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Due stelle Michelin per due fratelli: la cucina vegetale senza orti di Heinrich Schneider a 1600 metri da Terra

di:
Marco Colognese
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terra restaurant

Ecco perché una cena da Terra è un’esperienza nell’esperienza, fatta di piccoli assaggi colorati e cesellati, nei quali però il gusto non è mai sacrificato sull’altare della bellezza.

La Storia

Bastano una ventina di minuti d’auto da Bolzano per ritrovarsi in una valle ancora quasi incontaminata con una superficie coperta al cinquanta per cento di aree boschive che si traducono in un paio di ettari di alberi e aria pura per abitante. Terra, il cui claim è “the magic place”, si trova a milleseicento metri di quota a Sarentino, il comune più esteso dell’Alto Adige.


Da questo luogo incantevole dei fratelli Schneider, due stelle Michelin e dieci stanze di essenziale eleganza, dove si arriva inerpicandosi con grazia in mezzo a un panorama dominato dai toni del verde, partono sentieri e mulattiere che conducono ad angoli che colpiscono il cuore per la loro immensa bellezza e un’aura mistica; tra tutti i famosi omini di pietra. Gisela racconta: “questo posto è nato quando nostra madre gestiva il rifugio qui accanto, era la sua casa di famiglia. Papà, che non era del mestiere, ha conosciuto mamma, sono andati a vivere prima a Merano e poi a Terlano ma lei aveva sempre voglia di tornare quassù dove era cresciuta. Chi vive la sua infanzia qui fa fatica ad andare via perché è un posto molto particolare al quale anche noi figli siamo legatissimi”. E prosegue: “Mamma ha realizzato il sogno di creare un piccolo albergo: all’inizio, erano gli anni settanta, Auener Hof (il maso dei prati, nome della frazione) era un hotel tre stelle con un ristorante di cucina altoatesina tradizionale che curava lei. Noi siamo cresciuti fin da piccoli aiutando a lavorare in casa e vivendo un’infanzia in piena libertà, perché nostra madre aveva davvero tanto da fare e nostro padre era spesso via.”


E così Gisela e Heinrich imparano a esplorare i boschi e a conoscerli palmo a palmo: “Molto spesso rientravamo solo per mangiare un panino al volo, ma avevamo fretta di tornare nel bosco a esplorare quella che ancora adesso è una natura incontaminata”. E intanto, mentre i ragazzi crescono, le cose si fanno complicate e l’albergo fatica a sopravvivere “internet non esisteva e la Val Sarentino era ancora più sconosciuta di adesso”. In più il terzo fratello che avrebbe dovuto prendere in mano la gestione se ne va: “la situazione era difficile, eravamo rimasti solo io e Heinrich, i nostri genitori non ce l’avrebbero fatta. Così ho pensato di fermarmi un’estate e vedere cosa sarebbe accaduto. Ho studiato due anni hotel management e uno sala Merano, l’idea era quella di far carriera in un grande albergo, poi ho avuto esperienze sia in Francia sia in Germania, ma ho capito che non ero fatta per quel genere di strutture perché con il mio modo di ragionare facevo fatica: preferisco lavorare tanto ma muovermi come voglio.”


Ecco allora che nel 1998 Gisela torna a casa e con Heinrich ne prende le redini: “io avevo ventitre anni, lui ventisei, i nostri genitori ci hanno fatto subito partecipare alla società. Siamo cresciuti passo dopo passo fino a quando è arrivata la prima stella.” Era il 2008, edizione 2009 della Michelin. Racconta Heinrich: “siamo partiti giovanissimi e con una grande passione, i clienti ci apprezzavano, ma la stella proprio non ce l’aspettavamo. È stata un’emozione grandissima, in quel periodo eravamo chiusi e non avevo ancora ben chiaro che fosse per quello che la guida mi aveva chiamato alla presentazione: non ci potevamo credere e ci siamo messi a piangere dalla commozione”. Gisela ricorda: “la prima stella ha cambiato molto, da una situazione difficile il vento è cambiato e hanno iniziato ad arrivare un sacco di giornalisti che cercavano quel ristorante gourmet in mezzo al nulla con la sua storia”.

E tutto prosegue, nel 2010 entra in società anche un abile manager come il marito di Gisela. Anno dopo anno, di modifica in modifica e di dettaglio in dettaglio, prende forma quello che è oggi Terra: “siamo arrivati a dieci stanze con una spa e l’idea di restare piccoli. Auener Hof era un nome poco adatto alla cucina, perché non siamo e non eravamo una casa tradizionale altoatesina e non volevamo diventare l’ennesima stube. Siamo cresciuti con uno spirito diverso: legatissimi a questo nostro territorio e allo stesso tempo aperti al mondo, fin da quando i nostri genitori ci hanno assecondato nella filosofia gastronomica che avevamo in mente.”


E in mente Heinrich Schneider aveva decisamente qualcosa di molto personale: se sua madre le erbe selvatiche e i fiori dei boschi circostanti le usava solo per infusi e tè come da tradizione di famiglia, lui impara a conoscerle nel dettaglio e a intuirne le potenzialità nei piatti: “all’inizio ero in cucina insieme a lei e cominciavo a realizzare le mie idee e mi piaceva tantissimo far diventare i vegetali un ingrediente basilare. È stato questo ad aiutarmi a sviluppare il mio stile che consiste nel voler trasmettere un ricordo indelebile di questi luoghi. Se faccio le stesse cose che fanno gli altri è difficile che io lasci una traccia, un segno distintivo nella memoria di chi assaggia i miei piatti.” E qui si capisce come per lo chef sia stato tutto sommato un vantaggio crescere praticamente da autodidatta con un curriculum che racconta soltanto di una stagione invernale in un quattro stelle della regione e un breve stage in un due stelle francese. “Tornato da lì dovevo rimanere, non c’era proprio la possibilità di andarsene. Da giovane di questo ero dispiaciuto, perché sarebbe stato bello fare qualche esperienza, ma è diventato un vantaggio, sono stato più libero di pensare con la mia testa e creare piatti totalmente miei.” Schneider usa sessanta erbe selvatiche diverse che crescono in natura e vengono raccolte personalmente da lui ogni giorno fresche: “Non abbiamo né serre né giardini, nulla è coltivato. Ho vissuto l’infanzia qui e conosco perfettamente boschi e prati con le loro piante. Le ho poi studiate e approfondite al centro scientifico della provincia di Bolzano a Laimburg.”

Ed è un perfezionista, questo cuoco di poche parole e dallo spiccatissimo senso estetico, innamorato perso del suo lavoro. Tanto da fargli conquistare anche la seconda stella nel 2016 per l’edizione 2017 della Michelin con una cucina difficile da definire ma che potremmo azzardare a chiamare neo-sudtirolese, nella quale gran parte dei piatti sono a base vegetale e mirati alla leggerezza: “il mio è uno stile legato al gusto e alla bellezza, mi piace rispettare e valorizzare ogni singolo ingrediente e se si tratta di utilizzare carni o pesci, rigorosamente di provenienza altoatesina, pretendo siano il massimo”.

I Piatti

Ecco perché una cena da Terra è un’esperienza nell’esperienza, fatta di piccoli assaggi colorati e cesellati, nei quali però il gusto non è mai sacrificato sull’altare della bellezza.


Allora ecco la sfera liquida alla mela Granny Smith con finocchio bronzato, lo squisito macaron alle rape rosse con acetosella, la pralina affumicata al lampone. Delizioso il pie alla panna agra con caviale di salmerino e cipolla marinata, così come il formaggio di alpeggio con trentasei mesi di stagionatura soffiato, con lievito caramellato ed erbe di prato. Ancora il taco nero con lippia dolce, prima di una freschissima zuppa di fragole servita con panna acida, caviale e cracker al basilico viola. Di Sarentino la trota iridea con uovo disidratato e schiuma alla cetraria.


Piccolo capolavoro di tecnica e finezza gli gnocchi liquidi di formaggio d’alpeggio con sarcodon imbricatus. E proprio in questo momento, nel corso della coreografica sequenza di degustazione, arriva il pane: per scelta è servito come portata; naturalmente fatto in casa in tre magnifiche, fragranti versioni: lievito madre con segale di Pennes, ai semi gluten-free, ai mirtilli e lavanda al vapore, ripieno con crema all’erba di grano, tutti accompagnati da burro del maso Schűtz e olio d’abete e abbinati a una birra al malto.


Il menu prosegue con l’elegante raviolo glassato alle erbe selvatiche cui fa seguito il salmerino locale con latte bruciato, “perle nere” e succo di melissa. Sapori intensi e armonici si ritrovano nella mezzaluna alle erbe con capriolo, olio d’abete e tè al profumo di bosco. Notevole il capriolo in rosso con fiori, mela in osmosi alla melissa e sedano.


Nel capitolo dessert non si scende di tono, a partire dal dolce alle rose con cornetto all’acetosella e poi con la spuma di edera terrestre leggermente affumicata e servita con lamponi, yogurt e fiori d’estate. A questo punto arriva la piccola cerimonia del tè, durante la quale viene servito un infuso digestivo di cinque erbe fresche. Si conclude con una piccola pasticceria non scontata in cui si incontrano il fiore cotone all’anice, la pralina al caramello di betulla, la pietra all’olivello spinoso e il cioccolato bianco con acetosella e perle al sambuco. A cura di Gisela una carta dei vini di ottimo spessore, dalla quale pescare bottiglie interessanti in alternativa al bel percorso di abbinamenti al calice pensato per il menu degustazione.

Indirizzo

Terra

Prati 21 - I-39058, Sarentino, Italy

Tel. +39 0471 62 30 55

Mail info@terra.place

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