Dove mangiare in Italia Tradizione e ricercatezza

Dove mangiare a Ravenna: Kolibrí E Alexander, il nuovo e il buono in città

di:
Alessandra Meldolesi
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ristoranti ravenna

Ravenna is going on: manca ancora l’insegna per il ristorante da cui è ripartito Irvin Zannoni, popolare chef della Capannina. Ma in centro città continua a far bene anche il giovane Mattia Borroni di Alexander.

Ristorante Kolibrí

L’inverno è alle porte, ma vale ugualmente la pena di puntare su Ravenna, terra negletta dai gastromani, che inizia a riservare qualche bella sorpresa. Se si è interrotta la parabola breve e fortunata della Capannina, ristorante di pesce che aveva conquistato la critica, il suo chef Irvin Zannoni non è rimasto con i remi in barca. Lasciata Casal Borsetti il 30 settembre, dopo appena 15 giorni di ferie stava già ripartendo in sordina presso un indirizzo insospettabile. Si tratta di una popolare trattoria pizzeria nelle vicinanze della via Romea, chiamata Kolibrì; sul retro il patron Maurizio Buscherini sta allestendo un ristorante gourmet in piena regola, per quanto ancora da perfezionare: the show is going on.


Irvin vi ha traslocato le best practices della Capannina: quindi pesce locale, di Cesenatico o di Ravenna, abbattuto solo laddove è necessario, per salvaguardare testura e colore; una passerella di crudi con pochi rivali in Romagna e una familiarità istintiva col mare, maturata nell’arco di 30 anni di cucina. Un battitore libero, se non fosse per la frequentazione di Giancarlo Perbellini e Francesco Baldissarutti, che lo hanno affinato nelle tecniche.


I prezzi sono straordinariamente friendly: 32 euro per il menu di terra e 38 per il mare, con una carta dei vini che riserva anch’essa sorprese. Spopola ovviamente il crudo, che ricalca quello amatissimo della Capannina. Sono 4 varietà del giorno (ma su richiesta si può salire a 10) fra tartare, carpaccio e plateau con crostacei, ostrica e burro montato. È commuovente, per esempio, lo sgombro freschissimo, appena rassodato in sale e zucchero, la cui polpa color pastello viene fiammeggiata alla giapponese e accompagnata da rabarbaro e latte di mandorla, per un morso di rosa che trasporta in Medio Oriente. Mentre gli scampi sono marinati nel succo di agrumi e serviti con caramello all’aceto di lamponi.


Fra i piatti caldi tornano il club sandwich di anguilla, il risotto con limone candito, acciughe del Cantabrico e sfere di rosmarino, l’anguilla alla brace con rabarbaro, finferli e demi-glace di anguilla alla riduzione di porcini. Ma c’è anche la terra, sulla quale Irvin manifesta una mano più classica (nel prossimo futuro è attesa la selvaggina). Al momento si può godere di uno spaghetto di patata mantecato al burro acido con classico ragù di piccione al ginepro e polvere di mandarino, da immaginare su un acquatico in stile arancia, e di un medaglione di cinghiale cotto a bassa temperatura e rosolato al burro in padella, servito con cavolo rosso acidulo e tartufo nero uncinato. Una grande cena a prezzi popolari è possibile: ci sarà da divertirsi.

 

Kolibrì | Ristorante

via Basilica,154, 48100 Savarna - Ravenna

Tel. +39 0544 529024

Mail info@kolibricafe.it

Il sito web 

Ristorante Alexander

Poi c’è Mattia Borroni, giovanissimo chef di Milano, che a Ravenna ha ambientato quasi tutta la sua carriera al fast-moving. Figlio di papà progettista in robotica e mamma estetista, ha messo piede in cucina su istigazione parentale, per testare la vocazione prima dell’alberghiero. “Ed è stata una scelta di sopravvivenza, visto che in casa nessuno sapeva cucinare. Avevo 13 anni quando uno chef amico di famiglia, Marco Ceriani, mi ha fatto perdutamente innamorare”. È seguito il Carlo Porta, inframmezzato di esperienze qua e là: uno stage in fiera da Claudio Sadler come qualche extra da Pietro Leemann. Poi immediatamente l’Alexander, cinema degli anni ’20 rimaneggiato con estro dai titolari Sante Milandri, già patron del Bistrot Claridge di Vincenzo Cammerucci, e Pia Casu, arredatrice. Tende e poltroncine in velluto rosso, fra gigantografie hollywoodiane, quale scenografia del suo talento.


Dopo due anni da capopartita e uno stage fondamentale da Riccardo Agostini (“colui che mi ha insegnato la sottrazione, e anche la prossimità: come fare un piatto con meno ingredienti possibili, attingendo tutt’intorno”), è ormai chef da 6 anni. Ma l’asticella, in una zona iperconservatrice, è frenata nell’ascesa.


Dietro il ristorante abbiamo un piccolo orto, dove la mattina raccolgo le erbe, le insalate e alcuni ortaggi. E questo mi aiuta tanto. Con i fornitori cerco un rapporto di scambio, in modo da sintonizzarci sui prodotti. Penso all’aglio nero di Voghiera come al pollame allevato qui vicino. Anche il pesce è stagionale e locale. Ci piace fare acquisti quotidiani, che non lascino fondi di magazzino. Perché la mia è una cucina istintiva, a tratti perfino improvvisata: cerco la sorpresa nel comfort”.


I menu degustazione sono due: di carne a 45 euro e di pesce a 49; li accompagna la carta dei vini curata da Pia con la graziosa sommelier Michela. Ed è una cucina pulita e fantasiosa, soprattutto grintosa, quella di Borroni, che spinge sul pedale dell’acidità, soprattutto nel comparto antipasti, per innescare il testacoda dei contrasti. Vedi la seppia piastrata con il suo fegato, tarassaco e melograno. O la più soave canocchia scottata sulla padella di ferro, servita in una stracciatella preparata con brodo classico di canocchie e un composto di uova, pane e Parmigiano, che forma un passatello liquido (copyright Alessandro Rossi), più scorza di limone a cubetti. Un piatto puristico, lineare non solo nella presentazione, che più territoriale non si può.


Ma spiccano anche i primi: il tortello di faraona arrosto, in omaggio al potacchio della nonna marchigiana, con rosmarino arrosto, scorze di cedro e acetosella, la cui chiave è la bieta, in forma di fondo ferroso che lega e soprattutto di costa, per la masticazione e l’acquosità defaticante. Oppure il risotto, retaggio delle origini milanesi, qui con olio marchigiano, aglio di Voghiera e acqua di cozze, più aglio nero, alghe disidratate e ricci di mare: l’apoteosi del salmastro. E ancora la linguina ai ricci, cotta in acqua di pomodoro affumicata e mantecata all’extravergine, poi guarnita con ricci, salicornia, salsa di ostrica e limone.


Qua e là la tensione si stempera grazie a qualche intermezzo vegetale, per esempio il cardo cotto nel latte e servito con bagna cauda, tartufo e crema di nocciole, per la rotondità delle noci e il trait-d’union con il tuber. Un filone che va approfondito e ampliato. Fra le icone del ristorante c’è infine il dolce salato alle arachidi, dove la nocciolina è declinata in 6 forme: il pandispagna istantaneo al microonde bagnato nella crema inglese al limone, le arachidi sabbiate, il crumble, il caramello, la pralina nel burro di cacao e il gelato.

 

Ristorante Alexander

Via Bassa del Pignataro, 8 48121 - Ravenna (RA)

Tel. + 39 0544 212967

Mail info@ristorantealexander.it

Il sito web 

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