Chef

Elvira Fernandez: “Quella che chiamate sostenibilità prima era la normalità”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina elvira fernandez

Elvira Fernandez è la vestale delle tradizioni asturiane. Totalmente autodidatta, rivendica il ruolo del sapere femminile negli sviluppi della cucina contemporanea. “Eravamo le burine del coccio, oggi siamo l’aristocrazia dell’orto e della sostenibilità”.

La notizia

Lo aveva già fatto notare Joan Roca: la sostenibilità oggi in voga, non è certo un’invenzione degli chef. Bisogna tornare a guardare quello che facevano le nostre nonne, non buttavano assolutamente nulla e sfruttavano tutto. Bisogna fare tesoro delle loro conoscenze”. Ora Elvira Fernandez, prima stella verde delle Asturie nonché interprete di una leggendaria fabada, riprende il filo del discorso.


La sua storia è avventurosa: svolgeva una professione soddisfacente nel commerciale, quando in seguito a un incidente automobilistico fu costretta a indossare un busto ortopedico, che le impediva di sedersi. Avendo tre figli, si interrogò su cos’altro sapesse fare, che potesse svolgere in piedi, e restò solo la cucina. Dopo aver adattato la casa dei genitori, nel 1996 aprì quindi El Llar de Viri, premiato da Michelin con la prima stella verde delle Asturie oltre il Bib Gourmand.

@Marieta



Sono partita da idee che nel tempo si sono rivelate avanzate. Ho fatto quello che mi piaceva trovare quando andavo a mangiare fuori: mettere tovaglie e tovaglioli di stoffa, che mi raccontassero quello che c’era… Per questo da me si è sempre recitata la carta a voce. E il racconto sull’origine dei prodotti, che adesso va tanto di moda, da me si è sempre fatto, perché mi piaceva. Questo è quanto, ma ha destato grande attenzione”.


Doveva durare due anni, con la complicità della nuora, ma pian piano la passione dell’autodidatta è cresciuta e si è trasformata in professione. “Non voglio mettere in opposizione questi due mondi. Quando mi chiedono cosa penso della cucina moderna, rispondo che è fantastica se è buona. La cucina tradizionale ha un grande debito con l’avanguardia. Loro ci devono le basi e noi dobbiamo loro i progressi che hanno facilitato il lavoro e migliorato i risultati. I tempi di cottura, la presentazione, le stoviglie, gli attrezzi. O vogliamo continuare a cuocere i cavoli in un braciere a tre gambe? Una volta va bene, come omaggio alla memoria, ma la vita quotidiana oggi è molto facilitata”.


Altra cosa sono le mode, come la prossimità, che quelli come lei hanno sempre praticato, al ristorante come a casa. “Vorrei che tutti i cuochi stellati che dicono di avere imparato dalla madre, ne facessero il nome. I Roca, Berasategui, Nacho Manzano lo fanno già, ma tanti altri no. Prima tutti raccontavano di avere imparato in Francia da Robuchon, ora sono discepoli di mamme e nonne. Ma devono nominarle, perché lo meritano. Poi c’è l’orto. Oggi tutti gli stellati hanno l’orto. Invece bisogna tornare alla realtà: non stanno inventando niente, anzi devono riconoscere il merito di chi li ha preceduti. Noi che qualche anno fa eravamo le burine delle fabada e dei cocci, oggi siamo l’aristocrazia”.

Fonte: Siete Canibales

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Foto di copertina: @Daniele Maldonado

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