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Barrique by Oliver Glowig: l’esclusivo ristorante gourmet tra le botti di una barricaia

di:
Massimiliano Bianconcini
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oliver glowig

Il famoso chef di Düsseldorf, 5 volte stellato, è la punta di diamante dell’azienda vinicola Poggio Le Volpi, che sta portando la cultura del mangiare e del bere bene fuori dalla Capitale.

La Storia

Barrique by Oliver Glowig è il progetto gourmet di Poggio Le Volpi, azienda vinicola di Monte Porzio Catone, che sta creando una forte liaison tra i propri vini e l’alta cucina dello chef tedesco, che in carriera ha raccolto 5 stelle Michelin. Il ristorante, ristrutturato e lanciato circa due anni fa, all’inizio si è avvalso della sola consulenza di Glowig. Nel corso dei mesi però la collaborazione si è fatta sempre più coinvolgente, tanto che Oliver ha deciso di accettare la proposta, diventando così Resident di Barrique (il ristorante gourmet) e di Epos (lo spazio bistrot), una volta lasciato il progetto di cucina popolare al Mercato Centrale di Roma. La struttura ristorativa di Poggio Le Volpi è in un’area, quella dei Castelli Romani, che si affaccia su Roma e che fino a qualche tempo fa non presentava locali gourmet. Oggi il territorio è cresciuto, grazie a giovani imprenditori che inseguono una gastronomia di tendenza e che curano i dettagli. Ugualmente sono cresciuti i vini - il Frascati in primis, ma non solo -, che possono senza tema essere accostati ad una cucina di ricerca e di sperimentazione.

Foto di Alberto Blasetti



Insomma, l’angolo di terra a sud della Capitale, dove oggi risiede Barrique, non è più solo un luogo di accoglienza per la tradizionale gita fuori porta, con la cucina romana a dettare le sue due leggi fondamentali: spendere poco e far mangiare tanto; e il cui corollario era vino sfuso bianco del contadino da far sgorgare a flutti. Quei tempi sono finiti, anche se nell’immaginario cittadino della Capitale alcune scorie resistono. Da almeno venti anni si lavora per far crescere l’idea di ospitalità, per divulgare la qualità dei prodotti tipici locali e per dare vita ad una cucina elaborata. E questo coincide pressappoco con l’ambizione di Felice Mergè, patron di Poggio Le Volpi, alla terza generazione di vignaioli dopo nonno Manlio e papà Mario, che nel 1996 ha creato in proprio questa azienda. «Dopo venti anni di impegno e di lavoro sul vino, è nata l’esigenza di associare al buon bere il buon mangiare, per far capire che questo territorio ha tutte le carte in regola per intrigare ogni tipo di cliente, anche il più esigente», svela l’incantevole Rossella Macchia, responsabile marketing di Poggio Le Volpi.

Foto di Alberto Blasetti



Foto di Alberto Blasetti



Dopo un importante restyling della cantina, immersa nei vigneti, avvenuto nel 2017, è nata Barrique e la collaborazione con Oliver Glowig, tedesco di Düsseldorf, naturalizzato italiano (come dice lui) e cresciuto professionalmente a Capri. Un destino dentro il piatto il suo, visto che da piccolo guardava con curiosità all’alta cucina, quando il papà portava la famiglia ai ristoranti più in voga. Appena ha avuto la possibilità di scegliere, ha scelto. La scuola alberghiera. Per approdare poi al ristorante di Otto Koch a Monaco, che faceva cucina francese bavarese. In seguito diventa chef de partie al ristorante “Acquarello”, che introduceva timidamente l’alta cucina italiana in Germania. Lì scopre la passione per l’Italia e, per approfondire tecniche e conoscenze delle materie prime (e trovare moglie), passa un periodo al “Quisisana” di Gualtiero Marchesi a Capri. Rientra all’Acquarello come chef di cucina e la Michelin gli assegna la prima stella. Monaco non è Capri, e la famiglia preme per un rientro in Italia. La scelta è difficile, ma Glowig decide di lasciare la Baviera e tornare nel Bel Paese, approdando al “Capri Palace”, dove ottiene due stelle Michelin in cinque anni.

Foto di Alberto Blasetti



Per uno che afferma che la «cucina non deve mai essere noiosa e che ogni giorno ci deve essere una nuova sfida», ad un certo punto l’Isola di Capri va stretta. Dopo nove anni infatti sente che il locale lo limita. Soprattutto perché è un lavoro stagionale che non consente di sperimentare contenuti diversi dal pesce e dalla cucina tradizionale; soprattutto di muoversi lungo tutto l’arco dell’anno. Decide quindi di misurarsi con la Capitale e accetta la proposta come Resident Chef all’Aldovrandi. Qui, dopo solo un anno, la Michelin gli assegna, d’amblé, due stelle, restituendogli quello che aveva dovuto lasciare. Il resto è storia presente. Ma va aggiunto che ha conservato le consulenze in Canada e nel Barhein per ristoranti di cucina italiana. «È una grande sfida per me e una bella responsabilità. Posso convincere solo attraverso il gusto, nemmeno posso farmi aiutare dal mio passaporto, perché sono tedesco; quindi devo lavorare sulle materie prime ed essere ancora più legato alla tradizione italiana, rispetto a quello che faccio a Barrique».

Il Ristorante

Nomina sunt consequentia rerum dicevano i latini, intendendo che i nomi sono descrittori della cosa in sé. A questa regola non sfugge Barrique che altro non è se non una vera barricaia, con arredi e design che si ispirano ai vigneti circostanti. Alle pareti si ritrovano i colori della terra, grassa e vulcanica allo stesso tempo, dell’areale dei Castelli Romani; mentre dalle foglie della vite intrecciate con lavori in pizzo e merletto, immersi in colla e oro, si ricavano stencil ultramoderni, sorta di bassorilievi contemporanei, che adornano e impreziosiscono i muri. Il legno delle botti da 225 litri infine dà calore e un tocco d’antan all’ambiente. «La storia dell’arredamento è anche nella filosofia di Poggio Le Volpi, che vuole utilizzare la ricchezza ampelografica del territorio», spiega Rossella Macchia.

Foto di Alberto Blasetti



Anche i tavoli sono stati realizzati con la terra dei vigneti, arricchiti da foglie di vite bagnate in oro e adagiate sul fondo con percolato di resina e vetro temperato, per attutire il rumore della cristalleria. Il complesso dà un colpo d’occhio elegante e di estrema raffinatezza alla sala. La mise en place è al passo con i tempi, priva di tovagliato consente di ammirare la bellezza dei tavoli. «Per l’alta ristorazione è importante avere un contesto importante, che innalzi le aspettative. Il concept deve essere all’altezza degli obiettivi che sono quelli di trasmettere l’idea che ai Castelli Romani si mangia di qualità. Il Frascati non è più un vino da caraffa e fraschetta, può essere accostato alla gastronomia gourmet. Il territorio è cresciuto», prosegue Rossella.

Foto di Alberto Blasetti



La barricaia al suo interno raccoglie più di 50 barrique, dove viene conservato e fatto affinare il rosso di Poggio Le Volpi. Per questo, in alcuni giorni dell’anno, il locale è chiuso al pubblico, per consentire il lavoro di travaso del vino dalle botti e i controlli di routine da parte degli enologi. Un avanzato sistema di climatizzazione consente di tenere sempre sotto controllo la temperatura e l’umidità, lasciando che gli ambienti, ampi e spaziosi, che si estendono in lunghezza per circa 500 metri (anche se non tutti sono riservati alla sala del ristorante), siano comunque confortevoli per i commensali. Dopo il servizio, la temperatura e l’umidità vengono abbassate per preservare il vino.

Foto di Alberto Blasetti



Il ristorante gourmet ha in totale 30 sedute comode. I vini sono alla carta con circa 600 etichette tra rossi, bianchi, vini spumanti e formati speciali. Alla mescita invece ci sono solo vini di proprietà. È infatti possibile abbinare ad ogni portata un calice differente e in questo caso si presentano solo i vini di Poggio Le Volpi e di Masca del Tacco, altra azienda stavolta pugliese di Felice Mergè. Due distinti menù degustazione, uno da 75 € e l’altro da 95 €, consentono un approccio olistico e completo alla cucina di Oliver Glowig. In genere però è possibile mangiare con 50 €, bevande escluse. «Con Oliver e con tutta la squadra la proprietà ha una grande sinergia, anche nel momento della scelta dei piatti e dei menù lavoriamo di comune accordo, cercando di dare il meglio che possiamo ai nostri clienti. Sono tutte scelte condivise», precisa Rossella Macchia.

I Piatti

Quello che qui ci interessa è capire la sua poetica culinaria e come si pone oggi Oliver Glowig di fronte alla cucina. Ebbene, per lui ciò che importa è la semplicità. «Per me fare una ricetta è abbinare gli elementi con attenzione. In carta ho tanti piatti con tre ingredienti al massimo. Non mi piace una cucina che vuole stupire, ad esempio nel modo di impiattare. Non mi piacciono le spezie troppo forti, che vanno a coprire il gusto. Fare ricette è avere la capacità di abbinare gli elementi, di bilanciarli, in modo che non si coprano vicendevolmente. Per fare questo la tecnica è necessaria, ma l’arte dei fornelli non è solo tecnica. Il mio stile è abbastanza riconoscibile. La materia prima va al centro di tutto. Poi è importante la stagionalità dei prodotti». Le sue origini tedesche, mi ha svelato, le racchiude in piccoli gesti, come ad esempio l’uso dell’aneto, un’erba poco frequentata in Italia ma che crea quel link con Düsseldorf, la famiglia e i ricordi d’infanzia. Il piatto per Glowig nasce sempre dalla materia prima che ha sotto mano. Poi dopo elabora gli accostamenti migliori, andando a cercare anche nelle ricette che ha fatto in passato. E se dovesse preparare qualcosa per sé e la famiglia andrebbe sempre su uno spaghetto pomodoro e basilico.

Cotto e crudo di frutta e verdure, con caviale di melanzane



La Testina di vitello croccante fritta è un gioco terra mare che ricorda solo in parte le origini teutoniche di Glowig. Si cuoce la testina di vitello per circa tre ore e poi la si spolpa, togliendo tutto quello che è possibile mangiare. La carne viene quindi condita e messa in un budello sintetico per darle una forma cilindrica e, una volta raffreddata, viene impanata e fritta. Quindi il risultato è croccante fuori, grassa e saporita dentro. Vicino viene messo uno scampo quasi crudo, leggermente affumicato con un cannello, per tirare fuori i sapori del crostaceo. Rimane comunque crudo per far sentire la grassezza e la freschezza. Infine viene preparata una crema di finocchi, per aggiungere altra freschezza al piatto, legata con tapioca e polvere di caffè, che dà l’aroma di tostatura e va bene anche all’inizio di una cena perchè stimola le papille.

Terrina di pollo ruspante al “Baccarossa” con capesante crude e misticanza di erbe



Altro antipasto in carta e la Terrina di pollo ruspante, un piatto che si avvale di uno dei vini più significativi dell’azienda Poggio Le Volpi. «Per questo piatto ho preso ispirazione dalla cantina», dice lo Chef. Le cosce di pollo vengono marinate due ore nel vino Baccarossa, pressate e cotte a bassa temperatura. Alla fine viene fuori quasi un prosciutto di pollo, la cui marinatura dà anche colore al piatto e non solo un sapore tutto particolare. Alla vista sembra quasi di avere a che fare con del marmo con striature rosso rubino nella carne. Per dare freschezza Glowig ci abbina le capesante crude e un po’ di misticanza di stagione. Un piatto manifesto della sua cucina, in cui vengono utilizzati tre ingredienti semplici, ma bilanciati.


Bottoni ripieni di coniglio alla cacciatora con pomodoro e olive disidratate



Il Raviolo con zucchine e gamberi, quasi sempre in carta, è ripieno con zucchine a dadi saltate in padella, per dare la croccantezza, con l’aggiunta di mentuccia per la freschezza e gamberi crudi. Quando il raviolo viene cotto, il gambero all’interno resta succoso e saporito. Vicino ci mette una crema di zucchine e con le teste dei gamberi frullate prepara una salsa densa, grassa e saporita, in cui spicca il sapore del mare. Sopra i ravioli mette tre gamberi crudi e una salsa al tuorlo d’uovo, il cui grasso si sposa perfettamente con il grasso del gambero. E il gioco è fatto.


Baccalà con patate alle alghe e latte di mandorle



Pollo e peperoni è un piatto nato per “Identità golose”, semplice a prima vista ma che richiede tecnica e tempo per la preparazione. Il pollo è una materia prima che piace particolarmente a Glowig e subisce diverse preparazioni. La coscia viene cotta prima a bassa temperatura e poi al forno, lasciata quasi al naturale in modo che volendo la si può mangiare anche con le mani. La sovra coscia viene tritata con le interiora del pollo, fegato e cuore, e va a riempire un piccolo peperone “piquillo”, di origine spagnola, che viene grigliato e finito al forno. Il petto viene cotto a bassa temperatura in modo da farlo rimanere succoso e condito con olio, sale, pepe e rosmarino fritto. Infine c’è l’ala anche questa cucinata a bassa temperatura e al forno. La crema che lega il tutto è di peperoni gialli, arricchita con il fondo fatto con le carcasse del pollo e l’aggiunta di paprika affumicata.


Gelato allo yoghurt con lamponi e biscotto al pepe bianco



Come dolce decide di raccontare Cioccolato e liquirizia, un dessert che non spinge troppo sul pedale dello zucchero, perché a Glowig non piacciono le cose troppo dolci. Il cioccolato viene preparato con diverse forme, consistenze e cotture. C’è una sacher austriaca e quindi in questo caso lo chef guarda verso nord. C’è una gelatina al cioccolato, preparata con acqua, cacao, zucchero a cui si incorpora l’addensante. Si filtra il composto e lo si fa raffreddare. In bocca resta tutto il sapore del cacao ma è fresco. Infine c’è uno streusel al cioccolato. Accanto a tutto questo viene posto un semifreddo alla liquirizia, che dà freschezza e pulizia alla bocca, e una spuma di cioccolato bianco. Infine, per guarnire, lo chef ci pone sopra una foglia d’oro per dare un tocco di colore e di lusso alla portata.

Le fotografie sono di Alberto Blasetti

Indirizzo

Barrique by Oliver Glowig

Az. Agr. Poggio Le Volpi Soc. Agr. A R.L.

Via Fontana Candida 3/C – 00078 Monte Porzio Catone (RM)

Tel: +39 06.9416641

Mail: info@enotecapoggiolevolpi.it

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