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La montagna sostenibile a 3 stelle Michelin: il nuovo menu di Norbert Niederkofler è un inno alla natura

di:
Giovanni Angelucci
|
Norbert niederkofler copertina 2023 05 04 12 18 25

Il tristellato dell’Alta Badia, premiato anche con la stella verde per l’impegno nella promozione della sostenibilità, fonda tutto sul rispetto del territorio e il gioco di squadra…a ritmo naturale.

St Hubertus

Il ristorante


Ogni chilometro percorso per raggiungerlo ne vale la pena: la (lunga) strada per arrivare a San Cassiano in Badia (provincia di Bolzano in Alto Adige), piccola realtà di montagna poco distante dal confine austriaco, verrà ricompensata.



Non parlate la lingua ladina? Non c’è problema, qui vige il linguaggio universale della natura, della montagna, del legno, della genuinità, dell’accoglienza portentosa della famiglia Pizzinini nell’Hotel Rosa Alpina. Si, perché il ristorante St.Hubertus, uno degli undici tristellati d’Italia, è parte integrante di questa antica dimora a cinque stelle, cresciuto organicamente insieme (e “solamente”) alla capacità imprenditoriale dei proprietari; guardandovi attorno vi accorgerete quanto di questi tempi sia raro raggiungere tali livelli senza partnership e investimenti esterni. Dunque, sacrifici, sudore ed impegno di una squadra numerosa e coesa ha portato oggi l’Hub, come viene confidenzialmente chiamato, ad essere uno dei “place to be”, almeno per tutti quelli che si definiscono veri appassionati di cucina e gaudenti convinti.


Ad aspettarvi al varco, a parte quando non è tra le sue montagne in cerca di erbe e ispirazione, c’è l’Executive Chef Norbert Niederkofler, il cuoco che nel 1996 guidò l’apertura e l’ascesa del Ristorante St. Hubertus. Originario della Valle Aurina in provincia di Bolzano, dopo le numerose esperienze nel mondo in cui coniugare le sue passioni più forti, viaggio e cucina, è tornato tra le sue cime ma senza mai smettere di viaggiare. Proprio così, perché ha trovato la maniera, e qui si attesta il merito, di continuare a farlo e soprattutto di permettere ai suoi ospiti di poter viaggiare in lungo e in largo attraverso le montagne di un Alto Adige che forse mai nessuno ha saputo raccontare e impiattare così.

Crediti Marco Sartor



“Non possiamo decidere noi quando metterci all’opera, bisogna aspettare che i produttori ci chiamino, si può fare una programmazione ma bisogna attendere e stare sempre al passo con la natura. Ho l’onore di lavorare insieme a decine di allevatori e agricoltori, i miei validi fornitori, ma il problema a cui spesso non si pensa è che abbiamo dovuto “dividere” il nostro territorio tra altitudine a longitudine: vuol dire che le stagioni non partono allo stesso modo e tempo ovunque, per esempio quando le valli sono già fertili San Cassiano è ancora lì che dorme; dobbiamo quindi muoverci nelle altre zone limitrofe per cercare i giusti fornitori (soprattutto di verdure) nelle vallate intorno come la Pusteria o la Valle Isarco. C’è molto lavoro di coordinamento dietro, e soprattutto non si finisce mai di imparare e di abbassare la guardia, perché con i cicli della natura, e quindi di noi stessi, non si può mai avere una certezza, se non di quanto sia meravigliosa e maestosa, e quindi da rispettare”, esordisce così Niederkofler.

Crediti Alex Moling



Un lavoro divertente, ma parecchio complesso, come la natura appunto; una ricerca e programmazione unica, un’esaltazione della biodiversità e della vita. Non è quindi affatto scontato che il menu, unico presente nel ristorante e composto da dodici corse, annoveri il titolo “Cook the Mountain” e che prenda come spunto l’eredità culturale della regione alpina (come non lo è il nuovo corso di laurea trilingue in “Scienze enogastronomiche di Montagna” della Libera Università di Bolzano, nato proprio in collaborazione con lo chef): vengono utilizzati esclusivamente prodotti dell’arco montano locale, coinvolgendo i giovani produttori con cui la squadra del ristorante è in sintonia, scelti per il loro altrettanto forte legame con il territorio e per la intelligente esaltazione di stagionalità e sostenibilità.

St Hubertus Unplugged- Crediti Marco Sartor



St Hubertus Unplugged- Crediti Marco Sartor



St Hubertus Unplugged- Crediti Marco Sartor



Emblema ne sono le carote, le barbabietole, i funghi, le bacche, il burro della Valle Aurina (per cui impazzirete), la carne d’agnello che qui arriva intero per essere sapientemente utilizzato e valorizzato, l’anguilla, il coregone, il farro. I prodotti pregiati provenienti da ogni angolo del mondo come il caviale? Dimenticateli. Tutta questa meraviglia, che va dal concettuale al tangibile, durante la lunga cena ha però bisogno di un fondamentale ponte culturale, che in questo caso viene fornito da una mirifica brigata di sala che ogni chef vorrebbe.

Crediti Alex Moling



Una squadra organizzata e gestita dal Maître e Head Sommelier Lukas Gerges: “È tutta questione di team, bisogna poter fare affidamento su tutti i componenti della squadra. Per far sì che succeda, c’è sicuramente bisogno di regole, disciplina, tanto studio e training. E poi per poter dare il massimo è molto importante sfruttare al meglio il proprio tempo libero per liberare la mente e sfogare il corpo. Si può andare a camminare, a correre o a fare una pedalata in bicicletta o semplicemente assaporare la tranquillità e la spensieratezza delle meravigliose Dolomiti. Tutto questo fa si che si ricarichino le energie per il servizio serale”.

Lukas Gerges- crediti Alex Moling


I piatti


Una sala stupenda, precisa, sorridente, colta, un vero prolungamento di ciò che la cucina riceve dalla Natura, crea e reinterpreta; la più valida guida per la più gaudente gita (sensoriale) in montagna, anche attraverso abbinamenti per niente facili e audaci provenienti da una delle più importanti cantine d’Italia (apprezzata la birra ambrata ad accompagnare la carota BBQ).

Team di sala- crediti Marco Sartor



L’esperienza al St.Hubertus è proprio questo, un cammino lungo i pendii a volte ripidi altre volte lievi, per cui non ci sarà bisogno di ramponi e piccozze ma di sensibilità (e buono stomaco) per accogliere la cultura edibile d’alta quota. Dal pane, che fa piatto a sé, ottenuto da farine di segale, farro e frumento prodotte da una cooperativa vicino a Brunico dove lavorano ragazzi disabili, miscelate insieme all’80% di acqua, lievito madre e due lievitazioni per ospitare un burro fotonico; il profondo ditalino di farro con selvaggina (cervo, anatra, lepre, a seconda della disponibilità), bacche ghiacciate di crespino e radice dell’imperatoria che arriva da quota 2000 metri per donare la sua nota balsamica, o ancora gli gnocchi glassati con riduzione di rapa rossa e ripieni di crema di rafano, serviti con una purea di daikon e terra di pane puccia bagnata con birra, uno dei piatti emblema che conduce ogni volta su un campo fiorito a rape.

Pane- crediti Marco Sartor



Bruschetta al pomodoro- crediti Marco Sartor



Gnocchetti Graukäse- Crediti Marco Sartor



C’è davvero un grandissimo lavoro tra sala e cucina, vorrei che la gente capisca che oggi la cucina è al terzo posto, prima ci sono la natura, poi i produttori, e solo dopo il nostro lavoro ai fornelli”, afferma lo chef. “Spero che chi siede alla nostra tavola assimili la vita della natura in maniera diversa, non solo i clienti ma anche tutti i giovani cuochi che da qui passano, spero che portino con loro questo sistema, secondo me attuabile in tutti i luoghi del mondo”.

Crediti Marco Sartor



Insalata di montagna- crediti Marco Sartor



Sweetbread- crediti Marco Sartor



La stagione invernale termina il 3 aprile ed ecco che la brigata, allargata ai circa trenta “fornitori” patrioti della sostenibilità, è già pronta a servire la montagna in veste di “bella stagione”; non che l’inverno sia da meno, ma le proposte in menu seguono la natura, come sempre: “Il percorso cambierà in colori e profumi, ogni stagione ti dà sapori completamente diversi, vedi tutta la freschezza della primavera. Seguendo i suoi cicli tutto arriva nel momento giusto. Ci sarà poi anche un cambio sensoriale fatto di sfumature diverse che ovviamente mutano tra delicate percezioni primaverili, rossi accesi in estate, e poi di nuovo in autunno con il giallo e il marrone”, recita Norbert, che non si sbilancia su nuovi piatti, “non ne ho nessuno in mente, dipende dal ritmo della terra”.

St Hubertus Unplugged- Crediti Marco Sartor



St Hubertus Unplugged- Crediti Marco Sartor



Ma non finisce qui: c’è anche un altro motivo per arrivare fin quassù e si chiama “St. Hubertus Unplugged”: le domeniche 3-10-24 luglio il ristorante tristellato si trasferisce sui pascoli in alta montagna a 2.000 metri nella baita privata della Famiglia Pizzinini al Piz Sorega. In un luogo magico tra energia speciale e rara bellezza, la filosofia “Cook The Mountain” assume un significato ancora più autentico dove tutto il menù viene preparato su fuoco vivo. Si parte alle ore 8.30 dal Rosa Alpina, chef e ospiti si incamminano verso i boschi per raccogliere erbe spontanee, funghi e sapori che saranno parte degli ingredienti del pranzo; a partire dalle ore 12.00 inizia l’aperitivo, seguito da un menù di sei portate.

Crediti Marco Sartor



St Hubertus Unplugged- Crediti Marco Sartor



La risposta parrebbe scontata, ma è d’obbligo porgere la domanda: Norbert, sei felice?Sono felice. Veniamo da un lungo periodo duro, ma ogni crisi ha sempre il suo lato positivo e viene inventato qualcosa”. Qui, tra le vette più gustose che ci siano, è stato sicuramente (re)inventato qualcosa: il rispetto per la cucina.

Indirizzo


Ristorante St. Hubertus

Indirizzo: Strada Micurà de Rü, 20, 39036 San Cassiano BZ

Tel: 0471849500

Sito Web: www.rosalpina.it

Email: info@rosalpina.it

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