Chi seguono gli chef su Instagram? Ecco gli account più inspirational secondo alcuni fra i nostri cuochi più social.
Gli Chef
Consultare Instagram non solo per diletto e autopromozione, ma anche per aggiornarsi professionalmente. Succede ai cuochi, così sintonizzati sulle ultime tendenze di una cucina sempre più social e globale. Se i più cliccati restano Jamie Oliver e la maga delle torte Yolanda Gampp, fra gli chef’s chef spiccano alcuni nomi.Per esempio, Antonino Cannavacciuolo, punto di riferimento internazionale per il fine dining tricolore in giro per il mondo. Sono colleghi buona parte dei suoi oltre 2 milioni di follower. In pasticceria risalta Cédric Grolet di Le Meurice, a Parigi, tenuto d’occhio da 1 milione e 300mila dispositivi. Ma molti sostengono di aver trovato gli spunti giusti sulla pagina di Dan Barber del Blue Hill di Manhattan, con riferimento alla sostenibilità e all’autoproduzione in campagna, punto di partenza della ricetta.
E in Italia? Davide Guidara, giovanissimo chef del Sum di Catania, ha aperto un profilo solo di recente e ha scoperto innanzitutto la comunanza di idee con i coetanei. “Tra i tanti non posso che citare Marco Ambrosino, il quale mi ha introdotto nel mondo di collettivo mediterraneo, a tal punto che da diversi mesi condividiamo il progetto. Poi il mio cazzutissimo amico Floriano Pellegrino, che ha la mia stessa fame di arrivare in alto e mangiarsi il mondo. Vive il territorio come lo vivo io, a stretto contatto con i sapori forti e ancestrali. Sul gusto Diego Rossi mi fa saltare dalla sedia. E ancora Martina Caruso, la cui cucina mi ha aiutato a sviscerare la Sicilia, e Lorenzo Costa, esempio perfetto di ‘cazzimma’. Per quanto riguarda i BIG NAMES, ne seguo diversi, ma senza vedere i piatti. Voglio assolutamente evitare di essere influenzato”.
Nikita Sergeev è fra i cuochi più social della sua generazione. “Frequento Instagram da prima di aprire l’Arcade e mi è sempre sembrato una forza importante, perché il messaggio è meglio indirizzato al destinatario. Ma non lo uso per aggiornarmi, anzi conosco colleghi che si sono allontanati dai social proprio per non esserne influenzati. Seguo alcuni grandi maestri come Alain Passard, Niko Romito ed Enrico Crippa, oppure Vladimir Mukhin del White Rabbit per capire la situazione della ristorazione russa, cosa viene proposto, le difficoltà e i progetti. Ma noto che i materiali pubblicati spesso non provengono direttamente da loro. Oggi è la mia generazione che sta facendo la moda e Instagram può funzionare come un biglietto da visita per comunicare se stessi”.
Davide Caranchini dal canto suo segue i colleghi della sua generazione, ma non solo. “Credo che Instagram, con i giusti modi, sia uno strumento valido per condividere le proprie idee e vedere viceversa cosa fanno gli altri. Gli chef che seguo più volentieri, anche per il modo divulgativo di condividere i contenuti, con spiegazioni e racconti oltre le foto, sono Niko Romito, Mauro Uliassi, Luigi Taglienti, Matteo Baronetto, Massimo Bottura fra gli italiani; René Redzepi, Alain Passard, Jordi Roca, Dan Barber, Magnus Nilsson, Christian Puglisi, David Zilber e Andoni Luis Aduriz all’estero”.
E Floriano Pellegrino: “'Non è un segreto quanto i social siano parte integrante della nostra vita, utilissimi ogni giorno per comunicare noi stessi e la nostra attività. In particolar modo Instagram è un canale che amo molto, mi permette di condividere e di esprimere al meglio il mio potenziale, rendendo fruibile la mia idea in pochissimo tempo a un pubblico vastissimo. Chi seguo? Martin Berasategui per i principi e l’idea imprenditoriale, René Redzepi e Björn Frantzén per le continue sperimentazioni, Mauro Colagreco, amico di lunga data. Nonostante la vicinanza con molti di loro, per amicizia, condivisione di pensiero e di una parte di vita insieme, lavorativa e non, il mio pensiero resta distaccato. La mia forza è sempre stata quella di aver avuto le idee chiare fin da piccolo. La mia cucina inoltre è talmente radicata nel territorio e al contempo nel mondo che sarebbe difficile da incrociare con stili preesistenti”.
Ada D’Amato infine, affascinante chef di Menchetti 1948 ad Arezzo, segue con costanza Valeria Piccini: “Privilegio il mare, ma Caino è un punto di riferimento per la cucina verace e concreta, che rispetta la tradizione, e la creatività di impronta toscana e femminile. Nei piatti puoi riconoscere ogni singolo ingrediente. Valeria mi ispira moltissimo anche per l’entusiasmo verso il lavoro e la capacità di fare gruppo con i giovani”.