Top Chef

Eneko Atxa: “Sostenibilità? Ok salvare il pianeta, ma prima va aiutato chi soffre la fame”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina eneko atxa

Il grande chef basco ha appena licenziato un libro che tratta il tema della sostenibilità, già protagonista della sua cucina: “Soprattutto mi sembrano fondamentali l’educazione, la presa di coscienza, le conoscenze, il senso comune e il rispetto”.

L'opinione

Se c’è uno chef che ha fatto della sostenibilità il suo mantra, questi è certamente Eneko Atxa, che ha da poco pubblicato “La ricetta verde: guida rapida per una cucina sostenibile” insieme al ricercatore Eneko Axpe. Non è la ricerca di riconoscimenti, peraltro già incassati, a muoverlo, quanto l’impegno per le future generazioni. Il suo Azurmendi, tre stelle più verde, è già stato premiato due volte come il ristorante più sostenibile del mondo. Ma a lui non basta: “Il pianeta stesso, la situazione in cui viviamo, ci obbligano a tenere questa linea. La gastronomia è un’arma di educazione di massa”.

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La parola è abusata e un po’ lisa, perennemente a rischio greenwashing. Significa fare uso del senso comune in modo che le risorse, sia naturali che umanistiche, non si esauriscano, oltre l’orizzonte breve delle singole azioni personali.Parlo di convivenza come strumento per la sostenibilità, parlo di senso comune, parlo di rifuggire le radicalizzazioni perché nulla è bianco o nero, dico che occorre cercare equilibri per poter costruire qualcosa che duri”, ribadisce ai microfoni di webconsultas.com.

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@Hublot

Atxa approccia il tema con umiltà: perché si considera un cuoco, non una guida o un capopopolo, e perché il suo stesso ristorante è ben lontano dalla sostenibilità completa. “Corrisponde al vero che stiamo sommando molte piccole azioni giorno dopo giorno, ma il puzzle è ancora largamente incompleto. Uno dei nostri sogni è poter intraprendere un progetto con cui contribuire a educare una generazione di giovani, che possa rappresentare l’avanguardia della sostenibilità, utilizzando l’alimentazione come strumento. Non voglio parlare in prima persona, perché dovrebbe essere un sogno collettivo, cui possa partecipare chiunque sia pronto. Io sono solo un cuoco”.

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“Alla fine se insegni ai bambini cosa, quando e come comprare, è già un passo avanti. Se poi insegneremo ai cuochi del futuro nuovi modi di cucinare gli ingredienti che già conoscono, prolungare la vita degli alimenti, riutilizzare gli scarti organici, chiuderemo un cerchio intorno all’alimentazione in modo molto basico, responsabilizzando una generazione di giovani. Tenendo sempre a mente che a tanti manca il cibo per riempirsi lo stomaco. Mettere fine a questa situazione sarebbe il primo passo verso un pianeta migliore, più giusto e sostenibile”.

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I dati scientifici dicono che i vegetali sono gli alimenti più sostenibili. “Ma bisogna rifuggire le radicalizzazioni e guardare cosa c’è dietro il singolo prodotto, oltre l’impronta di carbonio: chi lo produce, il valore culturale ed economico che riveste in una determinata zona. Non si tratta solo di misurare le emissioni, ma anche di valutare le comunità che ci sono dietro, il valore ancestrale della produzione, le conseguenze per la sussistenza”. Senza dimenticare la qualità dell’alimentazione e della vita degli animali eventualmente sacrificati e il tema dello scarto alimentare, che produce tre volte le emissioni del traffico aereo globale.

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Un complesso di considerazioni da ponderare con cura, che ridimensiona fortemente il parametro del chilometro zero, scarsamente influente sulla sostenibilità finale. Dobbiamo essere consumatori più efficienti e acquirenti meno compulsivi”, insiste Atxa. "Meglio andare una volta in più al supermercato e praticare la cucina di recupero in casa”.

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