d’oggi il primo cliente rimane il Giappone, dove il Tonno rosso mediterraneo viene battuto a cifre da capogiro e diventa delizioso sushi.
Le tonnare attuali sono dislocate tra i borghi di Portoscuso e Carloforte con la sua Isola Piana, mentre sino al Settecento erano 18 secondo il viaggiatore inglese John Warre Tyndale: «Vignola, Calagostina, Perdas de Fogu, Trabucato e Le Saline, sulla costa settentrionale; Porticciolo, Cala Galera, Pittinuri, Flumentorgiu, Funtanamari, De la Paglia, Portoscuso, Isola Piana, Cala Vinagra e Cala Sapone, ad ovest; e Porto Pino, San Macario e Carbonara, a sud». Chi è appassionato di toponomastica sarda si divertirà a scoprirne l’ubicazione mentre chi ama la cartografia troverà interessante una seicentesca carta geografica della Sardegna, conservata alla Bibliothèque Nationale di Parigi. Nella mappa nel mare sono disegnate navi da carico, galere e imbarcazioni da guerra con bandiere moresche, aragonesi, genovesi, barche per la pesca del corallo e al largo dell’isola di San Pietro per la pesca del tonno, la ‘‘camera della morte’’.

Tra le parti più amate e gustose spicca la Bottarga di tonno, che si lavora in modo non dissimile da quella di muggine, più conosciuta; la parte più pregiata è la Ventresca, un taglio che comprende il dorso dell’animale, morbido e grasso. U Belu o trippa di tonno, costituita dal suo stomaco, e il Cuore, entrambi posti sotto sale e poi a stagionare in cantina, come fossero salumi.

Il pregiato Musciame o filetto di tonno, pressato, salato e fatto stagionare prima del consumo. E ancora la Spinella del tonno, parti dell’animale meno pregiate, tagliate sottilmente, salate ed essiccate; il Tonno affumicato e la Tunninia processo riservato alle parti magre della bestia, che vengono poste su graticci ad affumicare con essenze della macchia mediterranea e poi conservate nelle cantine. Con la Tunninia ad esempio si fa la classica Capunadda, una pietanza a base di tonno appunto, gallette e verdure dell’orto.
Chiudono la rassegna il Lattume o Figatello del Tonno, squisito consumato fresco, insemolato e fritto; infine il classico Tonno sott’olio, che grazie al processo cui è sottoposto si conserva in vasi di vetro a chiusura ermetica.
I fasti del Tonno di corsa rivivono ogni anno anche grazie al Festival Girotonno di Carloforte, che quest’anno ha spento 17 candeline.