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Ambrely Ouimette: dal chiosco di hot dog al Sushi Bar che fa impazzire il Texas

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina Ambrely Ouimette

A 12 anni ha preso in prestito i documenti della sorella per lavorare come lavapiatti, poi è passata a vendere hot dog. Oggi guida un sushi bar di Austin dalle liste di attesa chilometriche. Così Ambrely Ouimette ha espugnato un’antica arte maschile.

La storia

Non si può dire che Ambrely Ouimette non abbia fatto gavetta: alla cucina ha cominciato a interessarsi con la nonna ucraina, grande cuoca di casa, ma in un ristorante è entrata come lavapiatti, usando i documenti della sorella maggiore ad appena 12 anni; ha quindi venduto hot dog in un chiosco per strada ed è stata addestrata da maestri di sushi vicino a Boston… Oggi che di anni ne ha 31 guida SushiBar ad Austin, locale omakase di appena 10 coperti dalle liste d’attesa chilometriche, che si esauriscono pochi minuti dopo l’apertura.

Crediti Liam Brown




Nelle cucine dei ristoranti di pesce urlavano e bestemmiavano tutti”, ricorda. “Poi ho guardato gli chef di sushi ed erano tutti così puliti e calmi. Come guardare un balletto. All’inizio non avevano voglia di insegnare il mestiere a una sedicenne, ma io ho continuato a presentarmi con il coltello da 12 dollari che avevo comprato al mercatino asiatico”. Le prime mansioni sono state la pulizia del bancone e la preparazione del wasabi, poi è stata accettata come apprendista. L’inizio di una bella carriera, che l’ha vista fare consulenze in locali giapponesi e aprire Matsuhisa, il ristorante di Nobu a Denver. Del quale racconta: “Era un posto veramente focalizzato sull’artigianalità, non solo sull’ammannire sushi a centinaia di persone ogni sera. Ha rappresentato un grande punto di svolta nella mia carriera e ha fortemente consolidato la mia vocazione”.

Crediti Liam Brown




Chiamata in qualità di consulente a SushiBar, ne ha poi preso stabilmente le redini. È la prima volta che non mi ritrovo dietro uno chef maschio. Spesso gli uomini non mi volevano insegnare e far migliorare. Ora sono nella posizione di essere il mentore che non ho mai avuto”. Non che la cucina giapponese sia amica delle donne: vi allignano anzi vetusti pregiudizi, per esempio sul fatto che la temperatura corporea femminile, più alta di quella maschile, pregiudicherebbe la qualità del pesce e che durante il ciclo le donne perdano il gusto. “Ci sono molte credenze da sfatare. È frustrante e sconfortante a volte, ma auspicabilmente ci saranno sempre più chef donna nel ramo. Finché ci favoriamo l’un l’altra, niente ci potrà fermare”.



E Ambrely è ben lieta di conferire a quest’antica arte maschile il suo tocco di creatività, vedi il nigiri con fermentati, sali e kosho. “Il sushi tradizionale è una bella cosa, ma spesso è simile da un posto all’altro e io non voglio operare in questo quadro. Mi piace trasmettere il mio gusto per realizzare qualcosa di diverso e sono proprio queste differenze a eccitare le persone, facendole tornare


Fonte: insidehook.com

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Foto: Crediti SushiBar ATX Austin

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