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Gianfranco Pascucci sbarca in Emilia! La cena tutta sold out sull’alta cucina “di mare e di fiume” da Alto

di:
Matilde Morselli
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Da un lato, il menu racconta l’esperienza di Gianfranco Pascucci, tra i più autorevoli interpreti della cucina di mare; dall’altro, l’approccio dello chef resident Mattia Trabetti, legato all’utilizzo del pesce d’acqua dolce, in linea con l’identità territoriale del ristorante. Il risultato è stato un confronto gastronomico stimolante e creativo, capace di mettere in dialogo due mondi diversi attraverso un menu costruito su equilibri, contrasti e affinità.

Acqua dolce e Acqua salata: due habitat che non è scontato possano unirsi nemmeno in natura ma il cui equilibrio osmotico che ne regola la convivenza, è diventato il concept gastronomico di una cena a quattro mani che ha visto protagonisti gli chef stellati Mattia Trabetti di Alto, Rooftop Restaurant di Executive Spa Hotel a Fiorano Modenese e Gianfranco Pascucci, patron di Pascucci al Porticciolo a Fiumicino. La venue? La raffinata sala di Alto che lunedì 8 settembre in occasione di questo incontro, ha riaffermato il ruolo del ristorante come punto di riferimento nel circuito del fine dining italiano.

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ACQUA DOLCE E ACQUA SALATA: LA CENA A QUATTRO MANI FIRMATA DA MATTIA TRABETTI E GIANFRANCO PASCUCCI

L’idea di una cena a quattro mani, incentrata sulla materia prima acquatica nelle sue diverse espressioni, è nata in modo spontaneo, senza forzature né sovrastrutture, a questo proposito Francesco Corradi, General Manager di Executive Spa Hotel racconta: “La serata è nata quasi per caso da un incontro informale tra amici. È stato proprio da questa occasione che è emersa l’idea di unire due visioni differenti ma complementari della cucina di pesce”.

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Da un lato, il menu racconta l’esperienza di Gianfranco Pascucci, tra i più autorevoli interpreti della cucina di mare; dall’altro, l’approccio dello chef resident Mattia Trabetti, legato all’utilizzo del pesce d’acqua dolce, in linea con l’identità territoriale del ristorante. Il risultato è stato un confronto gastronomico stimolante e creativo, capace di mettere in dialogo due mondi diversi attraverso un menu costruito su equilibri, contrasti e affinità. “È nelle nostre corde questo incontro con l’acqua dolce”, spiega Gianfranco Pascucci, “Fiumicino è una città di mare, con una grande tradizione legata alla pesca, ma è anche attraversata dal Tevere e questo ci ha sempre influenzati. L’acqua dolce fa parte della nostra storia quanto quella salata. Fiumicino è una zona salmastra, attraversata da canali d’irrigazione, con una campagna che ha sempre avuto un ruolo fondamentale. Viviamo in una simbiosi naturale tra questi due elementi. Siamo legati per tradizione al mare, certo, ma l’acqua dolce è sempre stata lì, era un incontro dovuto. Questa cena rappresenta per noi quasi un percorso a ritroso verso le origini, ed è stato ancora più bello viverlo in un territorio così ricco di tradizione gastronomica, insieme a un giovane cuoco che ha appena conquistato la sua prima stella e che ha una voglia autentica di fare, e fare bene.” 

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Un lavoro di sintesi quindi, tra pensiero gastronomico e identità locale, confermato anche da Mattia Trabetti: L’idea di creare questo menu insieme a Gianfranco Pascucci nasce dal desiderio di coniugare pesce di mare e pesce d’acqua dolce, ma anche e soprattutto, di raccontare i nostri territori attraverso gli habitat che li definiscono. Ogni piatto non rappresenta solo un pesce, un crostaceo o un mollusco, ma tutto ciò che vive intorno a quell’ingrediente. È da qui che nascono abbinamenti come il gambero di fiume con la cotenna di maiale, o l’ostrica con il girasole: visioni che mettono insieme sapori, memorie e racconti legati in modo profondo alle nostre terre.”

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COERENZA E VISIONE NEL MENU A QUATRO MANI DI TRABETTI E PASCUCCI

Chef Mattia Trabetti mantiene anche in questa occasione la sua cifra stilistica, la sua proposta non tradisce i principi che la definiscono: attenzione rigorosa alla materia prima e fedeltà assoluta al territorio. “Ci piace raccontarlo partendo dal pesce d’acqua dolce. È una scelta che sentiamo profondamente nostra, perché ci permette di valorizzare ingredienti spesso dimenticati o considerati minori. Uno dei piatti simbolo di questa filosofia è Polenta e Pescegatto, una tartare di pesce gatto, che portiamo in carta proprio per ridare dignità a un prodotto della tradizione fluviale.”

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Il riscatto di questi ingredienti simbolo della cultura gastronomica povera, tipica delle zone che lambiscono le sponde del fiume, si rivela anche in Cotenna, berberè e gamberi di fiume, dove l’unione tra terra e acqua contribuisce a dare uno spaccato rigoroso di quella che era la tradizione del palato di una regione attraversata dal Grande Fiume e non solo. La cotenna di maiale gioca trasformandosi in ua chips che raccoglie il gambero di fiume, entrée che strizza l’occhio all’Oriente con l’aggiunta speziata del berberé.

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Paté di fegatini di pesce, agrumi canditi e frolla al cacao e Baccalà Mantecato, sono le proposte rappresentative per l’acqua salata in apertura al menu che chef Pascucci ha pensato per l’occasione: “Abbiamo scelto di utilizzare il cioccolato negli entrée come simbolo di quel territorio di confine e di incontro tra il mondo dell’acqua dolce e quello dell’acqua salata”, spiega nell’intervento di apertura dell’evento. Proseguendo in questa ideale navigazione gustativa, troviamo Ostrica del Po e Girasole, piatto firmato da Trabetti dove un simbolo d’Oltralpe per eccellenza naturalizzato emiliano è stato interpretato in modo del tutto differente. “L’ostrica che utilizziamo è ormai parte integrante del nostro territorio, ma resta nell’immaginario collettivo un simbolo francese. Mi piaceva l’idea di raccontarla in una chiave diversa, più vicina a noi, abbinandola a un prodotto locale come il girasole, di cui qui abbiamo una grande produzione. Da questa riflessione è nata una crema di semi di girasole tostati, che ricrea note di nocciola e tostato, e l’uso del petalo conservato in salamoia, che restituisce al piatto una memoria vegetale dell’estate. È un modo per dare all’ostrica un gusto, una consistenza, un morso completamente diverso dalla solita concezione.”

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A seguire Gianfranco Pascucci propone Mazzancolle, pomodoro e leche de trigre: il crostaceo, tra i più emblematici della pesca territoriale di Fiumicino, viene interpretato mantenendo ben saldo il legame con l’elemento marino ma lasciando spazio ad un pensiero di viaggio e contaminazione, ispirato anche dalla vicinanza con l’aeroporto. “La mazzancolla rappresenta per noi una tradizione marinara legata alla pesca di sabbia ancora molto attiva. In questo piatto abbiamo voluto darle una veste nuova: viene servita cruda, avvolta da un velo di pomodoro, con l’aggiunta di leche de tigre e accompagnata da un piccolo toast a completare il piatto. È stato interessante farle fare un piccolo viaggio fuori dal territorio, aprirla a contaminazioni e abbinamenti non convenzionali, pur mantenendo il suo ruolo centrale come ingrediente identitario.” Valorizzare la materia prima attraverso una rilettura creativa senza perdere di vista l’essenza del prodotto e le sue radici locali, questo è l’intento condiviso di Gianfranco Pascucci e Mattia Trabetti, che con Risotto zafferano, anguilla e liquirizia, mette l’accento sull’identità locale.

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Il risotto cotto con lo zafferano coltivato in Appennino, viene accompagnato da un pesce d’acqua dolce che è espressione concreta non solo della gastronomia delle valli tra la foce del Po e il mare Adriatico ma di tutto un tessuto sociale ed economico che ha caratterizzato per secoli quel determinato territorio. Segue l’Assoluto di Calamari firmato da Pascucci, un piatto dove il Calamaro assume una connotazione completamente diversa e decisamente fuori dagli schemi. “La pelle del calamaro è stata il punto di partenza: l’abbiamo utilizzata per realizzare un brodo, che poi abbiamo fatto ridurre lentamente fino a trasformarlo in un aceto con il quale abbiamo condito la pasta. Il lavoro sull’aceto di calamaro, unito al nero di seppia e al ristretto di orecchie di maiale, crea un connubio perfetto tra terra e mare. E’ un piatto che mi appartiene molto, sotto il profilo emotivo ma anche nell’espressione gustativa dove si percepisce un passaggio interessante: il calamaro, che parte con note dolci, si trasforma in una salsa scura, intensa e strutturata. È un piatto che ho studiato molto e a cui sono particolarmente legato, anche perché racchiude il concetto importante dell’inquinamento da plastica nel mare”. Triglia croccante, frutti rossi e foie gras marinato è un altro esempio di grande affezione che chef Pascucci ha nei confronti dei suoi piatti: presente in carta da più di dieci anni nel suo ristorante Pascucci al Porticciolo, cambia veste due volte l’anno.

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@Lido Vannnucchi
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Deve essere rivisitato due volte l’anno, mantenendo sempre come elementi imprescindibili i frutti rossi, la triglia e il foie gras. È un’occasione per restare legato alla mia storia personale, pur lasciando spazio all’evoluzione. I sapori rimangono saldamente ancorati alla terra, in questo caso con il foie gras.” Conclude questo menu trait d’union tra acqua dolce e acqua salata, Assoluto di Fico, dessert nel quale chef Trabetti mette la chiara intenzione di valorizzare un prodotto strettamente territoriale, il Fico Nero di Fioramo Modenese, utilizzando tutte le parti del frutto. “Una visione a 360 gradi intorno al fico: alla base c’è una crema ottenuta da fico cotto alla brace, mentre dalle sue foglie ricaviamo due preparazioni differenti, un olio e una meringa, che conferiscono al dolce due diverse consistenze e strutture”. Partendo da un unico ingrediente, il piatto si sviluppa in molteplici sfaccettature sensoriali, giocando con consistenze e sapori complementari.

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ACQUA DOLCE E ACQUA SALATA: UN RAFFINATO DIALOGO TRA SAPIDITA’ E DELICATEZZA

Ho chiesto loro cosa avessero apprezzato maggiormente del lavoro reciproco: “Ho particolarmente apprezzato, innanzitutto, l’umiltà che ha permesso un dialogo aperto e costruttivo. Dal punto di vista culinario, il tratto distintivo che ci ha consentito di creare questo menu, nonostante sia stato ideato “al buio”, è stata la visione molto simile sull’utilizzo della materia prima e sulla valorizzazione del territorio”, racconta Mattia Trabetti. “Ciò che ho apprezzato maggiormente è lo spirito di lavoro, caratterizzato da una serena determinazione anche di fronte alle difficoltà”, risponde Pascucci. “È bello vedere giovani chef che lavorano con armonia ed equilibrio, qualità che si riflettono pienamente nei piatti di Mattia.”

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Acqua Dolce e Acqua Salata si è rivelato un raffinato viaggio nel gusto tra sapidità e delicatezza, tradizione ed esotismo, un viaggio guidato da due traghettatori del sapore d’eccezione, che hanno offerto uno sguardo approfondito su come sia possibile concepire un menu che armonizzi con coerenza e creatività i sapori di mare e fiume, sottolineando al contempo, il ruolo imprescindibile della terra e l’identità autentica delle materie prime impiegate in ogni preparazione.

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