Al Glam di Donato Ascani la cucina si traduce in un’immediatezza schietta accompagnata da una padronanza tecnica ineccepibile. Oltre ai piatti, una valida squadra e una carta dei vini ecumenica: è la miglior tavola di Venezia.
Glam
Il ristorante
“Luxury, Dreams and Culture” definiscono l’acronimo di un gruppo con esperienza trentennale come LDC, che tra Taiwan e Italia è costituito da alberghi di lusso, relais, ristoranti e luoghi dedicati ad eventi. A Venezia, dal 2016, è rappresentata da un gioiello come Palazzo Venart, una struttura del XVI secolo con le sue diciotto tra stanze e suite ciascuna a rappresentare un dettaglio di tipicità locale.
Un bellissimo giardino affacciato sul Canal Grande e un restauro che ne ha mantenuto i fasti originari, tra affreschi del Rinascimento e caminetti in marmo rendono questo luogo una tappa da non perdere a Venezia. Anche perché qui Enrico Bartolini, chef tre stelle al Mudec di Milano, imprenditore-talent scout dalle larghe vedute e con un formidabile intuito per i fuoriclasse, ha affidato a suo tempo le redini del Glam, ristorante che si trova all’interno dell’hotel, a uno dei cuochi più gastronomicamente dotati della penisola.
Parliamo di Donato Ascani, originario di Fiuggi, che qui è arrivato a due stelle Michelin in men che non si dica. Donato inizia subito a fare la gavetta dando una mano nella trattoria dello zio, frequenta l’istituto alberghiero con qualche stagione in albergo nella sua città natale. Tre anni con Fabio Tacchella all’Antica Pesa, lavora poi come assistente degli chef di Alma, tra i quali un maestro come Luciano Tona.
È a Piazza Duomo ad Alba con Enrico Crippa, dove passa quattro anni, quando arriva la terza stella. Un anno – significativo per la sua formazione – come sous chef di Paolo Lopriore ai Tre Cristi di Milano. E infine a Venezia, città difficile ma che ad Ascani è entrata nel cuore: “La cosa più bella che faccio è andarmene alla mattina al mercato e parlare con i fornitori. Abito a due minuti da lì e tra le sei e mezza e le sette passo anche solo per due chiacchiere o mezzo chilo di vongole. Magari si mangia uno scampo crudo. È bello, anche se arrivo che è ancora tutto da montare. Io mi diverto proprio, è una delle cose che più mi piacciono di questo lavoro, è quello che ti manda avanti, perché ogni giorno al mercato impari qualcosa di nuovo, parlando con un pescatore o un ristoratore che ha la trattoria qui a Venezia da 50 anni.”
Si vive il mondo tipico della città turistica: “Se lavori in un piccolo paese le persone ti vengono a cercare per la tua cucina, qui con due stelle fa figo e arriva di tutto. I clienti più preparati sono francesi, tedeschi e svizzeri che hanno un palato più simile al nostro. Si fa tanta fatica invece con gli americani, che sono capaci di mangiare un hamburger alle 18.30 e sedersi un’ora dopo a tavola.” È un cuoco dalla personalità particolarmente significativa, Donato.
Di certo non è di quelli che si allineano a quello che potremmo definire mainstream, a partire da quando ti racconta come non viva l’ansia da riconoscimenti -“mettono troppa pressione, c’è troppo stress dietro. Se sei bravo arrivano da soli”. E la sua non è presunzione, perché Ascani è tra i cuochi meno arrivisti che si possano incontrare.
Sorridente, senza l’ombra della spocchia, nutre un amore puro verso la cucina, come luogo e come azione. Questo si traduce in un’immediatezza schietta accompagnata da una padronanza tecnica ineccepibile. E nella sua purezza d’animo ne ha per tutti: “Facciamo davvero un lavoro di sacrifici e alle volte ci perdiamo per delle stupidaggini; pischelli di venticinque anni a parlare di sostenibilità, ma più che parlarne la sostenibilità bisogna farla. E foraging, fermentazioni, garum da tutte le parti, quando c’è pochissima cultura del cibo e della materia prima, a partire da chi viene a giudicarti. Oppure, tutti questi riferimenti alla tradizione, col ‘piatto di mia madre’, ‘di mia nonna’: non se ne può più... eppure tutti ce l’hanno in bocca, anche se uno su mille può aver senso”.
Non ha peli sulla lingua, Donato, ma le sue sono osservazioni serene, mai astiose, dettate da un contesto generale in cui apparire spesso vale ormai più di essere e che probabilmente gli sta stretto. Qui al Glam la squadra, oltre a lui con la sua brigata in cucina, ha altri due pilastri. C’è Davide Bravetti a dirigere la sala, figlio d’arte, già al Cipriani e in altri storici locali veneziani, grande esperto di hotellerie, e poi Ottavio Venditto, già al JW Marriott Venice, miglior sommelier AIS d’Italia nel 2014, a sovrintendere con sapienza una carta dei vini vasta ed ecumenica dalla quale escono tanto grandi classici quanto le migliori etichette naturali.
E poi si mangia, si mangia proprio bene.
I piatti
Si comincia con una sequenza di amuse bouche che da sola vale una delle cene dell’anno. Sono tanti e sono tanto buoni: per citarne alcuni ecco l’illusione di porcino con il waffle croccante aromatizzato con polvere di fungo che copre una mousse di fegatini di pollo e ha accanto quattro diverse polveri, al nero, al peperone crusco di Senise, alloro e cacao.
Ancora una serie di cicheti da gustare con le mani. Poi la millefoglie di baccalà mantecato stile veneziano, gel in carpione e polvere di te matcha.
Un piccolo capolavoro di finezza gli spaghettini freddi lavorati con zafferano, tè nero affumicato e caviale a cui si aggiunge una spruzzata di essenza di whisky torbato. Di una golosità senza pari il paninetto in doppia cottura, a vapore e fritto in tempura che al suo interno contiene una tartare di branzino marinata con soia e salsa ponzu.
E poi loro, quelle che sono diventate un piatto imprescindibile nel percorso gastronomico di Ascani, le acquadelle in salse, un gioco di grande classe sui latterini di laguna fritti in tre diverse tempura, al nero di seppia, al peperone crusco e alloro, accompagnati da quattro tra gel e salse: in carpione, salsa salata al limone, nero di seppia e salsa ponzu; è inevitabile usare le mani e leccarsi le dita in un’esaltante sequenza di istanti croccanti, acidi, amari, sapidi: irresistibile.
Elegantissima l’insalata di ovoli lavorati con gamberi bianchi di laguna; quello che Ascani riesce a ottenere poi da un pomodoro di Cavallino alla brace è incredibile: bruciato, gli viene tolta la pelle, vengono aggiunte una salsa d’acqua di cicoria, una riduzione di vino e aceto, del dragoncello messicano e senape, viene osmotizzato. E tutto accade cinque minuti prima di impiattare: cotto, messo sottovuoto per incorporare la salsa e poi va nel piatto con le noci.
È la volta delle puntarelle di Sant’Erasmo, passate anch’esse alla brace: si aggiunge un’emulsione di Pecorino, delle bevarasse e infine le erbe aromatiche di laguna che regalano eleganza. Buonissimo il rognone di coniglio servito con tarassaco e alloro che dà una fondamentale parte balsamica. Grande classico dall’altrettanto grande gusto la seppia passata sulla brace, il suo fegato e il fungo cardoncello.
La gola è felice anche con la linguina lavorata con salsa di peperone crusco e con una tartare di fassona a mitigarne la nota speziata, maggiorana e basilico a completare. Piatto da ricordare il risotto con liquirizia, fava tonka e aglione, cosparso dalla nota suadente del baharat, una miscela di spezie mediorientali. Succulento l’agnello dell’Alpago alla brace con peperone crusco arrostito e menta: la sua trippa, servita a parte, ti manda in sollucchero.
A introdurre il dolce ecco il caramello salato con lenticchie infuse nel cioccolato. Si termina, felicemente, con barbabietola, tartufo, aria e sorbetto allo yogurt e a parte il macaron al limone e lampone. La miglior tavola di Venezia, tra le migliori d’Italia; e restiamo in attesa della riapertura a febbraio, quando Donato Ascani ritroverà la sua cucina completamente nuova con spazi più ampi e una tecnologia all’avanguardia.
Indirizzo
Glam
Calle Tron, 1961, 30135 Venezia VE
Telefono: 041 523 5676
Sito web