“Ho scoperto così tanti attrezzi e tecniche dimenticate: le antiche civiltà erano molto più intelligenti di quanto pensiamo oggi”. La cucina di fuoco di Niklas Ekstedt.
Lo chef
Continua ad ardere il fuoco che dal 2011 è l’anima della cucina di Niklas Ekstedt, chef tra i più importanti ambasciatori della nuova cucina scandinava nel mondo. Ekstedt - cresciuto a Järpen, un piccolo villaggio nello Jämtland, nella Svezia del Nord - patron dell’omonimo ristorante una stella Michelin a Stoccolma, è poco più che un ragazzo quando inizia a frequentare le più importanti cucine del mondo. Appena diciottenne è allievo di Charlie Trotter a Chicago, poi di Adria a El Bulli e a soli 21 anni torna in patria per aprire il suo primo ristorante, dove si esprime in una cucina basata sulla gastronomia molecolare, allora molto in voga.

“Come la maggior parte dei giovani, il mio atteggiamento nei confronti del luogo da cui provenivo era quello di voltargli le spalle. Quando ho studiato per diventare chef, mi hanno inculcato che la regione nordica non era il posto in cui cercare buoni ingredienti. Mi sono innamorato dell'olio d'oliva italiano e del poulet de Bresse francese. Quando ho aperto il mio primo ristorante all'età di 21 anni, l'attenzione era rivolta alla gastronomia molecolare ultratrendy, che serviva piatti come la nuvola di asparagi e la carta di riso fritta, qualcosa che non avrebbe potuto essere più lontano dalla rustica cottura lenta delle foreste dello Jämtland”, racconta Niklas, che a quei tempi era considerato il “Jamie Oliver svedese”, al The independent. In quello stesso periodo Ekstedt con René Redzepi scriveva il manifesto “New Nordic Cusine”, ma nonostante l’ampio consenso, percepiva una lacuna nella sua cucina, un tassello chiave per poter esprimere la sua essenza.

Decide, così, di prendersi un anno sabbatico per crescere il suo primo figlio e individuare il pezzo mancante di quel mosaico apparentemente perfetto. “Avevo 33 anni ed ero perso. Agli occhi dei media e del pubblico ero lo chef televisivo leggero di "Niklas mat". Era il momento di fare qualcosa di grande. Era “adesso o mai più” ... Come potevo dare il mio tocco personale alla New Nordic Cuisine? Ho vagato per la terra attorno alla nostra casa estiva a Ingarö nell'arcipelago di Stoccolma, riflettendo come un personaggio malinconico in un film in bianco e nero di Ingmar Bergman. Potevo passare lunghi periodi immobile, a fissare le betulle. Solo più tardi mi sono reso conto che non ero riuscito a vedere la foresta per via degli alberi. Letteralmente! Avrei dovuto preparare un barbecue quell'estate, ma non è mai successo. Invece ho tagliato alcune delle betulle che stavo fissando per avere un po' di legna da ardere. Poi ho costruito un braciere, come facevo con i miei genitori in montagna da bambino. Quell'estate il fuoco è diventato la cucina della famiglia ed è rimasto acceso quasi sempre”.

E’ allora che arriva l’illuminazione, o folgorazione, è il caso di dire: fare del fuoco, elemento primordiale, la base della cucina di un ristorante fine dining. Torna, quindi, a Stoccolma e con il suo sous-chef Gustav Otterberg inizia a studiare e a documentarsi sui metodi di cottura svedesi prima dell’avvento dell’elettricità. "Ho dovuto letteralmente andare in biblioteca e iniziare a leggere e a fare ricerche al riguardo. E’ stato semplicemente incredibile perché ho scoperto così tanti attrezzi e così tante tecniche dimenticate. Non sapevo nemmeno cosa fossero o come usarli: nessuno li utilizzava più. Le antiche civiltà erano molto più intelligenti di quanto pensiamo oggi. Io e Gustav abbiamo divorato libri di cucina del XVIII secolo. Con nostra grande gioia, abbiamo trovato alcuni fantastici manuali di istruzioni per la cucina svedese prima dell'avvento dell'elettricità. Ho deciso che il mio nuovo ristorante "Ekstedt" su Humlegårdsgatan sarebbe stato un omaggio a quel periodo, ma anche alla mia infanzia e alla mia eredità dello Jämtland”, scrive sul sito del ristorante. Nel 2011 Niklas inaugura Ekstedt, dove con un forno a legna, mattoni caldi e un focolare prepara piatti con tipici ingredienti svedesi come selvaggina, frutti di mare e bacche che acquista dalle comunità indigene. Iconica è la sua ostrica cotta secondo il “flambadou", antica tecnica usata dal popolo dei Sami, dove un cono di metallo pieno di grasso di manzo frollato viene inserito in un fuoco scoppiettante per far cadere le gocce di grasso fuso sull’ostrica poi completata con mela affumicata e un tocco di beurre blanc.

Portata simbolo che non può mancare nemmeno nel suo avamposto londinese inaugurato nel 2021 nel Great Scotland Yard Hotel di Westminster, dove la filosofia è la stessa di Stoccolma, ma con alcune eccezioni come le luci in cucina e l’utilizzo ingredienti britannici, per lo più scozzesi, uniti alle vecchie tecniche svedesi. “Penso che il successo consista nell'essere fedeli a se stessi ed essere in grado di esprimere i propri sentimenti e la propria passione in un piatto. Penso che questo valga per tutte le forme d'arte. Non bisogna mai cercare di essere qualcuno che non si è. Penso che sia stato questo approccio a cambiare la mia carriera. Invece di provare a fingere di essere un famoso chef televisivo, essere il ragazzo cresciuto in montagna”.