Dove mangiare nel Mondo Top Chef

Tatiana: ecco il ristorante n°1 di New York dove prenotare è una mission impossible

di:
Andrea Petrini
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copertina tatiana

Per cortesia, non chiamatela cucina d’autore: è invece uno stile eccedente i soliti geografici confini, quello di Tatiana, il ristorante più hype di NY. Fra prenotazioni impossibili, perfoming arts e la ricchezza della cultura afro-americana, siamo riusciti a scoprire di più sull’insegna di Kwame Onwuachi.

La Vox Populi lo spaccia come il miglior ristorante di New York. E’ nel residenziale Upper East Side, a due passi da Central Park, e noi, per dirla tutta, baratteremmo mamma e nipotini pur di averlo sotto casa. Tanti ci avevamo messo in guardia. Attenzione, così a stretto ridosso a prenotare di sicuro non ce la farai.  E’ il più ambito di Manhattan e dei 50 Stati Disuniti, sold out sul sito sino all’anno venturo. E anche: da Tatiana non fanno mai favori a nessuno. Zero inviti e anche meno salamelecchi alla stampa scritta. Resta l’opzione del walk in, ma la gente fa la fila per ore, i posti sono una manciata. A mali estremi, estremi rimedi: interpellammo allora dei fiancheggiatori potenti e famosi.

Interiors Designed by Modellus Novus Photo by Adrian Gaut Courtesy of Lincoln Center and Modellus Novus 2
Design ambienti di Modellus Novus -Foto di Adrian Gaut -Courtesy of Lincoln Center and Modellus Novus 

René Redzepi: “Ci provo ma io stesso non ci riuscii mai”.

Alberto Landgraf: Ho smosso cielo e terra, non solo per te, ma anche per me: volevo mangiarci una sera durante il mio step over di tre giorni a NY sulla via dei 50 Best a Las Vegas. Peggio che andar di notte”.

Victoria Blamey , la grande solista di Blanca a Brooklynn, sembrò speranzosa: "La vedo difficile.  Provo a sentire il mio avvocato che è lo stesso che cura gli interessi di Kwame Onwuachi, lo chef di Tatiana”. Doccia fredda pure lì.

Avremmo dovuto prestare attenzione alla pulce nell’orecchio: non conoscevamo nessuno, nel nostro entourage prossimo o lontano, tra tutti quelli iscritti all’albo dei giornalisti col tovagliolo maculato sul grembo, che avesse già desinato da Tatiana a New York. Sapete pure voi chi sono, i soliti  abbonati ai viaggi stampa, valigia pronta per l’Asia, il Peru’ o per Dubai, sempre invitati alle cene a quattro mani o autoreferenziati su Instagram tra votanti delle gerarchiche liste. Proprio quelli che Pierre Gagnaire da lustri chiama i “pique-assiette”, gli scrocconi. Intorno a noi, vecchi o piccini, anoressici o gaudenti, masculi impenitenti o femministe signorine, tutti ribattevano: “Tatiana? Pare che sia straordinario, ma non conosco nessuno che ci abbia già cenato”.

tatiana sala
 

Neanche un vecchio amico newyorkese puro sangue, Adam Sachs, che Iddio gli renda merito, grande scrittore, giornalista di terreno e ex-caporedattore di Saveurs nonché il Deus-ex-Machina che alla fine riuscì a compiere il miracolo: “Fu complicato e non poco, però è sicuro, hai un tavolo martedì 18 giugno alle 7pm in punto. Attenzione, per non creare incidenti diplomatici, ufficialmente la prenotazione è a nome di Phil Baltz, il PR di Tatiana. Lo chef non è al corrente ma al ristorante sanno che in realtà sei tu. Con Phil, ho dovuto insistere, dirgli di che tempra sei e lui alla fine ha smosso mare e monti. Domani poi mi racconti davvero com’è”. Eccoci quindi, sbarbati ed esfoliati dopo la doccia, passata da poco l’ora della merendina, a chiederci: come ci si veste per Tatiana? Scartata la cravatta, scarpe di cuoio o no, ci vorrà la giacca scura di lana leggera o quella più estiva di lino stropicciato? Qual è lo standing vestimentario del ristorante? È un fine dining, e allora sartoriale rispetto.  O bisognerà farsi più smart casual come la ben poco eurocentrica cucina dello chef Kwame Onwuachi, che affonda a piene mani nei Caraibi della sua biogeografia affettiva?

Kwame Onwuachi Credit Evan Sung 3
Evan Sung

Magari ancora sconosciuto a Matera o nel retrobottega della Foresta Nera, il capo dei fornelli è un prestante trentenne, passato per i più grandi -il Per sé di Thomas Keller, l’Eleven Madison -, vincitore di contest televisivi che al momento di prendere d’assalto la Grande Mela seguì la dritta del suo ultimo mentore, Daniel Humm: “A New York, non replicare quel che esiste già. Cerca la formula innovativa, prendi la via giusta. Racconta la tua storia, chi sei, da dove vieni”.

Il ristorante

Ipso facto, ben prima dell’apertura di Tatiana, Kwame Onwuachi consegnò tutto in due libri poco inclini all’ortodossia editoriale: “Notes from a Young Black Chef” (2019) e “My America: Recipes” (2022) due volumi pensati e scritti per davvero, quindi non solo di ricette, che esplorano la sua diaspora culinaria cullata dell’infanzia nel Bronx, matrice dei suoi due primi ristoranti aperti a Washington DC, Bijou e Kith/Kin. Un festival di ricordi personali, d’esperienze vissute sulla propria pelle, tra sovvenenze biculturali, col papà per metà nigeriano e l’altra giamaicano, crescendo in un habitat d’influenze tra vicini di casa Dominicani, Indiani e Portoricani. Un viaggio introspettivo che il laureato della James Beard Foundation racconta, con dovizia di dettagli, contribuendo all’identitaria definizione d’una cucina eccedente i soliti geografici confini. Per cortesia, non chiamatela d’autore. Kwame pare non abbia il rictus dell’ego. Lo spessore culturale dei suoi sapori ne fa volentieri a meno, la storia personale tende semmai al collettivo. E questo, senza alcun ricorso allo story telling, non ce n’è bisogno, perché inserita in un contesto d’eccezione.

Kwame Onwuachi Credit Evan Sung 1
Evan Sung

“Tatiana” è il ristorante più hype di NY, un’emanazione del Lincoln Center, centro culturale e istituzione mondialmente celebre per la ricerca di fondo sulla ricchezza della cultura afro-americana. Laboratorio multimediale, cinema, musica, balletto, opera, performing arts: è al Lincoln Center che da lustri il trombettista Wynton Marsalis anima l’omonima orchestra jazz.  È qui sul suo spianale che il 18 giugno alle 6h45pm attraversiamo, con 35° all’ombra inesistente, l’installazione sonora di Nona Hendrix, vocalist che molti si ricorderanno al fianco dei Talking Heads all’epoca delle tournée mondiale di Remain in Light. Insomma, l’ubicazione di Tatiana, la scelta del suo chef, del progetto più culturale che meramente culinario, tutto è eccetto che meramente casuale.  Per dar voce alla frastagliata cultura d’una larga fascia della popolazione, e riflettere a tavola cosa significhi essere Black oggi, negli US, in questa epoca di contrasti politici e sociali (con l’incognita delle elezioni di novembre alle porte, aggiungiamo noi).

Tatiana Cucina kohshinfinley
@kohshinfinley

Ma riprendiamo: scelta la parure -giacca scura, pantaloni pied-de-poule, camicia vichy e baskets Santoni di cuoio bianco – spingiamo infine la porta di Tatiana. Accesso che assai difficile da trovare é. Non ci sono grandi insegne, cerchiamo invano il magico sesamo, dapprima provando al Lincoln Center, poi smistati di fronte, adocchiamo la dissimulata porta a vetri. Nel mini-boudoir che ci accoglie, l’ambiente è soffuso, i toni balsamici dell’arredo, lo schiamazzare contenuto del pubblico nella sala appena passato il corridoio.  E già la musica funky che arriva sotto i decibel ai massimi livelli. L’aria condizionata spinta a fondo, iniziazione al polo nord (oltre alla maglietta della salute, non fate l’economia della giacchettella) potrebbe raffreddare gli ardori, ma le due ragazze forse neanche ventenni dietro il desk, son vestite sgargianti con un etnico tartan ad hoc. E sorridono, complici, al nostro: “Buona sera, c’è una prenotazione per due a nome di Phil Baltz” rispondendo “Certo, un secondo solo che controlliamo se il vostro tavolo è pronto”. Di lato, alla destra del corridoio, nella saletta privata sbarrata da due spilungoni con occhiali scuri in doppio petto, c’è magari un super VIP. Ma nella pièce principale dove troneggia l’indaffarata cucina a vista, siamo tutti delle celebrities.

Interiors Designed by Modellus Novus Photo by Adrian Gaut Courtesy of Lincoln Center and Modellus Novus
Design ambienti di Modellus Novus -Foto di Adrian Gaut -Courtesy of Lincoln Center and Modellus Novus 

Fa piacere vedere una platea così inclusiva per età e estrazione sociale. C’è il tavolo con cinque ragazze di colore al loro terzo cocktail, quello da due -lui di Taiwan col pantalone cargo e canottiera di satin, lei latino-americana con i tacchi alti e il vestito da sera- e più in là una famiglia black, il papà, la mamma e tre adolescenti, che schiumano in extenso l’offerta del menu. Accanto a noi notiamo una super-Senior, ben acchittata per desinare col quarantenne nipotino, assai distinto nel suo blazer blu per far piacere alla nonna, che magari un giorno gli lascerà in eredità il grande appartamento affacciato su Central Park. Insomma, che piacere d’essere in una bella sala dove tutte o quasi le età e categorie sociali sono rappresentate, dove non c’è uniformità né obbligo d’appartenenza ad una casta unica. A cominciare dal locale stesso, numero Uno assoluto sulla classifica dei 100 ristoranti preferiti del critico del New York Times Peter Wells. Ma tuttora scevro della spada di Damocle della stella Michelin. E persino assente dalla scala mobile dei 50 Best. Una zona franca quindi, senza le ingiunzioni morali della pubblicistica mondiale, dove vieni in conoscenza di causa -a condizione di trovar posto- perché qui il libero arbitrio è garantito a tutti i cittadini.

Kwame Onwuachi Credit Evan Sung 2
Evan Sung

L'esperienza

Da quanto immemore tempo sognavate pure voi d’un ristorante senza la forca caudina del menu degustazione? Dove non vige il tacito obbligo di discutere a vanvera con lo chef, onnipresente terzo incomodo e commesso viaggiatore di tavolo in tavolo. Tanta sostanza e poche ciance: otto antipasti (detti starters da condividere) e sei piatti (che gli americani persistono a chiamare “entrées”). Oddio, noi ordineremmo tutto, questo mondo e quest’altro, compresi pure i cinque dessert. Ma l’angelo custode della serata non è d’accordo. Ve lo presentiamo, si chiama Neo (come il Keanu Reeves di Matrix), pantalone scuro e giacca attillata, ha il sorriso malandrino e la cadenza sonora dalle lunghissime vocali lunghe del sud della Carolina, una melliflua gutturalità (“Buonasera Ma’m”)  ricordante il  giovane Matthew McConaughey ai suoi esordi.

-So che è la prima volta che venite da Tatiana

- Fosse stato più facile saremmo arrivati anche prima.

- Faremo del nostro meglio per la prossima volta. Nel frattempo, volete la carta dei cocktail prima ancora di studiare il menu?

-Si volentieri, l’abbiamo già spulciato su Internet, ma come funziona?

tatiana piatto 2
 

- Ma’am …è assai semplice, gli antipasti son concepiti per essere condivisi, uno a testa, al massimo tre per due, perché poi i piatti stessi sono conseguenti, di certo non in porzione degustazione.

- Quindi possono essere condivisi pure quelli?

- Absolutely Ma’am...

Diventa più chiaro sorseggiando un Tatiana Gin Tonic dalle sfumature squisitamente erbacee e uno Spicy Margherita di buon effetto savoury, col sale a rimbalzare sul Japaleno (18 $ cadauno) . Intorno a noi il vociare è gioioso, accompagnato dal ticchettare di forchette e coltelli affondanti in porzioni generose se non debordanti. Il gigantesco Mom Duke Shrimp servito intero con la sua brioche e burro creolo sconfina, come noi con i piedi fuori dal letto, dalla circonferenza della scodella. Adocchiamo en passant il pollo arrosto Shawarma col Riso all’agnello e curcuma, da fitta al cuore. E pure, interdetti, tanta gente partire con un pacchettino stretto contro il grembo. Chi? Il tavolo in fondo col suo quartetto maschile di black di mezza età. Persino, più vicino a noi, la matriarca dell’Upper East Side col nipotino. E addirittura la coppietta del tavolo di fianco, lui abbracciando lei e lei il suo doggy bag. Fermate il mondo, che magari scendiamo: o siamo noi dei senza fondo o sennò da quand’è gli americani vanno al ristorante anche senza fame? Da Tatiana il cibo è squisito, la sala ideale per socializzare, ma spiegateci voi: a che pro andare al ristorante per non mangiare?

tatiana Short Rib Pastrami Suya Made with Wagyu Short Rib Caraway Coco Bread Melted Red Cabbage infatuation nyc
 

-Forse è troppo, Ma’am…

- Sarebbe a dire?

-Quattro antipasti per due mi sembra eccessivo. Dipende dal vostro appetito, io ve ne consiglierei non più di tre.

- Quali? Noi da qui non ci spostiamo senza aver assaggiato gli Okra croccanti (16$) con miele, mostarda e salsa “peppa” che immaginiamo ben pepata

-Ottima scelta, Sir

- E i Dumplings di egusi al granchio (22$) ce li consiglia?

-Fan parte dei signature dello chef.  Direi proprio di si, Ma’am

-E tra le Galettes di montone con aioli e chutney di mango (27$) e e il Tonno macellato con yozu, ricotta e chicharrons di gamberetti, lei che dice?

-Ottimi tutte e due, io sarei più per i patties….

Tatiana The Curried Snow Crab with Calabrian chili coconut milk and finger lime
 

E cosi’ sia. Uno più buono dell’altro, cotture millimetriche, leggerezza e profondità del gusto sempre intelligibile. Sapori d’altrove, tra ricette famigliari e rielaborazioni transculturali. Niente di gratuito, d’approssimativo. Tatiana è una meraviglia di brasserie d’alto ceto e d’ancora più d’altissimo livello: della Haute Cuisine fatta per tutti. Guardiamoci attorno non c’è una faccia smorta, un’afasica coppia, neanche uno col musone, tutti hanno l’aria di contraddire l’Antonioni dell’incomunicabilità. L’aria è satura di good vibrations. Perché un ristorante così festivo altrove non c’è? Non a Milano, né a Londra e di sicuro neanche a Parigi o a Berlino. Chi non approverebbe una cucina ai massimi livelli con prezzi ancora contenuti per un’ottantina di coperti e tavoli rinnovati seguendo il ritmo della serata? Assomiglia e non poco a quel che un vero ristorante in fase con i tempi dovrebbe essere. Un luogo d’incontro, un’agora culinaria. E ci ritroviamo già a sbracciare per cogliere al volo l’attenzione di Neo. Che arriva trottando, incuriosito da tanta partenopea attanza.

Tatiana iri Piri salad Evan Sung
Evan Sung

-Non vorremmo complicarti la vita, se non è possibile nessun problema, ma saremmo ancora in tempo per ordinare un antipasto supplementare?

-Quale?

-Col tuo accordo, gradiremmo l’Hummous di fagioli all’agnello speziato (26$) con i pickles di uvetta sultanina e le crêpes magrebine?

-Volo in cucina a temporeggiare col il piatto successivo!

Nisciuno è fesso, Neo è gentile, si mette davvero in quattro perché negli Stati Uniti, di fatto, la mancia è obbligatoria. E il tip, se lo vuoi top, te lo devi sudare. Al cliente di valutare in coscienza la prestazione: 15, 18, 20 o persino un buon 22%. Noi, ambasciatori delegati della Vecchia Europa, militiamo per un salario garantito per tutti, e con l’abolizione del tip anche della schiavitù. Eppure, questa sera Neo la mancia se l’è meritata davvero. Non provò neanche a forzarci la mano, suggerendo una bottiglia più prestigiosa, più carestosa, quando consiglio chiedemmo per il Malbec Solar del Alma, vino naturale argentino d’une gradevole empatia. Perla rara, non è, lo trovate facilmente in bottega, meglio ancora su Internet, il prezzo varia dai 24 ai 30$ a bottiglia. Da Tatiana, locale d’alto rango, è tassato solo 59$, non crediamo ai nostri occhi, forse è la bottiglia meno cara repertoriata in  10 ben spenderecce giornate newyorkesi.

Tatiana Opening BTS KF 61
 

-E’ un vino sul frutto, più sottile che complesso. Dovrebbe andare bene anche sul vostro piatto principale.

Rettifica: sta bene su tutto. Quando un rosso non gonfia i pettorali né pretende al ruolo della primadonna, poco solista ma accorto accompagnatore, temperando meglio d’un Tempranillo, gli ardori delle spezie. Con l’Hummous di fagioli neri fila il perfetto amore, una gara a chi è più vellutato dell’altro. E quando arriva la Coda di bue brasata alle carote thumbelina (sono quelle rotonde, da mangiare meglio se non sbucciate) e purea di chayote -forse il signature più celebre di Tatiana- la comunione è perfetta. Un oxtail dall’imperfettibile lunga cottura (altro che gli orrori delle basse temperature), una texture da scucchiaiare ma che resiste bene al coltello. Fonde in bocca, masticata é anche meglio, sgrassata d’ogni eccesso (di salsa, di vino), non ti tedia al secondo boccone ma risveglia in tromba l’appetito. Tutto andrebbe per il meglio nel migliore dei mondi possibili se il side dish, dei Rice & Peas, soffice e croccante, un poetico inclusive tour ai Caraibi ma sognati da Harlem, non fosse cosi’ strepitosamente  eccezionale, da rivaleggiare quasi con la Coda di vitellone:  la ciotola per due finisce in ostilità coniugale a chi si aggiudica l’ultimo chicco di riso.

Tatiana black bean hummus brianabalducci
@brianabalducci
tatiana Pastrami Suya PC Evan Sung
 

Ed eccoci di nuovo a sbracciare per sollecitare il tempestivo Neo:

-Ma davvero volete un altro Rice & Peas?

Il bis della doppia porzione arriva poco dopo, più buona addirittura della prima, e giustamente tariffata (12$ per la doppietta, mai soldi furono meglio spesi). C’é gente nuova in sala, tra un’oretta arriveranno i mangia tardi poi quelli del dopo teatro. Il servizio, coreografico, carbura al massimo, tiene il polso della situazione. Sulla scala Mercalli dell’Alto Gradimento nessun cedimento all’orizzonte. I nuovi vicini, dei trentenni probabilmente degli habitué -lei Wasp, gli altri tre all Black- ordinano un piatto ciascuno e tutti gli antipasti da condividere, bissando poi e gli Okra e i Dumpling. Non siamo a teatro, il copione non è fisso, la vita, le voglie, la fame, la sete, i differenti portafogli, la temperatura esterna, i desiderata non previsti dal canevaccio innervano a loro piacimento il fluido svolgimento della rappresentazione. Ce l’eravamo dimenticati anche noi che un ristorante poteva assomigliare a tutto ciò. Una sorprendente botta di vita. Ma in conoscenza di causa anticipiamo già l’epilogo.

-Eventualmente un dessert, Sir?

- Certo, ma uno per due. Quale ci consiglia?

tatiana piatto 1
 

Ancora una volta Neo ha ragione. Il Golden Rum Cake (18$) e uva spina essiccata con panna al miele è una squisita cover del nostro Baba ma con una consistenza quasi da cheesecake. Applaudiamo, senza cedere alla tentazione d’un altro dolce. Torneremo alla prima occasione per il Brownie Cosmico all’acetosella e gelato di zucchero di Donut nonché tutto il resto. Ora che abbiamo il contatto privato di Phil Baltz, sappiamo dove trovarlo. Fra un po’ saremo usciti, in America, l’happy end -prevedibile- arriva a passi di gigante. Neo si avvicina, e con aria nonchalante ci fa:

-Un caffé? Un thé? Un’infusione eventulmente?

-No grazie, ci centelliniamo le ultime gocce del Malbec.

E sorridendo (“Sure, Ma’am…”) tira fuori dalla tasca destra del pantalone -come i coetanei suoi i profilattici ad ogni occasione- il conto già bello e pronto anche se non chiesto. Che siamo felicissimi di saldare. Negli US vige così, l’epilogo è sempre un po’ brutale, dal momento in cui smetti di consumare non si mettono i guanti bianchi. E lasciano perdere i preliminari.  Magari avremmo prolungato un pochino l’appagamento con un ultimo cocktail, un digestivo o whisky per accompagnare l’invogliante Harlem Chocolate Cheescake. Ma è il momento della mancia, delle fastidiose addizioni: il conto è di 274$, più 24,33$ di tasse locali al quale aggiungiamo con piacere questa volta il tip per un totale di 352,03. Mettici la commissione -9,20€ secondo il tasso di conversione a 1,0708- mai ci saremmo aspettati che 337,95 euro, una miseria per tanto piacere, potessero riconciliarci con l’idea di perseverare a frequentare i ristoranti.

Tatiana scontrino
 

La prima volta che incontriamo di persona Kwame Onwuachi, come minimo l’abbracciamo riconoscenti. Peter Wells aveva proprio ragione. Per quanto valga il nostro giudizio, è davvero il N°1 dei ristoranti di New York (ex-aequo con “Blanca” di Victoria Blamey, però). Un’ora e cinquantacinque minuti più tardi (la durata media d’un film), alle 20 e 55 in punto, attraversiamo di nuovo il piazzale del Lincoln Center. Fa ancora un caldo della malora, azzardiamo qualche passo per Manhattan con la lingua di fuori. Tra un’ora esatta, alle 22, inizia il secondo set del wonder saxofonista Illinois Wilkins che suona col suo quintetto al Village Vanguard. Basta chiamare un Über...

Contatti

Tatiana By Kwame Onwuachi

10 Lincoln Center Plaza, New York, NY 10023, Stati Uniti

+1 212-875-5222

https://www.tatiananyc.com

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