Dal 2018 il cocktail restaurant Fior di Sale è il salotto dei bolognesi nel cuore della città: aperto fluidamente dal brunch all’after dinner, passando per business lunch e aperitivo, si giova dell’expertise dello chef Alessandro De Agostini e del barman Salvatore Castiglione, autore di una carta di signature oltre i classici affinati in anfore mignon.
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Il locale
Dici Bologna e pensi tortellini, lasagne, ragù, cotoletta alla petroniana se la fantasia sovrabbonda. Un repertorio procusteo, che per tanti anni ha tarpato la ristorazione nella città dotta e grassa, ermeticamente chiusa al paradigma Michelin e non solo. Ora le cose pian piano stanno iniziando a cambiare in un centro che pullula di turisti stranieri, dove fra tavolini carichi di Lambrusco e Mortadella sui taglieri si va insinuando qualche idea ostinata. Il posto che ha cambiato il modo di bere dei bolognesi, per esempio, è Fior di Sale, spazio multidimensionale aperto nel 2018 nella centralissima via Altabella, praticamente ai piedi delle Due Torri e a un passo da Piazza Maggiore.
Inizialmente doveva trattarsi di un cocktail bar, poi nel 2019 i titolari Stefano Duò e Nicola Annis hanno rilevato l’esercizio adiacente e variato il concept in bistrot con cucina o cocktail restaurant. Già dirigente d’azienda e f&b per importanti catene della ristorazione internazionale, Nicola aveva idee ben precise: non voleva l’ennesimo tradizionificio turistico, né l’improbabile telefono senza fili di qualche cucina asiatica o sudamericana. A sposare i cocktail doveva essere una proposta mediterranea in senso lato, dove il mare nostrum fosse spazio movimento fra robuste culture.
Stefano, dal canto suo, ha concepito lo spazio in chiave contemporanea: una scatola dai cromatismi europei e dal design pregiato, essenziale ma imprevedibile grazie al lussureggiare dei vegetali. Pensata come un libro, capace di raccontare più storie nello stesso momento, è diventata il salotto dei bolognesi in centro città, aperto ininterrottamente dalla tarda mattinata alle ore piccole, con una proposta che senza soluzione di continuità mette in fila aperitivo, business lunch, cena gourmet e after dinner.
Ci si può sedere nel dehors, in uno spazio aperto e pur tuttavia esclusivo e personale, nei tavolini del bar e in quelli più pacati delle due salette, ma c’è anche uno esclusivo chef table davanti alla cucina per i più curiosi e appassionati. Ed è in dirittura d’arrivo un nuovo ambiente privato, con postazione barman, dove verranno tenuti piccoli eventi esclusivi dove cocktail e cibo si abbracceranno per un’esperienza unica.
Il team e la proposta gastronomica
La vera forza di Fior di Sale, però, è la squadra. È stato lungamente corteggiato lo chef Alessandro De Agostini, passato per Villa del Quar ai tempi gloriosi di Bruno Barbieri e il rimpianto Don Giovanni di Marco Merighi e Pierluigi Di Diego, poi timoniere dell’Osteria Bartolini di Bologna per sette anni.
La sua è una cucina stagionale e di prodotto, immune dalla banalità del déjà-vu come da qualsivoglia forzatura. Prende le mosse dal trionfo delle mezze arabeggianti, che possono essere selezionate singolarmente in antipasto o disposte a centrotavola per un pranzo conviviale nella formula “Viaggio nel Mediterraneo”.
Salpano per sponde contrapposte: il Medio Oriente dell’Hummus di ceci con battuto di pomodorini e coriandolo, il Veneto del Baccalà mantecato con chips di polenta alle erbe, la Sicilia della Caponatina di melanzane, la Grecia della Feta al forno con miele e timo, il Libano dell’Involtino di pasta fillo con spinaci, uvetta, pinoli, sommacco e salsa di yogurt e finocchietto, la Spagna del Pan tomate abbinato a jamon serrano e chorizo.
Più creativi i piatti, che spaziano fra carne, pesce e vegetale. Per esempio, il battuto di gamberi con pesto di basilico, pomodorini confit e briciole di pane al profumo di crostacei e lo spaghetto con salsa di datterini gialli, cipolla di medicina e battuto di tonno, divertissement sullo spaghetto bolognese codificato al pesce (e non al ragù).
Ma ci sono anche il calamaro alla salsa siriana muhammara di peperoni e noci e il carpaccio di sedano rapa alla chermoula marocchina, a base di limone, cumino e coriandolo.
Già i miei maestri mi avevano trasmesso una forte impronta mediterranea, nella materia e nella concezione del piatto; poi stimolato da Nicola, essendo da sempre curioso di esotismi, ho iniziato a studiare, andando fuori a mangiare e leggendo libri. La nostra è una cucina mediterranea improntata alla convivialità, con prodotti il più possibile nostrani ma anche esotici, come le spezie. Il nostro fine è creare armonia al tavolo; poi l’abbinamento con i drink rappresenta una piccola sfida supplementare, per uscire dal cliché del vino e creare altri momenti divertenti attraverso bevande create dall’uomo, come il piatto.”
I drink
I cocktail, poi, portano la firma di un fuoriclasse, attivo da tempo in città: il siciliano Salvatore Castiglione, barman in smoking anche qualora dovesse sfoggiare bermuda e t-shirt a Copacabana. È autore di una carta tripartita: da una parte i signature, drink creativi ispirati ai venti, come Maestrale, Scirocco, Eolo e Zefiro, che contengono, oltre a vini e distillati, tè, cordiali, schiume, soda aromatizzata e infusi in bilanciamento impeccabile; dall’altra i grandi classici, eseguiti à la minute o affinati in piccole giare, al posto delle botticelle di legno.
Per esempio, l’Hanky Panky di Ada Coleman, levigato da oltre venti mesi nella terracotta. Ma anche il Negroni al rabarbaro e classico, il Milano Torino e il Boulevardier. La capacità attuale è di 10 litri (ma ne arriveranno di maggiori), con rabbocco dai 30 giorni in su, tipo solera, e diversi periodi di ossigenazione, che regalano aromi e in generale una diversa apertura. Poi ci sono amari e cordiali della casa, nati scoprendo fragranze come la galanga, sorta di zenzero in uso soprattutto nella cucina francese ed asiatica, da cui è partita l’idea della liquoristica.
Sono seguite artemisia, corteccia di china, camomilla romana e genziana, nonché botaniche coltivate in larga parte nel giardino con serra di Castiglione, elaborate in vari modi e utilizzate nei cocktail o quale assaggio del laboratorio offerto agli ospiti. L’imperativo è il no waste, attraverso la valorizzazione di bucce e scarti sia della cucina che dei miscelati. Per esempio, su una tartare si beve un cordiale di buccia di mango e pepe, su una battuta di barbabietola il suo sciroppo in sour con base ginepro e menta fresca.
INDIRIZZO
Fior di Sale
Via Altabella 11D- 40126 Bologna
Tel: 051 281 2980