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Marc Bernardi, il cuoco emergente che cucina a 2000 metri in Val Gardena

di:
Marco Colognese
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Un albergo di charme e una cucina d’alto rango tra le piste della Val Gardena.

La Storia

Ci sono due modi per raggiungere il Piz Seteur: utilizzando impianto di risalita, nella fattispecie una seggiovia, oppure divertendosi un mondo aggrappati a uno degli uomini tuttofare dell’albergo che piloteranno una velocissima motoslitta su per le piste della Val Gardena all’imbrunire. Già questa è un’esperienza che non capita tutti i giorni, ma arrivare al cospetto del Sassolungo all’ora del tramonto è uno spettacolo naturale che è davvero impossibile scordare. Qualche metro sopra i duemila, un piccolo hotel-rifugio in pietra e legno e un meraviglioso silenzio cullano gli ospiti, i quali si ritroveranno a passare la sera in una delle bellissime stanze di un lusso sobrio e confortevole, magari dopo una sosta nella minuscola SPA con vista su parte del famoso anello del Sellaronda.

piz seteur piz seteur
Questa è una delle case di Alan Stuffer, ex azzurro di sci e imprenditore che conosce bene il concetto di gusto e con la moglie Sonja Gasser accoglie con grande cordialità gli ospiti. È infatti a tutto tondo l’offerta gastronomica del Piz Seteur, dove lo sciatore si può fermare per un caffè, sostare per un pranzo veloce ma genuino o lasciarsi sedurre rinunciando a qualche discesa per un menu tradizionale più ricco. Lo chef che governa fino a milleseicento pasti al giorno nei periodi di punta è il giovanissimo Marc Bernardi, classe 1991: “Venivo quassù fin da bambino. Questo luogo, così com’è ora, ha una decina d’anni, ma la prima costruzione risale al lavoro del nonno di Alan che nel 1950 ha letteralmente scavato a mano con i suoi amici la terra sulla quale è stata costruita la vecchia baita.”


La nonna di Marc è stata un’albergatrice con all’attivo sessantasette anni di cucina, gli zii anche loro tutti gestori a Selva, nel piccolo hotel di famiglia “dove c’è sempre stata un’atmosfera bellissima e fin da bambino io stavo in cucina, prendevo parole e intanto imparavo a pulire i finferli, delicatissimi, oppure a girare i canederli, non c’è nulla di scontato anche nella tradizione, bisogna avere le mani bagnate al punto giusto, fare le cose con cura, accarezzarli. Tutti i piatti tipici li ho imparati dalla nonna, non voglio perdere questa parte di me e ho riscoperto ancora più forte questa passione da quando lei se n’è andata.

sala piz seteur sala piz seteur
Così al primo piano di questo edificio si trova un angolo più raccolto, intimo e caldo. Si chiama soltanto Piz e funge sia da bistrot sia, per cena, da piccolo avamposto d’alta cucina. “Sono tornato con un’idea molto precisa, volevo far cambiare la visione di quel che si può fare quassù, ho ancora molto da imparare ma volevo dimostrare che so far bene, perché io amo la cucina e non posso pensare di fare altro. Perché se dai qualità la gente viene. A pranzo proponiamo una cotoletta, semplice ma fatta con la fesa di vitello, realizzata come si deve, impanata per bene e cotta nel burro, abbinata non con le solite patatine ma con le patate arrosto”.


“Me ne sono andato di casa a 17 anni, all’epoca lavoravo con mamma nel suo albergo vicino al lago di Garda, nel mantovano, e sono tornato su a fare la mia prima vera stagione, poi ho aiutato Alan a fare l’apertura su al Passo Sella.” Successivamente è stata la volta della Löwengrube a Bolzano. Un momento interlocutorio e di riflessione Marc l’ha avuto quando si è trovato a rifiutare un posto da Norbert Niederkofler al St Hubertus dopo uno stage: “Lui è una persona fantastica ma mi sono reso conto che non ero nel mio ambiente, non reggevo alcune situazioni di pressione. È stato comunque molto significativo per me, non rimanere è stato piuttosto frustrante, non mi sentivo all’altezza.”



Non tarda molto a ritrovare la serenità, comunque, perché arriva Claudio Melis con il suo progetto di InViaggio e lo coinvolge come secondo: “Claudio mi ha svegliato, ho lavorato sul carattere e sono riuscito a dare tanto e ricevere altrettanto, è stata un’esperienza davvero superlativa. ”Così, dopo la conquista della stella e il raggiungimento degli obiettivi a Bolzano, è arrivato il momento di tornare all’amata Val Gardena: “Questa vallata è particolare, si dice che sia un posto di gente chiusa, refrattaria, invece se ti possono dare una mano lo fanno in qualunque modo. È un posto dove puoi pensare di costruire qualcosa, qui si aiutano tutti. E qui mi hanno dato lo spazio necessario per crescere, compresi ottimi collaboratori come il mio sous chef Ivan Klapcic.” Il progetto prevede il presidio di tutta la stagione invernale, dall’apertura alla chiusura degli impianti, mentre in estate sul Passo Sella al Dolomiti Mountain Resort verrà creato l’Angolino, con una formula simile a quella del Piz Seteur: “Avremo un josper e due fornelli a gas, cucineremo a basso impatto e cercheremo di spingere sul fine dining la sera, mentre a pranzo sarà attivo il bistrot con la bellissima terrazza esterna.”

I Piatti

La filosofia di Marc? Tornare alle origini in modo molto personale. “Un ritorno a quello che ho vissuto da bambino. Certe volte quando qui rimane uno strudel di ricotta lo assaggio e so che è stato concepito in chiave alleggerita e moderna, ma mi fa tornare in mente l’infanzia.” La sua è una cucina versatile, perché sebbene sia molto tecnica è concepita in modo da arrivare a toccare il gusto dell’ospite a prescindere dalla sua preparazione in materia. Ogni ingrediente è riconoscibile, il piatto è “pulito”, mai ridondante: così la complessità si nasconde dietro a una comprensibilità mai scontata. Marc, paragonando la sua cucina all’opera, sostiene: “la dolcezza è un elemento fondamentale di chiusura di ogni atto, perché è una sensazione che prepara il palato del commensale all’entrata in scena della portata successiva, lasciandolo con una sorta di suspence, il bisogno di altra sapidità.


Si inizia così con una chip di carota in carpione, cui fa seguito il carciofo crudo al topinambur in corteccia della stessa carota, ricoperto da spuma di tuorlo d’uovo, proposta la cui delicata acidità serve ad aprire le danze. È un boccone davvero golosissimo il Bauerntoast, la classica merenda di montagna, composto da pane di segale, foglia ed emulsione di senape, crema di formaggio al vino, cetriolo fermentato e speck croccante. Il salmerino accompagnato da rape in agro, kefir e beurre blanc, piatto di grande suadenza, è a base di un pesce d’acqua dolce che Marc ha imparato a conoscere durante la sua breve esperienza al St Hubertus in Val Badia. Viene marinato per otto ore in sale, zucchero ed erbe di montagna, in modo da conferire una cottura mi-cuit.


L’anatra affumicata e cotta nel suo grasso, affettata e servita con marmellata di radicchio, spuma al finocchio e pasta di rafano ha uno stile tipicamente altoatesino e rimanda una volta in più all’infanzia del cuoco e al laghetto davanti a casa, popolato da questi volatili.


Ancora acqua dolce con la trota salmonata, servita con la zuppa di sedano rapa con crema di mele e cipolla e mela rossa caramellata: e qui la reminiscenza d’infanzia è legata alla “Forellenangeln” la quale altro non è che la pesca delle trote. I “miei” ravioli del plin sono serviti con acqua di Parmigiano Reggiano, lo stesso formaggio soffiato, tuorlo d’uovo e tartufo. Va detto che, al di là del sapore centrato di questa idea, l’artefice della pasta fresca è la giovanissima compagna di Marc, Sofia, la quale per seguirlo in Valgardena è diventata una perfetta sfoglina tanto da essere soprannominata in cucina, tra i lazzi divertiti dei colleghi e a testimoniare un bel clima goliardico, “Giovanni Rana” (ed è divertentissimo vedere la faccia dello chef quando lo racconta ridendo).


Gran bel risotto, tra intrigante sapidità e note aromatiche intense, è quello che Marc termina di mantecare di fronte agli ospiti, con formaggio di capra e la preziosa Rosa di Gorizia in salamoia, liquirizia e corteccia di topinambur.


L’esperienza nel mantovano si fa sentire nel tortello di zucca, un piatto che secondo Marc non mancherà mai nel suo menu, accostato alla tipicità di prodotti locali come speck e ricotta infornata. L’anguilla che arriva come primo tra i secondi è un elemento sperimentato a lungo con Claudio Melis, fino a far sviluppare al cuoco un complesso processo di lavorazione di cinque fasi che comprendono marinatura, asciugatura, affumicatura, cottura e grigliatura. Servita con spinaci in due consistenze e salicornia, è decisamente riuscita.


Un altro tuffo nel passato: “la guancia di vitello mi emoziona ancora come la prima volta che l’ho preparata con nonna Else, la quale mi ha insegnato due cose fondamentali: la prima a capire la giusta cottura toccandola con le mani e la seconda che se si decide di compiere qualunque azione questa va fatta al meglio, in cucina così come nella vita. Di questa frase ho fatto il mio mantra e lo ripeto ogni giorno ai miei ragazzi.” Bellissima sensazione sul finale la gelée al cioccolato fondente senza zucchero, nella quale acido e amaro si combinano grazie al fico fermentato e alla granita ghiacciata che pulisce il palato. Immancabile in ogni rifugio che si rispetti, ecco infine la pera Williams sciroppata servita con il suo sorbetto, una mousse al cioccolato bianco tostato e una zuppetta al vin brûlé.


Piacevolmente spiazzante che al posto di una scontatissima piccola pasticceria qui decidano di far assaggiare, accompagnati da un ottimo pan brioche (a proposito, anche gli altri pani sono buonissimi!) il prosciutto cotto di maiale e il crudo di agnello autoprodotti e asciugati dallo stesso vento che accarezza il Sassolungo: un godimento in purezza! Da non dimenticare infine la bella cantina che ha un particolare occhio di riguardo, va da sé, per l’Alto Adige e il servizio coordinato con grande gentilezza da Alan Zahtila. Per la cena gourmet si spendono senza rimpianti dai 75 ai 115 euro.

Indirizzo

Piz Seteur

Plan de Gralba, 30, Sellaronda - 39048 Selva di Val Gardena (BZ)

Tel: +39 339 7127479

Mail info@pizseteur.it

Il sito web

 

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