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Il nuovo Tordomatto di Adriano Baldassarre con l’ultimo menu dedicato alla storia e ai quartieri romani

di:
Sara Favilla
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adriano baldassarre ristorante tordomatto

La nuova stagione del Tordomatto con un restyling per accogliere il nuovo menu. E un percorso degustativo originalissimo che ripercorre la storia e la geografia romana in piatti che ne raccontano usi e costumi: Tradizione in-Progressione, l'omaggio di chef Baldassarre alla sua città.

Il Ristorante

Il nuovo ristorante Tordomatto


Prima di partire per un viaggio bisogna progettare attentamente la meta e le tappe intermedie, studiare gli atlanti e, perché no, abbandonarsi a un pizzico di fantasia, assaporando il brivido dell’imprevisto e dell’ignoto. E dotarsi del giusto equipaggiamento, certamente.

Chef Adriano Baldassarre sala ristorante Tordomatto
È proprio quello che ha fatto lo chef Adriano Baldassarre in questo autunno, un restyling della cucina e nuovi arredi per la sala. E sono cambiamenti che lo chef ha meditato per sei mesi fino a realizzare un progetto che aderisse al meglio al suo pensiero di armonia e condivisione, in nome di un ideale che dal cuore pulsante del ristorante si allungasse senza soluzione di continuità fino alla sala.

cucina tordomatto
cucina tordomatto
L’isola centrale della cucina è diventata il blocco cottura attorno cui si snodano le tre partite in maniera sinergica, mentre la pasticceria fa comparto a sé. La centralità dei fuochi permette una continuità dinamica che è sì ottimizzazione degli spazi, ma anche una condivisione che permette ai cuochi di lavorare dialogando e collaborando.

vino tordomatto
Lo stesso principio di armonia lo si ritrova specularmente nella sala, in cui i muri si fanno di colore pastello e in cui si aprono nicchie a far spazio a libri e ceramiche – rigorosamente Ginori, emblema del grande Made in Italy che ormai Adriano ha fatto proprio come tanti suoi noti colleghi – tovagliati più corti a dare freschezza e una maggiore informalità, per una sala da pranzo che evochi eleganti ambienti domestici e che si mostri più accogliente anche grazie alla presenza di piante in vasi che si spostano in base alla disposizione dei tavoli, a fare le veci delle precedenti boiserie nel fungere da séparé tra i vari ambienti.

staff ristorante tordomatto
Un nuovo assetto che è dunque sintomo di una nuova partenza, è il riflesso di una maturità di pensiero che si fa profondo e coerente e che dà i suoi migliori frutti nel nuovo menu, in corsa dalla metà di ottobre, e in continua progressione, parola che sempre più identifica il modus di chef Baldassarre.

I Piatti

Oltre alla carta, la nuova stagione propone tre menu degustazione: Tra-dizione in Progressione (12 portate a 90 euro), Sotto Suolo (8 portate a 70 euro), Sapori in Libertà (10 portate di cui 2 antipasti, 2 primi e un secondo a scelta dalla carta, a 110 euro), ognuno con un percorso ben scandito ed esaustivo.



Una nota a parte la merita la carta dei vini, anzi, “Quaderno di cantina”, frutto della passione e della cultura umanistica del maître e sommelier Simone Romano, perfetta sintesi liquida della ricerca della cucina, suddiviso in varie sezioni – ognuna introdotta dall’immagine di un’opera d’arte, per lo più ispirata alle raffigurazioni futuristiche di Depero: Aperitivi, Sospiri (ovvero il bicchiere di vino secondo la terminologia delle antiche osterie romane), Urbi (vini laziali) et Orbi (vini dal resto del mondo), Vini Mossi, Vini bianchi, Rosati, Rossi e dolci, tutti suddivisi per regione, in cui domina il territorio italiano, fatta salva un’accurata selezione di champagne.


Il menu di punta, Tra-dizione in Progressione, è la dichiarazione d’amore di Adriano per la città eterna, e si configura come una sorta di mappa ideale che si dipana tra le coordinate spazio-temporali con il filtro di un’indagine storica e antropologica a suggellare una narrazione che si situa a metà tra l’epica virgiliana e la prosa contemporanea. Un desiderio che si esaudisce nel dimostrare quanto la cucina di oggi sia la risultante di una stratificazione di storie e culture, soprattutto popolari, lontano dai centri del potere, in una quotidianità che è mescolanza e contaminazione. 11 portate in cui Adriano ci prende per la gola e per mano attraverso varie tappe di una geografia del gusto, con parametri ben definiti e riconoscibili in ogni piatto intitolato a una strada o a un quartiere romano. Panisperna è l’incipit di questa escursione, anello di congiunzione tra la Roma antica e attuale, il cui etimo si potrebbe far risalire a quel pane e prosciutto, donativo dei giochi circensi, che compare oggi nel piatto in forma di bignè, con composta di fichi e royale di foie gras, elemento apparentemente esotico, ma in verità già conosciuto dagli antichi, citato da Apicio nel De re Coquinaria, e persino testimoniato dai geroglifici egizi raffiguranti delle oche nell’atto di essere ingozzate di cibo.

Panisperna
Svojature - Castelli Romani
Le svojature (i piccoli bocconi che aiutano a ingannare l’attesa e che a tratti celebrano l’epopea del primo Tordo Matto a Zagarolo) raccontano della zona dei Castelli Romani – perché è in questi luoghi che il mito situa la fondazione di Alba Longa per mano di Ascanio, figlio di Enea – con il cibo che si mangia nelle taverne e nelle fraschette (locali tipici con vino alla mescita): le olive cotte al forno, la coratella, il crostino con la provatura e la panzanella.


Mito e storia sono ancora i leit-motif nel Viaggio di Enea in cerca di fortuna, nella Tiella omaggio a Gaeta, il cui toponimo richiama la nutrice di Enea, qui sepolta, con un piatto emblema come la tiella con scarole, alici e olive, cui Adriano ha aggiunto la burrata a dare cremosità. Un percorso di avvicinamento a Roma e alla romanità che prosegue con le Isole Pontine, il cui piatto più rappresentativo è il coniglio alla cacciatora, già signature dello chef fin dai tempi di Zagarolo cui si sono aggiunte nel tempo le suggestioni orientali delle spezie.


L’ingresso in città avviene con Trastevere, il quartiere più popoloso e popolare, re della tradizione culinaria del quinto quarto che Adriano coglie e restituisce alla contemporaneità in maniera progressiva con la lingua di vitello in salsa verde e crocchette di patate.


Ripa Grande, rione del fiume con il suo porto verso cui anticamente convergeva il cibo dalla campagna e dal mare, è giustamente sintetizzato nella minestra di broccoli e arzilla, piatto popolare, ignorato da nobili e dagli ebrei, poiché la razza non è cibo kosher, qui riproposta dallo chef in forma di raviolo ripieno di broccolo in brodo di arzilla e torta fritta di pecorino.

Suburra
Il passaggio successivo è a Suburra, quartiere del malaffare situato tra l’Esquilino e l’odierna Termini, il cui emblema è la penna alla puttanesca, uno dei signature cui Adriano ci ha già abituati, le cui origini si fanno risalire a un piatto analogo cucinato in un’osteria di fianco a un casino di piacere.

Rione Regola
Da lì si arriva al Rione Regola (ex Campo Marzio) con la chiesa di san Bartolomeo dei Vaccinari (gli allevatori di vacche che poi ne macellavano e vendevano le carni tenendo per sé gli scarti, tra cui la coda) che si fa emblema della Polpetta di coda alla vaccinara, piatto storico che con la julienne di sedano crudo è da quasi 15 anni un segno di riconoscimento dello chef.

Testaccio
Il viaggio continua senza prender fiato, si viaggia nel tempo a scoprire antichi quartieri, ognuno con usanze specifiche, come Testaccio coi suoi mattatoi e rappresentato a tavola dalla vitella con i funghi, piatto della memoria collettiva che Adriano estrapola dalle osterie affinandolo e rendendolo minimalista.

Lungotevere
Prima del rush finale, è obbligatoria una sosta sul Lungotevere al chioschino della grattachecca, la tipica bevanda rinfrescante dei romani, a base di ghiaccio grattato (diversa quindi dalla granita) imbevuto in sciroppi, e il gusto più storico è il lemoncocco, con succo di limone, pezzettini di cocco e cubetti di scorza di limone, specie la parte bianca.

Portico d'Ottavia
La gita romana giunge al termine con dolcezza e già un pizzico di nostalgia a Portico d’Ottavia, una delle zone che delimitano il ghetto ebraico e in cui ancora si tramanda la tradizione dei dolci poveri da forno, come la crostata di ricotta e visciole, e della challah, il pane dello Shabbat che Adriano ripropone a forma di rosa, caldo, da abbinare al burro montato alla vaniglia e alla marmellata di arance, una triade inseparabile che unisce nella memoria collettiva il ricordo d’infanzia e il tradizionale breakfast inglese, e come gesto di goduria estrema lo zabaione al marsala Vecchio Samperi.

In questo susseguirsi di portate in cui il cibo si fa sineddoche sensoriale di una moltitudine di luoghi emblematici sia dal punto di vista storico che personale dello chef, si compie un viaggio di ri-scoperta unico e sicuramente attraente anche dal punto di vista intellettuale, in una narrazione multisensoriale che spazia dall’archeologia del cibo al mito alla religione all’antropologia, abbracciando usi e costumi e aneddoti, a rafforzare il concetto di cibo come cultura.

Fotografie di Lido Vannucchi

Indirizzo

Ristorante Tordomatto

Via Pietro Giannone n 24 – 00195 ROMA

Tel. +39 06 69352895

Mail info@tordomattoroma.com

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