La chef Valeria Piccini racconta la sua storia dal 1972 a oggi, tra la passione di una famiglia in un piccolo paese della Maremma, lo studio, i sogni e un futuro che si costruisce ogni giorno con gli insegnamenti e l’esempio alle nuove generazioni di cuochi.
La Storia
Spesso per conoscere un cuoco bisogna conoscere la sua terra.Arrivare a Montemerano è un viaggio tra strade lontane dalle solite rotte, si lascia l’autostrada nei pressi di Grosseto e ci si addentra in quella Maremma che ha ancora un fascino intatto, fatta di colline ora domate dalla coltivazione dell’olivo e della vite che ha dato tanto lustro alla zona con l’epopea del Morellino, ora attraversando boschi e prati con cavalli e greggi di pecore – qui è forte l’enclave di pastori sardi che producono pecorini e formaggi di assoluta eccellenza.
E su un’altura di 300 metri sorge Montemerano, borgo medievale dalla caratteristica pianta a cuore, definito non a caso tra i borghi più belli d’Italia, ma anche tra i più buoni, merito di Valeria Piccini che ha contribuito a renderlo famoso non solo per l’arte e l’architettura, ma anche per la cucina.
Passeggiando tra le stradine e i palazzi di pietra, si noteranno non solo gli scorci del panorama che abbraccia il Monte Amiata e l’Argentario fino all’Isola del Giglio, ma anche qualche giovane ragazzo vestito in giacca da cuoco e toque che porta cassette di verdure ed erbe oppure pane appena sfornato. Sono i ragazzi di Valeria, la forza motrice di Caino, cuore pulsante di questo borgo a cuore, che si spostano dal laboratorio alla cantina alla cucina, perché Caino è questo, una sorta di ristorante diffuso che si dipana in tutto il paesino, con la sede principale nel palazzo da sempre di proprietà della famiglia Menichetti.
Una storia che la chef Valeria non si stanca mai di raccontare, iniziata nel 1971 con Angela e Carisio detto Caino, che decidono di aprire una piccola bottega dove vendere vino, salumi e formaggi. “Ho iniziato nel ’72, avevo 14 anni, quando mi sono fidanzata con Maurizio, figlio di Caino che lavorava alla cava di travertino e la sera dava una mano al bancone del bar e in sala; andavo a scuola a Manciano e nel pomeriggio mi fermavo qui da lui e nel frattempo aiutavo mia suocera. Studiavo per volontà dei miei genitori che erano contadini, ma amavo cucinare e mia suocera mi affidava la preparazione dei dolci, così quando mi sono sposata sono entrata a lavorare qui, e non mi sono più spostata. Sono 41 anni che sto in cucina.” Racconta Valeria. “Le signore del paese erano il mio punto di riferimento, chiedevo loro le ricette tradizionali, oltre a mia mamma, mia nonna e mia suocera. Angela per me era una santa, lei ha capito che io potevo dare tanto e mi ha messo in mano la sua cucina, dandomi fiducia. Ho passato tanto tempo con lei, era buona e generosa, mi ha insegnato a fare la trippa, il buglione, l’acquacotta, persino il pesce di fiume marinato tipo carpione che ora non si trova più, e che io continuo a fare come li faceva lei. È sempre stata orgogliosa di quello che facevo, e ha sempre appoggiato le nostre scelte”.
Ed è negli anni Ottanta che si insinua il desiderio di crescere e fare qualcosa di diverso: l’acquisto della cantina nel 1985 (che nel corso degli anni è andata arricchendosi e che oggi è un vero forziere scavato sottoterra che vale la pena visitare su richiesta) e l’inizio di una serie di viaggi in giro per ristoranti in Italia e all’estero, per aprirsi la mente. Sono anni di ricerca e indagine in cui Valeria approfondisce la conoscenza delle materie prime e in cui si accentua il legame con le proprie radici e i precetti dello scarto zero della sapienza contadina di casa sua. Nel 1991 arriva la prima stella Michelin, la clientela cambia e cambia l’approccio di Valeria alla cucina grazie all’esempio ispirato da grandi chef come Bras, Adriá, Berasategui: ortaggi ed erbe arrivano dall’orto di casa (oggi azienda agricola gestita da Maurizio), gli animali vengono selezionati personalmente da macellai locali, come pure i formaggi, e arriva anche il pesce, esclusivamente del Tirreno, dalle seppie, ai calamari, le triglie, gli sgombri.
Nei primi anni duemila a dare nuovo impulso arriva il figlio Andrea, classe 1979, cresciuto nel ristorante dei genitori di cui assorbe la passione. Dopo il diploma in ragioneria entra in società coi genitori, e non solo, entra anche in cucina al fianco della mamma per poter conoscere tutti i segreti del ristorante. Nel 2006, con l’arrivo della figlia, Andrea si trasferisce in sala e affianca il padre nella gestione della cantina, finché nel 2008 decide di fare un’esperienza negli U.S.A. per perfezionare l’inglese, ma quello che doveva essere un apprendistato linguistico si trasforma in un soggiorno di 8 anni, fino al 2016, lavorando sia come lavapiatti che come general manager. Al suo rientro, voluto dal papà Maurizio, Caino incrementa la sua attività: la piccola enoteca di fianco al ristorante, si fa scrigno di prelibatezze, dai vini da degustare in loco con piccoli piatti ad hoc, fino ai prodotti di dispensa (le conserve di Maurizio, le giardiniere, le paste), e le si affianca un altro piccolo vanto: il Giardino, un locale dall’altra parte della strada allestito in una terrazza e aperto solo durante la bella stagione con un menu bistronomico e veloce da accompagnare agli ottimi vini e agli indimenticabili tramonti maremmani che da qui si possono godere al meglio. Le camere della Locanda, al primo piano del ristorante, aperte nel 1998 – in concomitanza con il riconoscimento della seconda stella Michelin – e arredate con l’eleganza dei rustici toscani con pezzi di antiquariato, entra nel circuito Relais & Chateaux e va a completare un circuito virtuoso che coinvolge tutto il paese di Montemerano. Per questo Caino non potrebbe trovarsi altrove, e per questo il rapporto tra il ristorante e il luogo è simbiotico, alimentando vicendevolmente la propria bellezza e unicità.
I Piatti
Quando Valeria parla della sua cucina non dimentica mai di citare i suoi ragazzi – e da qui ne sono passati e continuano a passarne tanti, tipo Niko Romito, tanto per citarne uno, che di Valeria è innamorato – sono loro a darle “spinta e forza, io do loro quello di cui hanno bisogno, ma loro sono il mio carburante”, sono il presente di Caino, da cui non può prescindere il passato, gli insegnamenti delle donne del paese e della suocera Angela per imparare le basi della cucina.In mezzo c’è la ricerca, sulla materia e sulle cotture: “Essere femminili non significa essere delicate, significa dare il giusto valore e importanza alla materia. La tecnica deve aiutare ed esaltare la materia prima, non sciuparla”. Così si comprano bestie intere per lavorarne ogni parte, i formaggi vengono affinati a seconda dell’uso destinato, gli scarti delle verdure si usano per i brodi ed estratti, in una logica che mira all’immediatezza delle cotture e all’integrità dei sapori che è poi salubrità nel piatto.
Oggi la cucina di Caino rende omaggi ai grandi classici che ne hanno segnato le tappe principali con il Menu degustazione “Piatti Storici” (5 portate a 140 euro), il Gran Menu Degustazione (8 portate a 170 euro) e la Carta, con piatti che variano con la stagione e l’ispirazione indefessa della chef.
Il triplice Benvenuto è composto da un cannolo ripieno di cavolfiore e croccante di Cinta senese, una frisella alle olive nere con baccalà mantecato e cipollotto bruciato, e un biscottino di cacao e nocciola con paté di fegatini e mela verde. E il cestino del pane con l’olio evo del Menichetti si fa emblema della toscanità, specie con il pane ripieno di ricotta – quasi una ricotta in crosta, si potrebbe dire – che arriva in tavola tiepido, come a ricordare le merenda d’infanzia e che cela una complessa preparazione: la ricotta viene acquistata e avvolta nel sale per un giorno intero, in modo da perdere il siero, quindi avvolta nell’impasto del pane e cotta in forno a dare una pagnotta in cui il cuore del formaggio forma un abbraccio tra due diverse fermentazioni soffice ed emozionante con il pane, sostituendosi alla mollica.
Tra gli antipasti, l’Ombrina affumicata con carciofi e brodo di calamari pare riecheggiare al pesce marinato di Angela, con la consistenza soda della carne il cui sapore marino è amplificato dal brodo di calamaro, perfetto nel classico abbinamento con il carciofo spadellato.
Magistrale la Pancia di maiale confit con lenticchie, limone, yogurt e foglia di sedano selvatico, in cui la Toscana si sposta a oriente a raggiungere l’umami nella laccatura e nell’incontro tra l’elemento lattico e la carne, legati dalle lenticchie il cui liquido ridotto si trova anche nel condimento della carne.
Tra i primi piatti i Cannoli di cicorie selvatiche con scampi crudi ed emulsione all’arancio sono una rincorsa tra passato e presente, mare e campagna, in uno scrigno di pasta che ricorda i tradizionali Cannelloni ripieni di ricotta e spinaci, ma con il vegetale che si impone con le giuste note amaricanti ora esaltate dall’aromaticità dell’arancia che fa da perfetto trait d’union con il dolce scampo. Equilibrio millimetrico e una polifonia di sapori belli nel proprio assolo e magnifici nella coralità.
I Rigatoni con peperoni, coniglio e Formaggio di pecora prendono le mosse dal locale pollo e peperoni, migrando dal secondo al primo, grazie a un ragù di coniglio e una crema ottenuta dall’estrazione concentrata del peperone a fare quasi le veci del pomodoro. Una forza di sapori incredibile che non perdono mai di eleganza, e che rappresentano la bellezza di una tavola del dì di festa in campagna.
Tra i secondi un classico intramontabile è il Cinghiale al Profumo di Finocchietto Selvatico e Verdure sulla Griglia (se non ti lecchi le dita godi solo a metà) i cui profumi ricordano quelli della grigliata e con una carne trattata in maniera moderna, talmente tenera da non sembrare selvaggina, ma con un morso delicato e verdure di stagione cotte singolarmente al cartoccio.
Una nota di merito va alla cantina, fiore all’occhiello di Caino, frutto della passione smodata di Maurizio opportunamente trasmessa al figlio Andrea, che oggi conta circa 2000 etichette (per un totale calcolato in 20.000 bottiglie), con ampi capitoli da percorrere tra i corridoi scoscesi scavati nella roccia dedicati alla Borgogna (Vosne Romanée e Romanée Conti in varie annate), Bordeaux (Chateau Lafite Rothschild in varie annate), Rodano (Hermitage Champagne (grande amore di Andrea), e tanto Montalcino, Piemonte, con etichette blasonate ma soprattutto in verticali da museo ma perfettamente attuali negli abbinamenti con la grande cucina di chef Valeria Piccini.
Fotografie di Lido Vannucchi
Indirizzo
Ristorante Da CainoVia della Chiesa, 4,
58014 Montemerano – Manciano (GR)
Sito web
Giorno di chiusura: mercoledì