Una cucina di assoluta bontà, con una precisa visione di gusto e una sfrenata attenzione al dettaglio, anche sul fronte del personale di sala: fra cotture totalmente espresse e interazione col cliente, il “fenomeno Capitaneo”.
La storia
È una storia professionale importante, quella dei fratelli Remo e Mario Capitaneo. Arrivano a Milano dalla Puglia ancora molto giovani: la metropoli meneghina è il loro punto di partenza – e d’arrivo – per quel che riguarda oggi, sulla strada della ristorazione di fascia alta, un percorso che non abbandoneranno lungo tutta la loro vita professionale.
Remo, ormai diciott’anni fa, entra da Trussardi alla Scala ai tempi di Andrea Berton, nel 2009 è da Enrico Crippa ad Alba e un anno dopo inizia quella che sarebbe stata una lunghissima collaborazione con Enrico Bartolini, prima al Devero e poi al Mudec, dove nel 2019 torna la terza stella Michelin in città. Anche Mario lavora con Berton, poi da Cracco Peck, fino a quando si ritrova accanto al fratello, con lo chef che ha il record di stelle in Italia.
La bellezza di Verso sta nella sua di-versità, prima di tutto nella cesura netta tra la confusione di Piazza Duomo e la tranquillità ovattata delle sale, lontana comunque da quelle rarefatte atmosfere ingessate e formali a cui ci ha abituato un certo fine dining. Quindi ecco i tre bellissimi chef’s table, dove vale la pena sistemarsi per godere dello spettacolo di una cucina realmente in diretta, un grande tavolo da 10 scomponibile in tre e la saletta privata: in tutto il massimo degli ospiti raggiunge i 26.
Il ristorante
Ci racconta Remo: “Il progetto nasce dalla voglia di fare qualcosa di totalmente diverso da quello che stavamo facendo. Dopo 10 anni passati con Enrico, dove abbiamo respirato lo splendore di mille stelle di una super organizzazione, volevamo fare qualcosa dove mettere noi stessi in prima linea.” In tanti avevano previsto che sarebbe stato un altro ristorante dallo schema tradizionale: pochi tavoli, tovaglie lunghe, cucina separata. E invece no.
“L’abbiamo pensato durante la pandemia, c’era il distanziamento sociale e non si poteva stare vicini: quando l’abbiamo presentato a un po’ di imprenditori, in molti ci hanno dato dei pazzi, dicendoci ‘sta roba non può funzionare’. Abbiamo passato un anno alla ricerca di location e partner: anche abbastanza demotivante, perché parlavi con gente che non capiva che un ristorante gastronomico ha costi e investimenti da fare all’inizio. Naturalmente, si tiravano indietro. Invece alla fine abbiamo trovato un partner che ci ha dato carta bianca su tutto e arrivava da un mondo completamente differente, perché loro non fanno fine dining o ristorazione di nicchia” Evidentemente però Remo e Mario erano piuttosto preparati: “Siamo arrivati con le idee chiare, un business plan dettagliato e tutti gli investimenti da fare. Quello che abbiamo imparato nel tempo con Enrico Bartolini è che il ristorante è un’azienda: funzionano quelli che a fine anno, oltre a pagare gli stipendi e tutto quello che serve, fanno anche utile. È alla base di tutto, tanti pensano che il ristorante sia un giochino: non è così.”
Le due stelle Michelin sono arrivate insieme: “Sono cose che non ti puoi aspettare, perché Michelin non ti regala niente. Siamo andati lì sperando ‘magari ci danno una stella’, poi quando hanno fatto l’elenco delle nuove e non c’era il nostro nome abbiamo pensato a un premio tipo pasticceria. Invece, quando ci hanno chiamato alla fine, è stata un’emozione, perché sono cose che succedono con il contagocce. Tanti ci avevano detto ‘alla Michelin questo stile non piace', ma abbiamo avuto l’accortezza di essere molto rigidi su come volevamo essere, senza farci condizionare da nessuno. Noi siamo così, dal lettering alla scelta dei banchi: li abbiamo fatti comodi e con lo spazio necessario. In Italia su certe cose siamo un po’ fermi. Comunque, dopo le due stelle, la clientela internazionale è diventata molto presente, capitano giornate in cui non abbiamo ospiti italiani.”
Verso è un nome che racchiude tanti significati, giocando sulle diverse sfumature del termine: “Io e Mario abbiamo caratteri e approcci molto differenti, ad esempio lui è più estetico e modaiolo, ama auto e motori, io ho una grande passione per i vinili e continuo a comprarne, siamo diversi un po’ in tutto.” Di fatto questa auto-descrizione si capisce osservandoli lavorare: uno è più riservato, un nerd della cucina, l’altro più proiettato sulla relazione. “Però andiamo insieme verso la direzione di lavorare bene, fare un’ottima cucina che incontri i gusti dell’ospite, verso il quale lavoriamo: il punto è stato quest’apertura totale, con un ambiente unico tra sala e cucina”. Anche sulla creatività c’è uno scambio continuo: “Quando facciamo i piatti non ci diamo mai dei ruoli, può accadere che io proponga un’idea, assaggiamo insieme e rimane così, oppure Mario interviene con un ingrediente. Lui spesso tira fuori i piatti ispirandosi all’arte, di cui è appassionato. In cucina ci sono dei momenti in cui io sto più dietro a fare cotture e lui fa il frontman, spiega e impiatta, che è un lavoro abbastanza usurante, con tutti i pranzi e le cene davanti agli ospiti; c’è un carico di pressione non indifferente e cerchi di fare le cose sempre nella maniera più precisa possibile.
Tutti i piatti caldi passano dalle sue o dalle mie mani, di freddi ne abbiamo veramente pochi. Siamo abbastanza maniacali, l’anno scorso è capitato che si arrivasse al pass con un risotto che non andava bene; sono andato dall’ospite gli ho detto ‘guardi, le faccio assaggiare un’altra cosa e nel frattempo lo rifaccio', è rimasto stupefatto. Davanti ci si mette in gioco e l’idea con cui è nato Verso era proprio di mettere tutto a nudo, errori compresi. Perché capitano, non sono sempre solo rose e fiori, cerchiamo sempre di prevenirli o in alcune situazioni li trasformiamo in pregi: sta di fatto che non abbiamo un back dove preparare prima. Quello che stiamo cercando noi, tra me, Mario e Marco in sala, è fare ristorazione in un modo lontano dagli schemi dei grandi ristoranti superblasonati tenendo però un livello molto alto di piatti e una carta dei vini all’altezza”. Va da sé che la cucina sia di quelle di assoluta bontà, con una precisa visione di gusto e una sfrenata attenzione al dettaglio, anche sul fronte del personale di sala, con il maître Marco Matta (ex del Luogo di Aimo e Nadia, Mudec e Casa Perbellini), il quale ha impostato una carta dei vini molto ‘francese’ e con l’Italia concentrata su produttori di nicchia, etichette ‘necessarie’ a parte: lo aiuta da poco Valeria Biancini che si occupa della sommellerie.
Materie prime, concretezza, una cucina ‘molto cucinata’ con pochi assemblaggi freddi, tante cose espresse: “Alcune volte mi rendo conto che ci complichiamo la vita a tirar fuori la cottura all’ultimo minuto. Abbiamo eliminato del tutto basse temperature e sottovuoto, per un discorso di succulenza che ci veniva a mancare. Cuociamo al momento, questo significa che devi avere una persona dedicata che abbia dimestichezza, soprattutto durante un servizio con il ristorante pieno.”
I piatti
È un viaggio che inizia con le sfumature dolci acide e una sottile nota amara della ‘rosa’ di rapa rossa al Campari con storione marinato e caviale, elegante. Seguono altre brillanti creazioni come ‘salvia, amaranto, seppia affumicata e bottarga’ e il succulento spiedino con alice, mais e lardo. Di grande finezza l’ostrica, servita con crema di ceci neri di Putignano, gelato di cicoria e caramello salato. Il primo servizio del pane prevede in accompagnamento burro bianco al miele e nero al carbone. Cappasanta, cavolo nero, cachi marinati e funghi porcini si rivela un piccolo capolavoro di sovrapposizioni, tra consistenze assonanti. Stupenda la lepre marinata al pepe verde, con uova di scampo e semi di senape.
Non da meno la ricchezza dell’animella di vitello con salsa bernese al caffè e ricci di mare, un’armonia golosa. La cottura degli spaghettoni al granchio reale con marasciuoli e finger lime è da manuale, anche in questo caso è un piatto estremamente avvolgente. Conquistano, un boccone dopo l’altro, i ravioli di zucca e mandorla con anguilla affumicata e ristretto di cappone arrosto agli agrumi.
Prova di maestria il germano reale arrosto con alloro, oliva Nolca ai carboni, salsa di melograno e ibisco, che precede il secondo servizio del pane con l’integrale a lievitazione naturale con farina di grano arso, segale e 5 semi accompagnato dallo squisito gianduiotto di pasta di arachidi. Kiwi, dragoncello e pepe lungo è il predessert, cui fa seguito un eccellente soufflé al panettone eseguito con tutti i crismi. Dessert principale è la crema di latte al tartufo nero con gelato al pistacchio e radicchio, buonissimo. Come il bombolone alla crema o la meravigliosa cialda di patata americana e gianduia; ancora, il lollipop di gelato al caramello salato e popcorn, cioccolatino con risotto allo zafferano e oro e infine lo zabaione e pera cotta ai carboni e gelato alla vaniglia. Verso il puro godimento.
Contatti
Verso
P.za del Duomo, 21/secondo piano, 20121 Milano MI
Telefono: 02 8975 0929