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Festa della Donna, chi sono le icone della cucina mondiale: 10 cuoche entrate nella storia

di:
Alessandra Meldolesi
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Quasi sempre autodidatte, prima madri e maestre, poi figlie e allieve, le grandi donne della storia della cucina si sono guadagnate ogni centimetro del loro podio. Senza indulgere al vittimismo, però: “Essere donna in cucina? È un’opportunità”, rivendica orgogliosa Hélène Darroze.

Foto di copertina: Marie Echtegoyen


Sembra incredibile, eppure fino a pochi lustri fa l’alta cucina italiana era prevalentemente al femminile: vantavano tre stelle Annie Féolde all’Enoteca Pinchiorri (dal 1993), Nadia Santini al Pescatore (dal 1996), Luisa Valazza al Sorriso di Soriso (dal 1998), prima che si affacciasse l’era dei Bottura, degli Alajmo, dei Crippa. Tutte autodidatte, hanno saputo rappresentare il principio di una storia e di uno stile. Oggi Giovanni Santini ha preso in mano la cucina a Canneto, con una visione giovane e imprenditoriale, incentrata sull’autoproduzione; mentre Riccardo Monco e Alessandro Della Tommasina, lungamente al fianco della bella francese, non fanno rimpiangere i suoi guizzi.

Nadia e Giovanni Santini
 

Resta irriducibile ai fornelli Luisa Valazza, affiancata dal marito Angelo, con un singolo macaron. Ma di cuoche tristellate non se ne vedono all’orizzonte, in questa lunga notte italiana: la prima oggi è Valeria Piccini, straordinaria “shef” di Caino a Montemerano, bistellata da 26 anni. Ed è la sola a vantare un simile punteggio. Cosicché ogni anno parte la litania sulla Michelin nemica delle donne e qua e là si accende una stellina rosa, puntualmente sospettata di partecipare a una fantomatica “quota”.

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Incredibile soprattutto perché all’estero avviene esattamente il contrario: se l’Italia era negli anni ’90 in piena controtendenza rispetto al resto del mondo gastronomizzato, a egemonia largamente maschile, oggi le donne strappano premi e accumulano stelle come non mai in tutti i continenti, o quasi. Clare Smyth è stata la prima e unica chef a raccogliere il massimo punteggio in Gran Bretagna nel 2021 e anche la gastronomia francese, lungamente in pantaloni dopo la bella estate delle Mères de Lyon, vanta di nuovo fuoriclasse che accumulano stelle, ben oltre le tre d’ordinanza.

Eugénie Brazier

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Con lei ci sono state la Mère Blanc, la Mère Fillioux, la Mère Bourgeois… Eppure una storia della grande cucina al femminile non può che partire dalla Mère Brazier, maestra fra gli altri di Paul Bocuse e Bernard Pacaud. Orfana, poverissima guardiana di maiali e poi ragazza madre, è stata la prima a raccogliere negli anni ‘30 6 stelle Michelin, nel ristorante di Lione e al Col de la Luère. Di lei restano ricette memorabili come il gratin di maccheroni. Da film.

Nadia Santini

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@Paolo Terzi

Somiglia a una favola, la vita di Nadia Santini, studentessa in scienze politiche che in viaggio di nozze con il marito Antonio dorme in tenda o sotto tetti di fortuna, per visitare le più belle tavole di Francia. La coppia così si convince a trasformare la trattoria di famiglia, Vino e Pesce, consacrata da Michelin nel 1996 e tuttora meta di pellegrinaggi gourmet. Lei dapprima si muove in continuità con la suocera Bruna, poi inizia le sue delicate e soavi creazioni, prima di passare il testimone al figlio Giovanni, senza lasciare la cucina.

Luisa Valazza

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Giovane laureata in lettere, totalmente autodidatta in cucina, Luisa Valazza è stata irretita nel mondo dell’alta ristorazione addentando un toast presso il bar Europa di Borgomanero, dove il futuro marito Angelo, passato per i sancta sanctorum dell’hôtellerie europea, si era brevemente appoggiato. “Per noi l’8 marzo è un giorno come un altro”, dice Angelo. “Mia moglie poi lavora più di un uomo, è un mulo. Occorrono testa e voglia di fare, concentrazione e intelligenza, il sesso c’entra poco. Aggiungo solo che per l’8 marzo ad alcune donne ho comprato le ostriche pied de cheval, per festeggiare”.

Annie Féolde

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Annie Féolde è la terza moschettiera della cucina femminile anni ’90: arrivata a Firenze per perfezionare il suo italiano e mai più rientrata in Costa Azzurra, ha affiancato Giorgio Pinchiorri nell’edificazione di un mito della cucina italiana. Totalmente autodidatta, dopo i primi, semplici accompagnamenti ai grandi vini, ha forgiato il suo stile di cucina classica toscana, proseguito felicemente dagli chef Riccardo Monco e Alessandro Della Tommasina.

Anne-Sophie Pic

Anne Sophie Pic Franck Fife
@Franck Fife

Erede di una celebre dinastia gastronomica francese, Anne-Sophie Pic è stata la quarta donna a ottenere le tre stelle in Francia, dopo Eugénie Brazier, Marie Bourgeois e Marguerite Bise; oggi ne detiene il record di sempre al femminile: sono dieci, dalla nave ammiraglia di Valence fino a Singapore.

Hélène Darroze

Helene Darroze II Credit Jerome Galland
@Jerome Galland

Rampolla di una dinastia di cuochi del sud-ouest, oggi Hélène Darroze detiene tre stelle al londinese The Connaught, due al Marsan di Parigi e una singola presso Villa La Coste, in Provenza. A differenza di tante colleghe, però, non ha mai ceduto al vittimismo: “Sebbene non ci siano molte donne nel ramo, posso dire che vent’anni fa ero quasi l’unica. Considero il fatto di essere donna sempre più come un ‘opportunità”. Quando ha ricevuto le due stelle a Parigi, infatti, i riflettori sono stati tutti puntati su di lei, più che sui parigrado di sesso maschile. “Stavano parlando di me perché sono una donna. Per questo la considero un’opportunità: l’opportunità di essere diversa”.

Valeria Piccini

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Attualmente la cuoca più altolocata d’Italia è lei: Valeria Piccini, autodidatta che con il figlio Andrea e il marito Maurizio manda avanti Caino a Montemerano.Chiamare l’8 marzo festa della donna è erroneo, perché è nata da una tragedia. La chiamerei piuttosto giornata mondiale della donna e di ciò che ha conquistato meritatamente, dal voto all’emancipazione. Penso che in generale bisognerebbe avere più rispetto per noi, tutti i giorni dell’anno, con riferimento anche alla cronaca. Il lavoro in cucina è molto faticoso, impegna tantissimo, forse oggi non c’è abbastanza voglia e coinvolgimento. Ma io ho tantissime donne, che fanno tranquillamente il lavoro di un uomo. Il mondo sta cambiando, siamo aperti solo la sera e credo che sia uno dei motivi per cui le cuoche qui si fanno avanti”.

Isabella Potì

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Il volto glamour dell’alta cucina al femminile è sicuramente quello di Isabella Potì, che però guida con la grinta di un mastino il suo Bros' a Lecce. Non solo cuoca, ma anche testimonial e persino diva elusiva, in una commistione di ruoli prettamente contemporanea, estranea alle generazioni precedenti. “Va bene festeggiare la donna, ma dovrebbe avvenire sempre, in automatico. Come la festa della mamma. Essendo cresciuta fin da piccola in cucina, non ho mai pensato di essere discriminata, quindi non è un tema che ami affrontare. Sicuramente eravamo in poche, ma in tutti i campi accade questo nelle posizioni apicali. Qualcosa che fortunatamente sta cambiando molto in fretta. Credo che in questo senso stiamo compiendo grandi progressi. È importante vittimizzarsi il meno possibile, da donna o da uomo, pensando piuttosto a come migliorarsi”.

Antonia Klugmann

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Autodidatta dalla sensibilità squisita, Antonia Klugmann non ha mai voluto etichettare la cucina del suo Argine a Vencò, preferendo rifarsi a Virginia Woolf nel senso di una creatività priva di genere, né maschile né femminile. “Nel libro Una stanza tutta per sé la scrittrice si interroga sul perché ci siano poche scrittrici donne e perché non siano così creative, e parla dello spazio che ha comprato per avere una bolla tutta sua, fertile per la creatività. Analogamente, quando ho preso lo spazio per il mio ristorante, ho pensato prima a me, a cosa mi faceva star bene con il cliente”.

Ana Ros

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@Suzan Gabrijan

Ex sciatrice, Ana Ros è la cuoca totalmente autodidatta, che ha portato per la prima volta le tre stelle in Slovenia, nell’habitat unico di Caporetto. Premiata quale migliore cuoca del mondo, non è facilmente catalogabile per la sua cucina di grande carattere. "Ha poco senso, secondo me, parlare di gastronomia 'al maschile' o 'al femminile'", sottolinea. "Esiste un approccio sensibile, quello sì, al prodotto e alle sue sfumature d'espressione, che caratterizza da sempre anche la mia ricerca, come quella di altri cuochi e cuoche. Credo nella cucina emozionale, fatta di contrasti, consistenze e armonie sottili. Questo è ciò che lascia nel cliente un ricordo indelebile".

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