Una cucina di mare che è la sintesi di una terra in cui il mare e la terra creano un ambiente unico, e di cui Gianfranco Pascucci si fa custode e testimone. Dagli abissi alla campagna, passando per le oasi e la macchia mediterranea, ecco come da Pascucci al Porticciolo si porta in tavola l'amore per Fiumicino.
La Storia
La Storia del ristorante Pascucci al porticciolo
È un momento felice per Fiumicino, cittadina costiera sempre più attraente grazie alla ristorazione che funge da canto delle sirene da cui, diversamente dal mitico Odisseo, il cliente non solo si lascia incantare, ma in cui trova un approdo sempre più goloso dove tornare ancora e ancora. L’ottimo mercato del pesce con l’asta è il punto di convergenza di un mare pescoso che fortunatamente dà lavoro a molti, ai pescherecci che dai canali partono ogni sera per farvi ritorno il pomeriggio successivo, per cui inizia un viavai chiassoso sui moli. È il momento clou della giornata: i profumi intensi del pesce ancora vivo si mescolano al garrito dei gabbiani che dal cielo arrivano a branchi a sorvolare i pescherecci in attesa di bocconi golosi. I pescatori lavorano alacremente per suddividere il pescato in varie casse a destinare all’asta, e se il bottino non è stato molto fortunato, da vendere direttamente sul molo dove non mancano acquirenti fiduciosi di portare a casa qualcosa di freschissimo. Qui il tempo pare essersi fermato, qui tutto è ancora come una volta, l’eterna sfida tra l’uomo e il mare, un vivere secondo natura che è sudore e sacrificio, e che non smette mai di affascinare, cuochi e scrittori in primis.
Ed è proprio quel fascino che da 20 anni avvince Gianfranco Pascucci, cuoco ed esploratore della propria terra che continua ad amare e a narrare con un entusiasmo senza posa. Il suo Porticciolo è solidamente una meta per chi voglia capire che cos’è la vera cucina di mare. Mare, sì, che è diverso da dire cucina di pesce. Ma procediamo con ordine.
La giornata inizia molto presto per chef Pascucci. Quando il mare lo permette, solcare le onde con la tavola da surf è il modo migliore per fondersi col suo habitat preferito, studiarne le correnti e respirare la salsedine, immagazzinando l’energia marina per poi riportarla in cucina. E poi bisogna andare dall’ortolano, in mezzo ai campi appena fuori città, dove le verdure crescono su una terra in cui al posto dei sassi spuntano frammenti di anfore o vasellame romani. Raccogliere le erbe è uno dei suoi momenti più belli, a Maccarese c’è un’oasi di cui Gianfranco si fa custode e cultore, e sa riconoscere le piante della macchia chiamandole per nome una ad una e memorizzandone profumi e colori che cangiano in ogni momento della giornata, per poi rielaborali in un dialogo personale con le sue ricette.
Il pesce, quello che sicuramente resta uno dei momenti cardine della giornata, arriva più tardi, con l’asta pomeridiana o con l’approvvigionamento dei fidati fornitori locali. Ma quello che preme sottolineare e quindi spiegare è che la cucina di Pascucci fonda il proprio pensiero non sul mare inteso come elemento naturale, ma come ecosistema, un luogo bene delineato in cui si incontrano acqua salata e terra contaminandosi vicendevolmente anche grazie al clima. È naturale che gli ortaggi che crescono a pochi metri dal mare abbiano un gradiente salino più elevato, è naturale che un uccello che si nutre di pesci, oppure un animale allevato in prossimità del mare abbia nelle fibre una componente di sale più accentuata. Ecco perché si parla a buon diritto di cucina di mare, specie nel caso di Pascucci, che nel suo ristorante fa confluire il meglio di ciò che lo circonda, dall’acqua alla terra.
Del mare ha sondato tutte le sue profondità, tanto che in un suo recente libro ci racconta il pesce dalla riva via via sempre più verso il largo, dalle ostriche, le telline, le triglie alle seppie, agli astici e scorfani, fino ai grandi fondali popolati di centrolofo e ricciole.
Il Ristorante
Il 2018 è stato un anno di maturazione per chef Pascucci, come conferma anche Vanessa Melis, moglie e suo alter ego in sala: “Certo, quest’anno abbiamo avuto una bella impennata, abbiamo rinnovato gli ambienti della sala, e abbiamo in progetto di rifare l’ingresso del ristorante, ma siamo ancora in cerca della piena consapevolezza, possiamo sempre correggerci e migliorarci, e questo richiede tempo, sia in sala che in cucina. Gianfranco ha fatto un percorso interiore di ricerca di serenità che ora riverbera nei suoi piatti, e ciò dà il segno di quanto quello che facciamo è veramente il riflesso di ciò che siamo.Il Porticciolo è tutta la nostra vita, siamo partiti da zero, e con passione, con le difficoltà che hanno tutti, lo abbiamo fatto crescere e siamo cresciuti noi, mettendo in gioco ogni nostra risorsa e le nostre famiglie che sono ancora oggi parte integrante e insostituibile del progetto. Siamo felici di come sia andato quest’anno, e continuiamo a puntare sulla qualità dell’ospitalità, credo fermamente che non debba mai cessare in noi il desiderio di accogliere i clienti e farli innamorare dei piatti e del posto. Per questo il lavoro della sala deve procedere di pari passo con quello della cucina: lo chef ha approfondito la sua ricerca sulla cucina di mare, e noi in sala ci siamo adeguati, armonizzando i cromatismi che ora sfumano dai toni sabbia al turchese, in un processo mentale di pulizia e sottrazione che è la stessa essenzializzazione della cucina di Gianfranco”.
I Piatti
A proposito di cucina, oltre alla carta, oggi al Porticciolo ci sono tre menu degustazione: il Menu degustazione classico, Un viaggio nel sole e nel sale, e Come è profondo il mare, di 9 portate. Quest’ultimo è particolarmente interessante per il concetto di narrazione che vi soggiace, e che racconta di un percorso in mare, dalla riva via via immergendosi sempre più in profondità, guidati dal tritone chef che in una gita al mare ci conduce attraverso le sue atmosfere predilette.Si inizia con gli Snack di benvenuto, un saluto al sole che è una sorta di preparazione preliminare al viaggio in cui lo spirito e il palato si sintonizzino al meglio sulle frequenze acquatiche: in una piccola cloche il burro montato con acciuga e origano si abbina al pane bianco biscottato di Bonci, mentre la pigna balsamica fa da supporto a una sfoglia di pane ai cereali, burro danese e bottarga di muggine.
La cialda croccante di patate, mentuccia e basilico, una cialda di cavolo viola, emulsione di aringa e uova di salmone, e per finire una cialda di pane (la cui forma di piccoli piedi evoca una passeggiata nell’oasi), uova di sgombro e salicornia. Da notare che ogni elemento di supporto degli snack richiama il paesaggio di Fiumicino, ramoscelli, conchiglie, legnetti, pigne.
L’avviso ai naviganti arriva con Mare, dichiarazione di poetica nitida e prosaica, in cui la scritta Mare, a base di sale marino rosa, alghe essiccate e polvere di scampi, va annusata prima di passarvi sopra la spugna di erbe con acciuga e maionese di ostrica, che come un’onda cancella la scritta sulla sabbia profumando il boccone e trasferendo al palato tutta la sua potenza salmastra e di macchia.
Ostrica speziata è il nome di un altro antipasto in cui l’ostrica Tarbouriech, allevata nella Sacca di Scardovari, abbinata a chorizo e gel di lime è il ricordo personale di un recente viaggio in Francia dove Gianfranco mangiava sempre la baguette con ostrica e chorizo, qui messo in infusione e poi filtrato e abbinato a gel di lime e olio alla salvia.
Man mano che il fondale marino si fa sempre più distante dalla superficie, si incontra dapprima il Muggine nell’oasi di Burano, e quindi i Gobbetti in acqua di vongole e pinoli, un piatto che per contrappasso rispetto ai colori scuri degli abissi, presenta cromatismi dalle sfumature pastello, ma nel sapore incontra tutta l’intensità della profondità marina. Il gamberetto rosa crudo ritrova il suo habitat in un’infusione di conchiglie (vongole e cozze), e ancora fasolari, alghe fermentate, uova di gobbetto, mentre l’olio al peperone e i pinoli arrotondano i sapori, quasi come a farci intravedere la costa dal largo, tra una bracciata e l’altra.
L’abilità di chef Pascucci è saper legare la geografia del mare alla mappatura del gusto, per cui la profondità è l’elemento che influenza il trattamento delle carni e la loro cottura, rispettandone la salinità. Ma c’è un pesce in particolare che Gianfranco si diletta da anni a scandagliare in tutte le sue possibilità, anche grazie al dialogo quotidiano con il suo sous chef, Kerim Jlali, papà tunisino e mamma siciliana, un altro che il Mediterraneo ce l’ha nel sangue, con l’aggiunta di una valigia di spezie che vanno d’accordissimo con le erbe della macchia. Il tonno resta uno dei capisaldi del Porticciolo, da crudo servito come un Prosciutto, lavorato nel miso e bottarga e poi essiccato per sei giorni, quindi condito con lardo lavorato con ginepro e un pizzico di maionese al parmigiano, e che al palato sa veramente di prosciutto, in un divertente trompe l’œil che è sperimentazione e gioco.
Ma è lo stesso tonno che torna – e stavolta con la nota nostalgica dei pranzi domestici – nei Rigatoni allo stracotto di tonno, che da pesce migratore qual è, sa intridersi di Mediterraneo e tradizione nostrana, ma non è restio a unirsi ad atmosfere esotiche. Ecco quindi che dopo la marinatura, la carne viene fatta stracuocere in salsa di pomodoro profumata con i suoi odori, ma anche zenzero salsa di soia, pepe di Sarawak e basilico indiano. E poiché a casa tutti mettono il cacio sulla pasta col tonno, Pascucci non contraddice la tradizione e rifinisce il piatto con una spolverata di pecorino di Gavoi, per un amarcord che è consolatorio e goloso, da scarpetta.
Si indugia ancora nel mare aperto, in questa lunga gita, e magari può capitare di farsi raccontare da Gianfranco quali sono le reti più adatte per pescare certi pesci, oppure quali sono le correnti più calde in cui nuotano i dentici. Nel frattempo, in sala si diffonderà un profumo sempre più intenso che culminerà quando al tavolo arriverà una splendida Tajine. Sul fondo del coccio ci saranno vari strati di erbe e spezie, a partire dalle spezie (pepe lungo, cardamomo, pepe di Seichuan, anice stellato, macis), quindi le erbe “rigide” (rosmarino, timo, prezzemolo, in ramoscelli), più sopra le erbe “fragili” (finocchiella, aneto, basilico) a fare da cuscino aromatico agli scampi, che non toccano il fuoco ma che si infondono delicatamente di tutti i profumi nella cottura vaporata. L’abbinamento con una bisque ristretta con spezie tandoori, e foglie di cappero e insalata pakchoi grigliata è la pennellata che conferisce regalità a un Mediterraneo che da sempre unisce le culture in una coralità sincretistica.
Lentamente si torna verso la riva, ed ecco ricomparire l’ostrica, in un’inusitata versione dolce che dà la misura di quanto un cuoco attraverso il proprio pensiero riesca a traghettare un ingrediente da un antipasto a un dessert, in un rovesciamento avanguardistico. Sorbetto di ostrica, pan di spezie, sorbetto al limone, gel di alghe: un crescendo di sapori che prepara il palato alla sferzata finale, l’ultima ondata, l’ultimo tuffo prima di uscire dall’acqua, l’ostrica in purezza, che risalta magnificamente nel contrasto dolce salato dando grande pulizia e lasciando piacevolmente senza fiato.
Il Ritorno a Roma è gioioso, e si rientra in città con una punta di nostalgia che è giusto lenire concedendosi un ultimo boccone goloso, da condividere. Il Maritozzo di Bonci è un pane a base di farina di riso e una lieve glassa di zucchero in superficie, proprio come si faceva una volta, da spezzare con le mani e accompagnare ancora caldo con della panna montata e dei lamponi rossi ghiacciati.
Fotografie di Lido Vannucchi
Indirizzo
Ristorante Pascucci al PorticcioloViale Traiano 85 - 00054 Fiumicino (Roma)
Telefono: 329 4603566
Mail info@alporticciolo.net
Il sito web