I protagonisti dell'enogastronomia Top Chef

Massimo Bottura, il personaggio più influente della gastronomia mondiale si racconta: paure, certezze e una vita nel futuro

di:
Redazione
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copertina massimo bottura intervista 7

Lo chef che ha cambiato la reputazione della ristorazione italiana e trasformato la cucina (anche) in uno strumento di azione politica, a 60 anni racconta ciò che non è ancora diventato e ciò che non ha ancora fatto. “L’amore? Io e Lara potevamo perderci, lei è l’unica capace di farmi cambiare idea”.

L'intervista

Per Massimo Bottura tutto ha un senso. Sempre. Anche ordinare una Coca Cola. «Me la porti in vetro, per favore? Ma fai attenzione: non devi aprirla. Sennò si sgasa. E allora l’equilibrio dei sapori va a farsi benedire assieme al sapore». Sprofondato in una poltrona, lo chef italiano più amato nel mondo è avvolto in un maglioncino blu girocollo («non uso più camicie da quando ho deciso di seguire la lezione di Marchionne») con lo stemmino di Gucci, azienda partner di molti suoi progetti guidata dall’amico d’infanzia Marco Bizzarri, per lui “Bizza”.

@Settimio Benedusi



Il volto sottile. Gli occhi svegli come quelli di un bambino davanti al cabaret di dolci, il cuoco che ha cambiato la reputazione della ristorazione italiana e trasformato la cucina anche in uno strumento di azione politica (ma di questo ragioneremo più avanti) è, da pochi giorni, uno splendido sessantenne, per dirla alla Nanni Moretti.

@Marco Poderi



Tre stelle Michelin con l’Osteria Francescana a Modena, più volte premiato come miglior ristorante al mondo nella classifica dei World’s 50 Best Restaurants, protagonista nelle serie Chef’s table e Waffle + Mochi di Michelle Obama, tanto per citare due esempi, è una star mondiale. Osservandolo in un pomeriggio di ottobre in uno dei suoi (rari) momenti di relax, Bottura sembra più che altro aver intrapreso un viaggio all’indietro nel tempo.

@Callo Albanese e Sueo



Nessun segno di stanchezza o di rallentamento. Un’energia intatta. Anzi, raddoppiata. E una parola al centro del suo vocabolario: «Futuro. Che non si può abitare. Lo si immagina, lo si costruisce, lo si prepara. Non possiamo aggredire il futuro e non lo si può evitare. Non lo si può combattere. Occorre imparare ad amarlo. Sento forte oggi più di prima il bisogno di riempire gli spazi con le idee. Perché il futuro non è un luogo, ma uno stato d’animo».

Osteria Francescana



@Paolo Terzi


Bottura però, sinceramente, non ha mai voglia di fermarsi un attimo e prendere fiato?


«Stiamo scherzando? Guardi, io ho sempre detto ironicamente (fa il verso, ndr): ma vedi quello che ha 60 anni … Beh, era una cretinata… Una guasconata da ragazzotto. Se guardo a me oggi, trovo invece un sessantenne che ha voglia di fare cose ancor di più di quando aveva 18 anni. Ho dieci progetti sulla mia scrivania adesso, molti partoriti durante il Covid. Che nel suo disastro, a me ha regalato però almeno il tempo di pensare e creare. In quel periodo ho lasciato decantare la confusione mentale che avevo e che prima, viaggiando così tanto, non riuscivo ad ascoltare. Ma con quella sospensione delle attività mi sono riappropriato della mia vita e dei miei pensieri».

@Stefano Scatà



@Marco Poderi


In realtà non è stato fermo neppure durante il lockdown. Con sua figlia Alexa si è inventato il format instagram Kitchen Quarantine.


«Quella è stata un’idea di Alexa. Io e lei, con un iPhone, siamo riusciti a creare un progetto digitale dove mettevamo in scena con naturalezza le nostre dinamiche familiari. E tutto avveniva nella nostra cucina di casa, a Modena. Ci siamo aggiudicati il Webby Special Achievement Award 2020, premio assegnato dall’International Academy of Digital Arts and Sciences con l’idea di dare rilievo ai migliori progetti social in rete. Bella soddisfazione, lo ammetto».

Kitchen Quarantine


Nel vocabolario di Massimo Bottura c’è anche un’altra parola: solidarietà. Che declina in progetti di rilevanza internazionale: il Tortellante, Food for soul…


«Credo molto nel sociale. Sarà la mia origine modenese… Noi con il concetto di aiutare gli altri ci siamo cresciuti. Ci viene naturale. Lo si è visto in tante occasioni di calamità: la gente qui sa che siamo più forti solo se ci sosteniamo a vicenda. Proprio in questi mesi, per esempio, stiamo raddoppiando la superficie del Tortellante, l’associazione nata per aiutare i ragazzi con disturbi dello spettro autistico in progetti di cucina aiutati da cuoche esperte (e nella quale è impegnato anche il figlio Charlie, affetto da un raro disturbo psicofisico, ndr). Io e Lara crediamo che sia possibile consolidare il team soprattutto attraverso progetti culturali. Una lezione che dovrebbe imparare l’Italia. Dovremmo capire che stando insieme, condividendo e non combattendoci sempre, possiamo riuscire a venir fuori dai problemi».

@Marco Poderi


Lei è consapevole che il suo modo di agire ha qualcosa di profondamente politico? Nel senso più ampio del termine. E che del cuoco forse sta rimanendo ben poco…


«No, non è così. È che nel 2022 uno chef è molto più delle sue ricette. Io per esempio sono ambasciatore dell’Onu. Nelle nostre piccole botteghe artigiane tutti noi facciamo formazione, seguendo lo stile che era proprio del Rinascimento. Facciamo solidarietà. Facciamo attività sociale. Agricoltura. Turismo. Un cuoco che ha una voce squillante, ascoltata, deve a sua volta sentire forte il senso di responsabilità verso le nuove generazioni. Non puoi permetterti di metterli da parte».

@Marco Poderi



Quasi uno Spaghetto al Pomodoro @Paolo Terzi



Oops! Ho Dimenticato la Caprese @Paolo Terzi


Di giovani si è parlato tanto, anche nel suo settore. Lei come li vede?


«Bisogna insegnare loro a vivere la vita come un sogno da perseguire, e che per farlo devono lavorare sodo. Picasso diceva: il 10 per cento è talento il 90 duro lavoro. Però secondo me molti ragazzi questo concetto lo hanno ben chiaro. Chi ha una passione vera per un lavoro lo fa, si spende. Non ha paura del sacrificio. E non credo che il reddito di cittadinanza possa aver in qualche modo rallentato questo processo. Bisogna dare spazio, come stiamo facendo nel mio team negli ultimi anni, a quelli più talentuosi. E rendere anche la loro vita sempre più sostenibile».

Jessica Rosval @Stefano Scatà


Sostenibilità è una parola quasi abusata oggi. Cosa rappresenta davvero per lei?


«È uno stato mentale. Per me significa avere sempre chiara una visione del team e del progetto. Prendiamo Casa Maria Luigia (l’albergo che con la moglie Lara Gilmore hanno creato alle porte di Modena, ndr). Da un edificio acquistato sulla scia di un istinto abbiamo costruito, giorno dopo giorno, un esperimento di eccellenza sospeso tra hotellerie, ristorazione, arte e design.

@Marco Poderi





Vogliamo che sia l’esperienza più completa al mondo di ospitalità. Lì abbiamo rivoluzionato il concetto di barbecue, per esempio: il nostro è concettuale (unisce la griglia alla affumicatura a freddo). E non intendiamo fermarci: dopo aver ridato vita all’Acetaia altro ancora si aggiungerà, come le suite esclusive per turisti di alto profilo che desiderino degli spazi riservati solo a loro. Maria Luigia è il mio futuro, perché è la sintesi di tutte le nostre passioni».

@Stefano Scatà




@Davide Piferi De Simoni


Ma lei che ragazzo era?


«A 18 anni un po’ scapestrato. Ero un giovane provinciale di famiglia borghese pieno di amici. Avevo tanta energia… Preoccupavo un po’ mia mamma, però».

Maria Luigia Bernardoni, detta Luisa. Parlando di lei, una volta ha dichiarato: «Cogny, Ducasse e Adrià mi hanno insegnato tanto in cucina, ma mia madre è stata la mia maestra speciale». Quanto le manca, oggi?


«Ogni giorno. Ma forse è banale dirlo. Lei ha creduto in me quando nessuno lo faceva. È stata la prima a fidarsi del mio talento. Mi ha incoraggiato a seguire la mia passione, così è nata la Trattoria del Campazzo. È scomparsa nel 2014 dopo una lunga malattia. Era un’ex maestra elementare, molto appassionata delle tradizioni culinarie modenesi e mantovane. Quando a 24 anni annunciai a mio padre Alfio che volevo smettere di studiare per dedicarmi alla cucina fu l’unica a non darmi del pazzo. E da lei, ogni giorno, ho imparato i rudimenti della grande tradizione modenese, vedendola lavorare in cucina per pranzi e cene di famiglia. È per questo che ogni volta, ad ogni premio o grande traguardo, mi piace ricordarla».

Osteria Francescana @Paolo Terzi



@Paolo Terzi


Quando Jane Kramer, giornalista del New Yorker, intervistò sua mamma nel 2011, lei si lasciò scappare una battuta: «Mio figlio è bravo, ma io cucino meglio».


«E aveva ragione! Lei era straordinaria. Soprattutto nel volere bene: mi ha fatto sentire tanto amato. Era partecipe della mia vita. Pensa che uno degli ultimi giorni, mi disse: ma tu sei sicuro di voler aprire a Istanbul? Mamma li turchi… Era un personaggio unico. Anche un po’ gelosa delle mie fidanzate…».

Bottura parliamo di amore, le va?


«No».

Proviamoci…


Segue un lungo silenzio dove guarda fisso davanti a sé.

@Marco Poderi



«Per me l’amore è condivisione di un progetto di vita. E credo che tutto quello che stiamo vivendo con Lara ci abbia reso ancora più forti. Potevamo perderci. Mentre ogni volta che io tornavo da un viaggio, da un premio, da un evento, subito mettevo i piedi per terra. Perché la vita con Charlie ti regala anche questo: saper sempre riconoscere le cose davvero importanti».

Massimo Bottura- Crediti Lucia Buricelli per il Time


Che tipo di padre è?


«Molto severo. Sia con Alexa sia con Charlie. Quando lui mi ha comunicato che voleva andare all’università, io gli ho detto: ok. Ma devi riuscirci da solo. E lui si è impegnato. Ci va, prende il treno in autonomia. Ha un carattere fantastico. Lara invece è più chioccia. Protegge anche me, talvolta persino da me stesso. Sono un istintivo… Lei però ha un modo tutto suo per persuadermi. Tipo, mi parla al mattino quando prendo il caffè, che poi è il mio momento di pace e di riflessione. Lei non usa mai una negazione. Mi sfiora con le parole: sai Massimo, io forse ripenserei a quella cosa… Insomma, pianta il seme. E io così mi apro all’ascolto senza accorgermene. E spesso cambio idea. Lara è la persona di cui mi fido di più».

@Marco Poderi


Ha paura della morte?


«Non ci ho mai pensato. Non voglio saperlo. Perché sennò la consapevolezza mi potrebbe frenare e non farmi continuare a immaginare il futuro. Nel mio futuro ci sarà sempre futuro perché anche quando la morte mi raggiungerà sarà l’inizio del ritorno. Ecco, non ho mai affrontato con me stesso questo argomento. Ho così tanta voglia di vivere! Non mi ha mai sfiorato l’idea di morire. E non voglio iniziare adesso a pensarci. Ho troppe cose da fare. Io vivo nel futuro, sempre. Sarà per questo che non sono mai contento. Mai. Perché mentre sono in un momento felice, magari, già sto pensando a quello che dovrò fare dopo».

@Anders Jorgensen-The Observer


Ha un desiderio?


«Far tornare mia mamma e chiederle di cucinare per me. Avrei modo finalmente di dirle tante cose che magari ho dato per scontate».

E un rimpianto?


«Rivivere il momento in cui dissi a mio padre che avrei fatto il cuoco e potergli far vedere tutti i riconoscimenti che ho avuto. Lui non era contento della mia scelta. Il nostro non è stato un grande rapporto. Non siamo mai riusciti a dirci le cose fino in fondo. Lui era un po’ un padre padrone e aveva una relazione più forte con i miei due fratelli più grandi. Ma quella sua reazione, quel suo giudizio così duro sulla mia scelta, è forse una delle cose che mi ha fatto soffrire di più. Ancora oggi, se ci penso, vorrei poter farlo ricredere. Ma quel dolore è stata anche la molla che mi ha spinto a fare sempre meglio, a puntare sempre più in alto. Non avrei mai voluto dargli motivo di dire: “Avevo ragione”».


 C’è qualcosa di cui ha paura?


«Del futuro di mio figlio. Vivo nell’incertezza di potergli garantire la serenità anche quando non ci saremo più. E allo stesso tempo ho paura di condizionare con i miei timori le scelte di Alexa. Per questo io e Lara l’abbiamo spinta a uscire da Modena (adesso lavora per Gucci, ndr). Non vogliamo che faccia scelte sacrificandosi per il fratello».

Cos’è per lei la cucina?


«Un gesto d’amore. Ma serve anche a nutrire l’anima. Prenda i nostri menu: i piatti assomigliano più a opere, come fece Gershwin: ouverture, adagio, allegro… Un’esperienza da sentire e da cavalcare. Ma intendo nutrire l’anima anche attraverso progetti di solidarietà come Food for soul. Certo, sarò felice quando l’apertura di un altro refettorio non farà più notizia ma sarà la normalità».

Porchetta di Rombo @Paolo Terzi



Panettone, Lenticchie e Cotechino @Paolo Terzi


Massimo Bottura, la verità: ma cosa vuol fare da grande?


«Le svelo un segreto: completare il progetto di Casa Maria Luigia e trasformarla in un pensionato un po’ speciale per anziani. Un luogo dove possano trovare casa tutte le loro passioni, circondati sempre dalla bellezza e dall’arte. E io sarò sempre lì, a costruire il futuro»

@Paolo Terzi



*Testo a cura di Angela Frenda. Intervista tratta dalla rivista 7-"Sette"- Il settimanale del Corriere della Sera

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