La Storia
Matt Goulding, giornalista americano creatore della testata Roads&Kingdoms e autore tra le altre cose del libro Rice Noodles Fish, lo ha citato come uno dei “10 posti più eccitanti dove mangiare nel 2019” in un’intervista a Forbes, affermando (traduzione nostra): “Nella nuova sede più ampia e più attraente di quella originale, Tamaki-san realiza capolavori gonfi e incredibilmente alveolati. Non ditelo agli Italiani ma questa potrebbe essere la pizza più buona del mondo”.
Tanto bastava per decidere di andare a provare la pizza di Tsubasa Tamaki nel moderno locale a due passi dalle scenografiche Roppongi Hills, grande complesso urbano fatto di grattacieli, gallerie d’arte, giardini e boutique. Un primo tentativo andato a vuoto (il locale era chiuso nonostante fosse giorno e orario d’apertura) non ci ha fatto desistere e la sera seguente siamo riusciti ad accomodarci al bancone di questa pizzeria dall’ambiente vagamente industrial e piuttosto trendy, tra luci al neon, vetrate rifilate, muri grezzi, tavoli in legno e gli sgabelli per chi vuole stare in prima fila ad osservare il pizzaiolo all’opera tra banco e forno. Impressione ulteriormente rafforzata dall’imponente forno a legna circolare, non ricoperto dai classici mattoncini ma lasciato “nudo” in metallo brunito.
Insomma, un locale decisamente lontano dal modello “filo-napoletano” (tanto nell’ambiente che nella proposta) che invece molti pizzaioli giapponesi decidono di adottare in omaggio alla patria della pizza e ai loro maestri.
Ma la storia di Tamaki è differente: lui non è mai stato a scuola dai pizzaioli partenopei – mentre uno dei suoi collaboratori, Masakazu Ichikawa, ha lavorato a Roma con Stefano Callegari e Valerio Piccirilli – e la gavetta l’ha fatta in alcune delle più blasonate pizzerie della new wave giapponese della pizza, che qualcuno ha definito “Tokyo Neapolitan style”. Prima da Savoy – creato dal celebre Susumu Kakinuma, che ha poi conquistato la fama, anche grazie a David Chang che lo ha scelto per una puntata di Ugly Delicious, con il suo Seirinkan – poi da Strada, altra pizzería upper class nell’elegante quartiere di Azabu-Juban.
Da qualche anno Tsubasa Tamaki si è messo in proprio creando l’insegna che porta il suo nome, la cui impronta innovativa è suggellata dal logo con il cornicione della pizza a fare da “anello” al pianeta terra.
Jeans e maglietta come tenuta di lavoro, super concentrato sulla stesura attenta delle pizze – 35 cm di diametro, che a Roppongi propone anche in versione ridotta a 20 per dar modo di assaggiare più tipi o ordinare qualche altra portata dal menu, dal carpaccio di pesce alla caprese di burrata fino ai supplì, serviti con il sugo come se fossero polpette – e piuttosto taciturno, si sbottona un po’ quando gli facciamo i complimenti per l’impasto e gli chiediamo qualche curiosità.
“L’impasto è segreto”, scherza ma non troppo prima di concederci qualche dettaglio: usa un mix di farine fatto da lui, tra quelle made in Japan e la Manitoba in giusta quantità, con lievito secco. Il risultato è un impasto leggerissimo e fragrante, appena croccante sul cornicione, ben evidente, e alla base (che nel nostro caso è appena un po’ bruciata). Notiamo anche che getta qualche granello di sale sulla platea del forno, alimentato con legna di noce giapponese per tenere costante la temperatura di 500 gradi e in cui le pizze sostano per un minuto o pochissimo di più. “Lo metto per dare sapore e per non far bruciare il fondo delle pizze”, ci spiega Tamaki-San, anche se il risultato finale – a parte la cottura un po’ violenta – risulta tanto sapido da bruciare un po’ le labbra.
Questo non toglie però troppo alla piacevolezza complessiva dell’assaggio, che segue i supplì e anche un gradevole benvenuto alla cucina, uno shottino di zuppa di pesce cremosa servito in un bicchierino di vetro.
Come pizza scegliamo la Tamaki, con pomodoro e pomodorini interi, bufala affumicata, Pecorino Romano e basilico fresco. Davvero buona e decisamente scioglievole, molto equilibrata nonostante qualche bruciatura, ci fa rimpiangere di aver ordinato l’antipasto e non riuscire a provarne una seconda. Le proposte – una decina scarsa – vanno dalle classiche Marinara e Margherita fino alla Diavola, la Nduja o la 5 Formaggi, con mozzarella affumicata, Gorgonzola, Taleggio, Grana Padano e mascarpone.
Ma c’è anche uno “special del mese”, e la pizza con cannolicchi giapponesi, vongole Asari, limone e fiori di colza ci incuriosiva parecchio. I prezzi sono un po’ superiori alla media di Tokyo, e se una Margherita standard costa 19 euro (11 per la versione ridotta) si arriva fino a fino a 25 per la “special”. A pranzo PST Roppongi propone invece una versione “local” di pizza al taglio.