CHIC – Charming Italian Chef, i nuovi volti e le conferme dell’associazione che fa leva sull’italianità e la solidarietà
L'Evento
CHIC, il convegno annuale con tante novità, conferme e volti nuovi
Accoglienza, italianità, rispetto, partecipazione: sono tanti i valori positivi su cui si fonda CHIC, l’associazione di professionisti della ristorazione che nell’ottavo congresso annuale tenutosi pochi giorni fa, ha presentato il piano di attività relative al 2018 che puntano su sostenibilità, con un costante rispetto per l’ambiente attraverso consumi consapevoli, il finanziamento di progetti di solidarietà – con il ciclo di cene a 4 mani Chic for Charity a sostegno dei malati di Parkinson – la promozione della cultura della cucina di qualità e il circuito BtoB denominato “in the Kitchen tour” in cui piccoli produttori virtuosi sparsi sul territorio nazionale incontrano gli chef al fine di creare collaborazioni eccellenti.
I numeri di Chic registrano anche per il 2018 una crescita positiva che di anno in anno vede allargare i propri orizzonti: oltre a uscire fuori dai confini nazionali con l’ingresso di chef italiani che lavorano all’estero – Inghilterra, USA, Francia e Libano tra gli altri – l’associazione raccoglie non solo cuochi, ma anche pasticceri, pizzaioli e panificatori che concorrono così ad ampliare il concetto di italianità.
I nuovi soci Chic di quest’anno sono: lo chef Marco Visciola (Il Marin di Genova), la chef Rie Otsuke (Orterie a Stazzona), lo chef Paolo Griffa (Petite Royale presso il Grand Hotel Royale e Golf Club a Courmayeur), lo chef Diego Sales (Castel Fragsburg a Merano), lo chef Luca Gagliardi (Antica Osteria La Rampina a San Giuliano), il maestro pizzaiolo Paolo De Simone (Pizzeria Da Zero a Milano), il pastry chef Beppe Allegretta (Ristorante Unico a Milano), il maestro pizzaiolo Davide Fiorentini (O’ fiore mio a Faenza), gli chef Paolo Kratter e Marco Da Rin (Baita Mondschein a Sappada), lo chef Antonio Strammiello (Castello di Fighine a San Casciano Bagni), lo chef Armando Beneduce (Nascostoposto a Terni), la pastry chef Carmen Vecchione (Dolciarte ad Avellino), lo chef Antonio Petrone (Pensando a te a Baronissi), il maestro panificatore Tommaso Cannata (La boutique del pane a Messina), lo chef Antonio Biuso (Ristorante il Cappero presso il Terhasia Resort a Vulcano), il maestro pizzaiolo Gennaro Nasti (Pizzeria Bijou di Parigi) e lo chef Armando Codispoti (Gavi a Beirut).
E la due giorni che ha caratterizzato il convegno è stato decisamente un bel momento di incontro e confronto in cui cucinare insieme, ma anche riflettere su alcune criticità del settore. E a noi ha offerto la possibilità di incontrare e talora anche conoscere alcune realtà nuove e inconsuete.
È il caso del cuoco Andrea Scarpati, originario di Torre del Greco, ma in Inghilterra dal 1999 e da sette anni a capo del suo Ristorante Sapori con la moglie – napoletana anche lei ma conosciuta a Londra - a Leicester. Ambasciatore della cucina campana e italiana, racconta con orgoglio di aver fatto conoscere la vera cucina nostrana agli inglesi, servendosi di ottime materie prime locali, in primis carne e selvaggina che gli viene procurata da cacciatori della zona, ma anche prodotti inevitabilmente italiani quali olio, formaggi, pomodori e farine. Una cucina tradizionale italiana che incontra i sapori british, come nel caso dell’agnello battuto al coltello quindi fritto in burro chiarificato e accompagnato da erbe e salsa pizzaiola, o ancora il chutney con la cipolla di Tropea, il risotto all’aglio orsino o la genovese a base di agnello e spuma di ricotta e polvere di cipolla.
Rie Otsuke è una giovane cuoca giapponese che da due anni guida il suo piccolo ristorante insieme al marito Francesco, nel microscopico paese di Stazzona, a pochi chilometri dal confine svizzero nella provincia di Sondrio. Orterie è il nome programmatico, che contiene in sé il nome della cuoca e il fulcro del ristorante che propone una cucina completamente vegetariana con prodotti che arrivano ogni giorno dall’orto dei ragazzi curato dai genitori di Francesco. Conosciutisi al Joia di Pietro Leeman – lei in cucina, lui in sala – si sono poi incontrati di nuovo per caso nella metro di Tokyo e da quel momento non si sono più lasciati. Di questo locale da 20 coperti aperto a pranzo e a cena non ci sono molte notizie sul web, a parte una pagina Facebook e Instagram, ma si configura come una bella scoperta già dalla descrizione del concept: un menu fisso da 4 o 9 portate che trae ispirazione dalla kaiseki giapponese, con tanti piccoli piatti di ispirazione ike-veggie, la lavorazione degli ortaggi come fossero fiori, nella massima esaltazione estetica del gusto e della natura, come si evince già dal logo, una piccola ghianda simbolo di ospitalità e nutrimento, quindi amore.
Oltre alla new entry Gennaro Nasti, pizzaiolo pluripremiato con la sua Bijou di Parigi, Davide Fiorentini di O’ Fiore mio a Faenza e Paolo De Simone con pizzeria Da Zero a Milano, abbiamo incontrato un altro bravo pizzaiolo, Denis Lovatel della Pizzeria da Ezio ad Alano di Piave (BL), già vincitore del premio come miglior pizza gourmet nel 2017 secondo il Gambero Rosso. Da due anni nell’associazione CHIC, si definisce un pizzaiolo di montagna, perché è da lì che vengono i suoi prodotti, a partire dall’acqua il cui ph gli è congeniale per garantire al suo impasto una croccantezza particolare, ma anche erbe e formaggi. La sua partecipazione al progetto Infusioni che vede la collaborazione tra chef e pizzaioli ha fatto sì che potesse interagire con cuochi del calibro di Leeman, Ghezzi, Guida, Piras, Brutto che gli hanno fornito un’inesauribile fonte di ispirazione per mettere a punto le sue pizze creative.
Anche Alessandro Favrin è socio entusiasta di CHIC da due anni. Originario di Bassano del Grappa, da 5 anni lavora a Cortina, alla Corte del Lampone, il ristorante all’interno dell’hotel e Spa resort Rosapetra. Con la sua apertura non stop per tutto l’anno, lo chef si fa interprete della montagna, selezionando quanto di meglio offre ogni stagione, a partire da carni, latticini ed erbe spontanee. Da appassionato di bicicletta, ama scoprire la natura con i profumi e i sapori del bosco che gli offrono uno spunto costante per ideare i suoi piatti che mirano sempre alla massima qualità e soddisfacimento del palato, nel rispetto del benessere psicofisico. Cresciuto nella pasticceria di famiglia, è appassionato di dolci e ama cucinare i risotti con una particolare attenzione alle mantecature.
Alessandro Bellingeri, ex enfant prodige della cucina italiana, già vincitore di chef Emergente 2012, e volto noto alla critica per la sua cucina dolomitica dell’Osteria de l’Acquarol, ci racconta il nuovo progetto che prenderà il via a giugno. La nuova Osteria Acquarol si troverà ad Appiano (BZ), manterrà certo un filo conduttore con il vecchio ristorante, e la cucina si sposterà su un piano di semplificazione massima, puntando tutto su pulizia e qualità. Grazie alla moglie messicana, già responsabile di sala conosciuta durante l’esperienza professionale da Berasategui, sta conducendo un’interessante ricerca sulla nixtamalizzazione, un processo di lavaggio del mais tipico dell’America centrale, da effettuare con cenere o con argilla, che permette di estrarre dal mais sostanze nocive anticamente responsabili di malattie quali la pellagra. Questa tecnica particolare prevede il lavaggio del mais, l’aggiunta di calce e la cottura in acqua per circa un’ora: la calce toglie il pericarpio al frutto, penetrando all’interno e sviluppando la vitamina PP (Pellagra Preventive) che lo rende quindi più digeribile. Alessandro sta cercando di applicare lo stesso processo anche a ortaggi e carne, avvalendosi della collaborazione di una studiosa dell’Università di Bergamo, una tecnica di conservazione che rende i prodotti più resistenti nel tempo mantenendone intatti i sapori. Grazie anche alla collaborazione con un coltivatore di Cremona, nel suo ristorante si potranno trovare varietà inconsuete come il mais corvino che Alessandro utilizzerà per una sorta di tortilla croccante da accompagnare con anguilla affumicata e grigliata, cetriolo marinato, fungo di mais (huitlacoche), crescione e avocado, per una cucina fusion tra Trentino e Messico.
E dopo la new entry di Paolo Griffa, fresco di incarico da executive del Petite Royale all’interno del Grand Hotel Royale Golf di Courmayeur (la cui cucina d’hotel è stata invece affidata allo chef Andrea Alfieri), abbiamo incontrato un altro nuovo e noto giovane, Marco Visciola, trentatreenne ormai saldamente al timone di Eataly nel cuore di Genova. Oltre a gestire tutte le linee della struttura, mantiene il suo fiore all’occhiello, il Marin dove propone una delle migliori cucine liguri di qualità in circolazione. Forte degli insegnamenti di Serenella Medone, un po’ maestra e un po’ madre nel cui ristorante “Al solito posto” di Bogliasco Marco è cresciuto, e della lezione appresa in stage da Crippa e l’affiancamento allo chef Panero, ex executive di Eataly, oggi Marco si avvale di una rete di fornitori locali davvero unici, come i pescatori della cooperativa di Camogli che gli garantiscono ogni giorno il miglior pescato locale. E la sua curiosità lo sta spingendo persino a guardare al mare nella sua totalità, in cerca di pesci a noi insoliti, tra cui la medusa pescata in estate dalla tonnarella di Camogli e su cui Marco sta conducendo un’attenta ricerca. Dopo averla sbianchita in acqua, aceto e limone, Marco la cuoce in tempura con una pastella o la propone in insalata, in una versione più giapponese, insieme alle verdure. L’esaltazione del pesce nella sua interezza, nel rispetto e nella sostenibilità dell’ambiente, si trova in ogni suo piatto, a partire dall’utilizzo di pesce azzurro – non chiamatelo povero – fino a culminare nell’ormai celebre Finanziera di mare, omaggio alla cucina piemontese e vero compendio marino che racchiude tutti gli scarti in un tripudio di sapori di mare profondo.
Fotografie di Lido Vannucchi