Trattorie e Osterie

La Bottega del 30. La narrazione di un luogo attraverso l’amore e la resistenza di Helene Stoquelet

di:
Sara Favilla
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“Ecco il 30!” dicevano affacciandosi alla finestra quando una volta al mese arrivava il venditore ambulante a mostrare la propria merce dalla bottega

La Storia

Il percorso di Helene Stoquelet


Ed è qui, tra queste colline chiantigiane, in particolare a Villa a Sesta, che nei primi anni 80 arriva una giovane francese direttamente da Parigi, Helene Stoquelet, studentessa che grazie a una borsa di studio della Sorbona si stabilisce a Siena e si guadagna da vivere insegnando lingua francese all’università. L’incontro folgorante con Franco Camelia, orafo senese dal temperamento istrionico e affabulatore, le è cruciale per decidere di restare. Di più, è il motore che accende una nuova luce nella vita di Helene. E così come l’amor move il sole e le altre stelle, i due giovani innamorati, sognatori anticonformisti, abbandonano la città per costruire un progetto proprio in quella campagna allora così lontana e apparentemente dimenticata dalla civiltà. Un percorso fuori dagli schemi che li porta a fissare la loro nuova vita a Villa a Sesta, un paesino di pochi abitanti, tutti anziani.

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Quando siamo arrivati qui abbiamo trovato questa vecchia stalla, nessuno voleva darci credito, ci prendevano per pazzi. Qui c’erano solo vecchie famiglie e nessuno voleva aiutarci. Franco, con un anziano muratore, ha ristrutturato questo luogo da solo. E è stato così che a un certo punto mi ha proposto di aprire un ristorante. E io ho risposto: Perché no! Ma non ero una cuoca, non sapevo da dove iniziare. È stato a questo punto che è successo il miracolo: tutte le donne anziane del paese si sono unite a noi e hanno trascorso mesi al mio fianco a insegnarmi i segreti della loro cucina, dalla scelta delle materie prime, alla preparazione dei colli ripieni, gli arrosti, le paste fresche, fino alla trasmissione di tutte le proprie ricette. Nello stesso tempo i loro mariti non stavano certo a guardare, ma si mettevano ai bordi delle strade con un fiasco di vino in mano e fermavano i passanti invogliandoli a fare una sosta e a venire a mangiare da noi. Devo tutto a loro, la Bottega del 30 oggi è ancora molto legata al paese e ai suoi abitanti, in qualche modo è come se questo progetto in realtà fosse loro, per una sorta di orgoglio nel trasmettere qualcosa che non doveva morire”, racconta Helene con emozione. E in effetti viene quasi da pensare che i paesani abbiano visto in lei la possibilità di far rivivere questo luogo consegnandole in eredità le proprie usanze e conoscenze, e a ben vedere se oggi Villa a Sesta è un borgo in cui la ristorazione ha un respiro alto e internazionale, molto lo si deve a quello che Helene è riuscita a costruire nel rispetto di quanto ricevuto dalle persone del luogo.

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Era il 1987 quando tutto ciò ha avuto inizio, e Helene Stoquelet, trentenne parigina che fugge dalla città e come un’anguilla montaliana risale la corrente per istinto riproduttivo, è l’emblema di una storia d’amore e resistenza che trova nel cibo il miglior coronamento, e che da 30 anni custodisce il suo habitat e alimenta il suo progetto aprendo ogni giorno le porte della sua casa, narrando un luogo e i suoi abitanti, ma anche trasmettendo un amore vivo e profondo per un uomo che ha cambiato per sempre il corso della sua vita, trasformandola in una cuoca di successo. Una visione certo romantica che contribuisce a fare della Bottega del 30 un luogo mitico e cristallizzato nel tempo, ma Helene è donna forte e determinata: “Le donne del paese mi hanno insegnato i sapori e i segreti della loro cucina, ma sentivo che avevo bisogno di tecnica, e così trascorrevo le mie ferie in scuole e ristoranti a Parigi e in Francia a imparare le basi, per poi fare ritorno qui e coniugarle con le ricette toscane, sotto lo sguardo severo di Franco che spesso bocciava i miei slanci fuori dai binari della tradizione indigena”.

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E negli anni 90 il turismo nel Chianti inizia a farsi cosa seria, la rivalutazione del territorio porta il rifiorire di antichi borghi, arriva la ricchezza e la fama, ma la Bottega del 30 resta fedele a se stessa, Helene organizza una scuola di cucina e tour enogastronomici dai suoi produttori e amici, oltre al primo bistrot toscano, il Caffè Camelia. È anche per questo che nel 1997 arriva la prima stella Michelin, a 10 anni dall’apertura, con una lettera di congratulazioni di Gualtiero Marchesi, a suggellare e ripagare di tanta dedizione e sacrificio; un riconoscimento per una cucina che si fa testimone di un luogo salvaguardandone i sapori e i gesti antichi che giungono intatti fino a oggi.

Helene e Nadia<
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L’arrivo nel 2011 di Nadia Mongiat, attuale executive, non costituisce una cesura col passato, ogni giorno è a fianco di Helene che le trasmette con passione quanto ricevuto dalle anziane, in un continuum armoniosamente matriarcale, consapevole che la giovane Nadia è una professionista di alto livello e con un grande spessore umano. E i parallelismi con Helene non mancano. Arrivata a Villa a Sesta per amore, poco meno che trentenne, Nadia è una friulana caparbia che ha lavorato per sei anni come sous chef di Antonio Guida al bistellato Pellicano. Fin dal primo momento in cui ha messo piede nella cucina della Bottega, ha imparato a coniugare la sua polenta friulana con quella toscana, a grattarla sul fondo della pentola, là dove i sapori sono più densi, facendo sì che la memoria personale e quella acquisita siano meno distanti.

I Piatti

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La cucina della Bottega del 30


è oggi una sommatoria di ricordi, materie prime, sensibilità e intelligenza nel dosare la tecnica, ma soprattutto il piacere del gusto e il rispetto dei sapori. “Il cibo deve essere buono, la bocca deve essere contenta e la testa provare emozioni. Faccio parte di questo paese a tal punto da non potermi permettere di stravolgerne i sapori, camminando tra i vicoli dalle finestre aperte sento i profumi che si spandono dalle cucine. Sono queste le mie fonti d’ispirazione, faccio mio quello che trovo qui, aggiungendo l’esperienza e l’eleganza che ho acquisito con lo studio”.

Appetizer - Neccio con ricotta e chip di patata viola<
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Il benvenuto è un neccio, sorta di crêpe tipicamente toscana a base di acqua e farina di castagne, ripiena di ricotta, prosciutto, erba cipollina, abbinata a una chip di patata viola e a un cocktail Bellini con spumante in forma di granita – “abbiamo trovato delle pesche tabacchiere e non potevamo che valorizzarle al meglio in questo aperitivo”.

Chiocciole gratinate con dragoncello<
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Vero proprio piatto signature sono le chiocciole, di chiara ispirazione classica, cotte nel burro e servite nel guscio alla bourguignonne, ma senza scalogno e prezzemolo, bensì nella variante locale come le paesane dettano, con il dragoncello e un’iniezione di grappa, il tocco personale della chef a sgrassare, servite su un’insalatina di radicchi amari, in una presentazione d’antan che sfida ogni moda e mantiene immutato il fascino senza tempo.

Fegatello con zuppa di toscanelli e farro<
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“La memoria di un popolo trasferita nelle mie mani” potrebbe essere il sottotitolo del piatto dei Fegatelli di maiale con zuppetta di fagioli toscanelli e farro, in cui Helene si fa tramite di un baluardo della cucina di una volta e le esigenze della contemporaneità, per renderlo atemporale e trasversale. La lavorazione del fegatello, di cui si sceglie la parte centrale, avvolto nella rete, è moderna nella cottura al forno e la successiva conservazione nello strutto che lo mantiene tenero e dolce come se fosse confit, in un incontro ideale tra Italia e Francia, per cui consistenze e sapori elevano un piatto della tavola quotidiana toscana al rango di un foie gras della regalità d’oltralpe.

ravioli di piccione<
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Tra i primi piatti, da sempre in carta i Ravioli di piccione con pesto di maggiorana e fondo di cottura, evoluzione della versione originaria in cui compariva il pesto di uvetta e pinoli. L’involucro di pasta fresca, sottile e non invasiva nell’imporre la presenza dell’uovo, è strumentale ad avvolgere ed esaltare il ripieno, il piccione cotto in forno con la salvia e i suoi fegatini, quindi disossato, insaporito in padella con il suo fondo sgrassato e condito con un pesto aromatico che dà freschezza ed eleganza.

Pappardelle Senatore Cappelli con ragù d'anatra e finocchietto<
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In nome dello scarto zero, oggi tanto di moda, ma valore imprescindibile da sempre in tutte le cucine di casa, le Pappardelle con ragù d’anatra nascono dalla necessità di riutilizzare un avanzo di anatra al forno, ed è così che la pappardella di farina senatore cappelli, molto diversa dalla cugina emiliana in quanto più morbida e sottomessa al suo abbinamento, si impregna lasciva del sugo di anatra porchettata con finocchietto, per un piatto in cui sostanza e concretezza sono sinonimo di eleganza, in un equilibrio perfetto per cui nulla è lasciato al caso ma ogni ingrediente è perfettamente riconoscibile nella coralità dei sapori.

Raviolone ripieno di ricotta, spinaci e rosso d'uovo in salsa di tartufo delle Crete Senesi<
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La fama della Bottega del 30 è giustamente dovuta al Raviolo tartufo e uovo, un unico raviolo che troneggia nel piatto a mo’ di forziere che con il taglio della forchetta fa sgorgare il suo oro liquido: ricotta, spinaci e tuorlo incontrano la salsa di tartufo saltato in padella con l’acciuga – in Toscana da sempre l’acciuga è l’insaporitore per eccellenza e abbinata al tartufo ne esalta le note profonde di terra. Un piatto che è goduria succulenta, un omaggio alla regalità di Bergese, maestro indiscusso nel sublimare l’uovo in pietanza raffinata, e che ha trovato degna erede nelle mani sapienti di Helene.

 Faraona disossata con bieta su crema di pane<
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Agnello in due cotture - Costoline alla scottadito e coscia brasata al forno con gelato al dragoncello<
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Tra i secondi è il trionfo del cortile nella faraona disossata, farcita con biete e salsiccia, abbinata a una crema di pane, taccole e cialda di polenta essiccata, a dimostrazione che in cucina si incrociano e si sposano ingredienti e gesti che trascendono coordinate geografiche o sovrastrutture mentali, per cui non importa si è toscani, francesi o friulani, quel che conta è il gusto e l’appagamento dei sensi. Sullo stesso principio poggia anche l’agnello in due cotture con polenta bianca, gelato al dragoncello, fondo di cottura e patate al forno, in cui ogni taglio di carne ha la sua cottura per esaltarne al meglio la consistenza e la succulenza.

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 Torta al cioccolato fondente della nonna di Helene<
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Il fine pasto è forse l’inizio di questa bellissima storia, come testimoniato dalla fotografia in bianco e nero sulla copertina del menu. Il viaggio alla Bottega del 30 inizia e finisce così, con l’immagine di Minou, la nonna di Helene, suo punto di riferimento da bambina come da adulta, amante della cucina e dell’Italia, quell’Italia che non ha mai visto ma che oggi possiede una parte di lei, la sua torta al cioccolato. Un dolce che Helene ha imparato dalla nonna, una torta senza farina con uova e cioccolato, la cui semplicità ha attraversato 100 anni di storia e mille e mille chilometri, senza mai subire modifiche, fedele alla bontà originaria e alla memoria familiare, quella stessa memoria che Helene Stoquelet coltiva da sempre, mantenendo vivi i suoi cari – il marito Franco, la nonna Minou, le anziane del paese e tutte quelle persone che hanno lasciato un segno nella sua vita – raccontandone con emozione sapori e gesti.

Fotografie di Lido Vannucchi

Indirizzo

La Bottega del 30


Via di Santa Caterina n 2 - 53019 Castelnuovo Berardenga (SI)

Tel. +39 0577359226

Mail info@labottegadel30.it

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