20 stelle non bastano: Alain Ducasse irrompe in un nuovo mercato con il biscotto perfetto. Il negozio in Place de la Bastille potrebbe essere il primo di una lunga serie, come la cioccolateria che oggi conta 30 sedi.
La notizia
Alain Ducasse è sinonimo di stelle Michelin: attualmente ne conta 20 e continua a detenere il record mondiale. Eppure, da fuoriclasse qual è, in un mondo in subbuglio ha capito prima degli altri l’esigenza di diversificare e giocare su più tavoli, agevolato forse dall’essersi tolto professionalmente ogni sfizio. Parliamo di 30 ristoranti in 11 paesi, ma anche di una rete di hotel chiamata Les Collectioneurs e di una grande scuola. Attività di cui dice: “Sono focalizzato sulla visione negli affari, nel quotidiano ho chef che seguono i miei ristoranti. Sono il direttore artistico di tutto il gruppo, quello che deve indicare la direzione”.Non stupisce più di tanto, quindi, che costellazioni e supernovae non siano fisse sul suo telescopio. “Ho più ristoranti e locali senza stelle che con. Le stelle ti danno visibilità, sono importanti, ma lo sono anche le altre attività che porto avanti. Rappresentano l’alta moda, ma io faccio anche prêt-à-porter. Attualmente, per esempio, stiamo sperimentando i biscotti e apriremo un negozio all’Opéra de la Bastille, sullo stesso lato di cioccolateria e gelateria. Mi piace andare piano con questo tipo di botteghe. Nel 2014 ho aperto un negozio di cioccolato con laboratorio dove si elabora tutto, ora ne ho 30 in giro per il mondo. Mi piace controllare la qualità dell’intero processo di elaborazione di ogni singolo cioccolatino. E con i biscotti succede lo stesso”.
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“Adesso stiamo cercando la migliore farina, tenendo conto di origine, coltivazione e molitura, e valutando la granulometria ideale per il miglior burro di Normandia. Il fine è realizzare tutto ciò che ho immaginato su un biscotto. Voglio avere il controllo totale sulla produzione. Per questo è importante conoscere anche il tipo di vacca. È così che si realizza l’eccellenza. Questi prodotti, che chiamo ‘periferici’, sono molto più redditizi dell’alta cucina, ma la loro elaborazione non è facile e richiede molto lavoro”.
Non poteva infine mancare un commento sui problemi che affliggono il settore, cominciando dallo spopolamento professionale, che ha ovvie ricadute sulle attività formative. “Con il covid nessuno vuole più lavorare tante ore, ma la mancanza di manodopera è qualcosa di positivo per le nostre strutture educative. Si tratta di uno dei settori dove è più piacevole prestare servizio, a contatto con le persone e in diversi paesi. È un settore che tornerà a essere attrattivo per i professionisti”, preconizza fiducioso.
Fonte: El Pais
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Foto dello chef in copertina: Crediti Murdo MacLeod