Il resort di Massimo Bottura e Lara Gilmore, oasi d’arte nella campagna modenese, riapre con una novità: a guidare le cucine è Jessica Rosval, trentaquattrenne canadese che vanta lunghi trascorsi in Francescana.
La Storia
Rilanciare, investire, scatenare in pochi istanti la potenza di mille cavalli. Modena è questo: Slow food, fast cars. E Massimo Bottura non si stanca di ripeterlo, mentre sgomma sulle macerie della pandemia con un turbine di idee e iniziative. L’ultimo menu della Francescana, “With a little help from my friends”, qualcuno dice “il migliore di sempre”, accompagnato dal restyling degli ambienti in chiave di primavera italiana con Gucci; ma anche la nuova stagione di Casa Maria Luigia, art resort nella campagna modenese, assemblato un pezzo dopo l’altro con la moglie Lara Gilmore negli spazi di una villa settecentesca.Investire perché non bastava che ogni camera fosse un piccolo museo, con opere di Cucchi e Ai Weiwei fra i tanti (Modena, ricordiamolo, è stata anche un epicentro dell’arte contemporanea grazie a Emilio Mazzoli, storico gallerista e grande amico di Bottura).
Subito prima dell’orto, che fornisce le erbe aromatiche anche a Francescana e Franceschetta, con le arnie e i campi di grano saraceno per il pane, nuovi spazi in via di ristrutturazione ospiteranno una villetta per soggiorni a prova di privacy e uno spazio benessere. Soprattutto la proposta gastronomica sta prendendo forma: i punti di ristoro sono due, il ristorante gastronomico e lo spazio per il brunch domenicale.
A occuparsene è Jessica Rosval, bella ragazza canadese che si è fatta notare nelle file della Francescana, quale chef de partie agli antipasti. Nata e cresciuta a Montreal in una famiglia di professionisti, ha scelto la ristorazione a 15 anni. “Ma i miei hanno accettato la scelta di buon grado, anzi passano ogni anno a mangiare. Il mio primo lavoro durante gli studi è stato in un ristorante italiano, quale hostess in sala. Ho trovato un ambiente coinvolgente, un’energia incredibile e uno spirito di gruppo, che mi hanno conquistata. Potevo mangiare tutti i cannoli che volevo e mentre sbocconcellavo il pane avanzato, guardavo i cuochi e mi sembrava un mondo magico. Ho capito in fretta che volevo saltare dall’altra parte, nel cuore della cucina”. Da lì qualche esperienza in ristoranti di impronta francese moderna, un paio d’anni spesi nell’amministrazione di un ristorante d’albergo e altrettanti nella Colombia Britannica con la “super chef” Melissa Craig, in mezzo alle montagne. “E ci siamo divertite come pazze: era una cucina ispirata al territorio, fatta per il freddo e la foresta, moderna su radici francesi”.
“Poi è successo che il mio ragazzo di allora voleva frequentare un corso annuale alla Bocconi e ho deciso di compiere anch’io un’esperienza in Italia. Della Francescana avevo consultato i libri in ufficio e letto tanto dappertutto, per sognare. Pur pensando che non avrei mai potuto lavorarci, abbiamo prenotato da clienti. E il mio cuore è esploso, dopo aver conosciuto Massimo mi sono sentita un’altra persona. Avevo capito il vero potere del cibo, cosa può comunicare, quanto può essere puro nei suoi sapori. Nel contempo avevo sentito tutta la mia imperfezione come cuoca di fronte a un’esperienza che mi sembrava ideale, fino all’arrivo della crostatina che celebra l’imperfezione. Allora mi sono detta: non è possibile”.
“Il giorno dopo ho scritto a Massimo per mail che la mia vita era cambiato e avrei fatto qualsiasi cosa per entrare in squadra, fosse pure lavare piatti o pelare patate. Lui mi ha offerto l’opportunità di lavorare per qualche giorno e non sono più partita. Proprio in quel periodo Davide Di Fabio stava lasciando la partita degli antipasti per diventare ufficialmente sous-chef e ho preso il suo posto. Ma nei primi tempi lui e Taka mi sono stati vicinissimi, perché non avevo ancora la testa per la cucina italiana, dovevo fare un reset nell’approccio agli ingredienti e nel palato, dall’opulenza francese del Canada settentrionale al gusto mediterraneo. Massimo è uno che incoraggia tantissimo la creatività, ti chiede sempre se hai un’idea: ‘Allora provala! Assaggiamola! Falla!’ Per esempio nel nuovo menu della Francescana, che si chiama non a caso ‘With a little help from my friends’, c’è un piatto immaginato da me: si intitola ‘If I’m wrong I’m wright’ ed è un merluzzo fuor d’acqua, immerso in un mare di fiori e curry verde, che descrive bene questo 2020 spiazzante”.
“Gli ultimi 4 anni mi sono occupata di gestire gli eventi esterni, quindi da quando ha aperto un anno fa ero spesso a Casa Maria Luigia, dove seguivo le cene private della Casa delle carrozze. Accendevo il forno a legna per il cotechino, le frittate, la focaccia, l’erbazzone e i biscotti a colazione, poi magari ci infilavo una verdura dell’orto curato da Lara. Finché naturalmente non mi sono sentita a casa”. Jessica è ufficialmente chef dalla riapertura di pochi giorni fa: segue tanto il menu dei signature del ristorante che il brunch domenicale aperto al pubblico. Il costo è di 90 euro, comprensivo di aperitivo di benvenuto, accesso al campo da tennis e alla piscina. Al servizio sovrintende Denis Bretta, storica colonna della Francescana, che amministra una carta dei vini snella ed eclettica, non priva di blasoni.
Il perché della scelta lo commenta il Pigmalione Bottura: “La partita degli antipasti è quella dove sono cresciuti Davide Di Fabio e Francesco Vincenzi, si occupa di caldi, freddi e piatti di mezzo. Quindi per Jessica è stata una sfida difficilissima, affrontata a testa bassa, continuando a porsi domande. Ad esempio, perché non esiste una ricetta per le 5 stagionature? Perché il Parmigiano è un prodotto vivo che va assaggiato ogni volta, quindi la ricetta è il palato. Jessica legge tantissimo, va sempre in profondità e non ha mai mollato, neppure nei momenti più difficili. Occupandosi degli eventi nel mondo, ha portato grandi risultati con il suo approccio schematico ma flessibile e sorridente, sfruttando ogni occasione per ampliare i suoi orizzonti. Qui a Casa Maria Luigia si era creata un'opportunità per una figura che seguisse le cucine e io e Lara abbiamo scelto naturalmente lei”.
Il concetto è quello della cottura a legna in un forno per le pizze, da cui fuoriescono il 90% delle preparazioni. “Mi sembra il modo più puro e ancestrale di elaborare un sapore che cambia sempre, secondo il calore e il legno, di faggio, quercia o carpino”, spiega Jessica. “È qualcosa che avevo dentro, da quando con mio padre facevo camping nel bosco a 5 anni: penso sempre a quei momenti, quando accendo il forno la mattina. Siccome la temperatura è molto alta e il calore aggressivo, ho voluto anche un affumicatore, dove posso trattare gli alimenti anche per 24 ore con legno di ciliegio selvatico locale, per un fumo dolce. Quello che mi interessa è il contrasto fra l’eleganza del pasto e la rusticità delle tecniche”.
Fotografie di Lido Vannucchi
I Piatti
Il menu, messo a punto con Bottura, compone la sua danza fra sublimi richiami della Francescana e nostalgie del Canada, cucina di campagna (le verdure bio dell’orto), suggestioni globali e alta scuola. Si intitola “Tòla Dòlza”, in dialetto modenese un invito a rilassarsi che assume la forma di piatti conviviali, contro la malinconia del distanziamento sociale (ma nel rispetto dei protocolli). A cucirlo è il fumo, che si insinua nelle morbidezze e nelle dolcezze padane, sfruttandone i grassi.Esordisce con la matericità di Semplicemente zucchine: ortaggi tagliati a metà, intagliati come calamari e passati nel forno con olio e sale, per un esito che Bottura apparenta a un avocado. Al loro fianco una fettina di pancia di maiale dal gusto 100% canadese, dolce, salato, fumé grazie alla marinatura con lo sciroppo d’acero, esca sentimentale della cuoca, e alle 6 ore nell’affumicatore.
La materia parla quasi da sola anche nella ricotta di Rosola (caseificio del cuore di Bottura) spezzettata e arrostita nel forno con un filo di miele millefiori della casa e i fiori di erba cipollina sottaceto per il contrasto acido. “In Canada abbiamo la cultura di marinare al fine di preservare, perché le stagioni belle sono brevi, quindi in aprile, quando era tutto chiuso, mi sono data da fare”.
L’anguilla è un ricordo di Francescana: laccata alla saba, viene servita su una frittata alla cipolla dolce preparata anch’essa nel forno con un goccio di Aceto Balsamico. Dove l’incontro è fra alta cucina e campagna, ma il risultato è una scappata in Giappone sul modello dell’umaki. “Io però avendo un pesce così bello, non volevo nasconderlo”. E la similitudine fra le due cremosità, dolci e grasse, è folgorante.
Il baccalà opera una crasi fra due classiche preparazioni italiane: mantecato secondo la ricetta di Di Fabio (prima cotto a bassa temperatura nel latte, poi montato con l’olio), si accompagna a pomodori e capperi che citano l’umido altrettanto tipico, più il tocco finale della gratinatura a legna.
Ad accompagnare la focaccia è poi l’hummus, tra virgolette visto che al posto dei ceci ci sono le mandorle di Noto dolci e amare frullate a crudo e affumicate, più limone e cumino.
La melanzana sembra quasi un Rossini: cotta nel forno, svuotata e ricomposta con il suo caviale all’aglio e olio piccante, viene gratinata con pangrattato alle erbe e lardo fondente.
Tornano quindi i fiori, che Jessica ama oltre l’estetica per i “sapori profondi e di carattere”. Arrivano dall’orto di Lara e forniscono un “chimuchurri” per il vitello succulento, di cui esaltano la delicata fragranza con una soave limatura tannica.
Irresistibile è quindi Da Modena a Mirandola, nient’altro che il classico cotechino allo zabaione con torta sbrisolona della Francescana, che però non viene cotto al vapore ma nel forno, in modo da formare una crosta che trattiene la succulenza, mentre i grassi catturano il fumo. I piatti della Francescana del resto, nota Jessica, sono in continua evoluzione.
Trascina il palato al largo dei dessert. Prima il sorbetto di arancia amara con radicchio croccante, basilico e salsa di caramello bruciato al vino fortificato, dove il gusto amaro ripulisce e resetta.
Poi S’More, una nostalgia di casa che si aggancia al qui e ora. Perché in Canada è consuetudine che i bambini infilzino in uno stecchino i marshmallow e li passino sul fuoco nel bosco: qui il loro apparecchio riveste un letto di amarene, per il bilanciamento acido, prima del passaggio in forno che manteca, più quattro biscotti modello Graham cracker.
Fotografie di Lido Vannucchi
Indirizzo
Casa Maria LuigiaStradello Bonaghino, 56, 41126 Modena MO
Tel. +39 059 469054
Il sito web