Il BOB Fest è il primo grande evento enogastronomico della Calabria e prende vita dalla visione di Roberto Davanzo, la stessa che insieme a sua moglie Anna Rotella lo ha portato nel 2016 ad aprire la loro pizzeria di Montepaone (CZ) che segna il nome di BOB Alchimia a Spicchi. Per osmosi, ma soprattutto per coraggio e caparbietà, dal primo luglio 2024 la Calabria gastronomica porta il marchio del BOB Fest.
L'evento
30 giugno 2024, ore 19:00, dopo giorni di allestimento nel Museo e Parco archeologico nazionale di Scolacium a Roccelleta di Catanzaro, il BOB Fest apre le porte al pubblico per la sua prima volta. Polvere, sole e olivi secolari disegnano un allestimento che contiene un Villaggio di Coldiretti, 40 postazioni di cucina per chef venuti da tutta Italia, 12 postazioni per Pastry Chef e altre 8 per bartender, in più verso l’area museale altrettante che ospitano 40 pizzaioli, 12 realtà di Street Food e le cantine vinicole della Cirò Revolution. Più di cento professionisti arrivati da ogni parte d’Italia per partecipare alla prima edizione di un evento unico nel suo genere. Un biglietto per l’ingresso e accesso in all you can live. Com’è andata?
Il palco è quello delle grandi occasioni e se è vero che niente è impossibile, qui si è provveduto a dare senso al possibile. Al netto degli entusiasmi, che a ridosso di un evento coinvolgente regalano continue affermazioni di consenso, il BOB Fest è stato e rimarrà una riuscitissima impresa. Ci ho messo un po’ a mettere a fuoco l’accaduto e ci sono diverse cose che colpiscono del BOB Fest. La più importante per me sono stati i calabresi. Nelle parole dei talk succedutisi sul palco, con qualità di contenuti, ho riscontrato un senso di vittoria, a tratti di rivalsa verso quella mancata attenzione che si può meritare, mentre il mondo scorre apparentemente altrove. Come se in quel momento io mi trovassi in una terra che vive di una meraviglia tenuta ai margini e mai raccontata abbastanza.
Quanto di vero ci sia nella realtà non lo so, ma è un fatto che siano vere quelle parole, sentite e trasformate in emozioni su un palco mai avuto nella propria terra. Ho letto e sentito in questi giorni che in Calabria non c’era mai stato un grande evento enogastronomico, sarà vero, ma per farla breve mi sento di aggiungere a questo che in moltissime regioni d’Italia si avrebbe bisogno di un BOB Fest, quasi tutte a essere sincero. Io dall’esterno ho vissuto una terra ospitale, un popolo accogliente e un evento coraggioso ben riuscito, capace di trasformare l’orgoglio in una forma di espressione virtuosa per tutti. Questo è prezioso e si dovrebbe esportare ovunque, condividendo il messaggio che l’esempio di rete e di visione non è solo stato eccezionale per la Calabria, ma dovrebbe diventarlo per il Lazio, l’Emilia-Romagna, la Lombardia, la Puglia, la Toscana e per altre ancora.
C’erano tutti al BOB Fest, testate nazionali in Media Partnership, operatori di settore e giornalisti, ma soprattutto c’era una falange di cuochi, pasticceri, pizzaioli, bartender, vignaioli e street-fooders che da tutta Italia si sono riuniti all’ombra degli ulivi per cucinare, sfornare, miscelare e soprattutto ridere. Questa è un’altra cosa che ha colpito dritta del BOB Fest, l’armonia.
Non sono serviti a niente i ritardi nell’allestimento e tutti quegli imprevisti che possono capitare all’ultimo momento, tipo che salti un gruppo elettrogeno che alimenta mezzo evento, non sono servite a niente neanche le temperature altissime di un sole a picco, perché alla fine si sono divertiti tutti.
Ho visto pizzaioli sfornare senza sosta, da Roberta Esposito a Sami El sabawi, passando per Ciccio Vitiello e Luca Mastracci, ho chiacchierato con Gino Fabbri e Rocco Scutellà, mangiando il Maritozzo cacio e pepe dolce di Federico Cari, si è scherzato tanto con i bartender Antonio Cristofaro e Giuliana Giancano, ma sono sempre gli chef a strapparti quel plauso in più. Loro, così burberi nella bolla di un’incomprensione che vive di ansia da prestazione, si sono messi in fila per chiedersi cosa avrebbero preparato per la voglia di assaggiarsi l’un l’altro.
In questo, top player di due filosofie contrapposte sono stati i rocker chef Eugenio Roncoroni e Chiara Pannozzo, due persone libere che hanno servito i loro piatti fianco a fianco, sostenendosi nei valori di una cucina personale in ogni sua forma. Dal vegetale all’animale, passando per i tatuaggi di una personalità forte quanto introversa, che si diverte a raccontare di sé cucinando come ci si piace.
Il valore aggiunto però rimane la boy band calabrese composta dal frontman Antonio Biafora, dallo spettinato Luigi Lepore, da un riservato Luca Abbruzzino e dal composto Nino Rossi. Personalità diverse, cucine diverse e territorialità diverse, che sotto la stessa appartenenza li ha fatti ridere e scherzare sotto gli occhi protettivi di Caterina Ceraudo e Riccardo Sculli. Insieme, sono una potenza che dovrebbero abituarsi a conservare anche da soli.
Targhe, ma nessun premio. Un palco per tutti e una voce corale. Un incontro tra più di duemila persone in una sola serata, che ha toccato tutti i confini geografici del paese. Immaginava questo Roberto Davanzo? Forse sì, ma non così. Di questo ne sono sicuro perché nessuno se lo sarebbe potuto immaginare così, alla prima edizione, nemmeno lui. Ecco perché il messaggio che ha bisogno di essere condiviso è che si può fare e non solo in Calabria, ma ovunque, se solo fossimo tutti un po’ calabresi.
L’orgoglio di questa terra supera la bellezza e non dovrebbero essere più spese parole a protezione o attacco di una regione troppo spesso compianta senza motivo, bisognerebbe invece continuare a pensare che tutti possiamo essere grandi, se solo ci prendessimo la responsabilità di crescere. Il BOB Fest è stato questo, una responsabilità presa e un messaggio riuscito. Per tutti.