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Gusto Montagna, l’alta cucina in alta quota: al via l’evento con Michelangelo Mammoliti

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina gusto montagna

“Per ogni chef è una sfida, riproporre i propri piatti in qualsiasi parte del mondo”. A Prato Nevoso, in apertura della rassegna Gusto Montagna, Michelangelo Mammoliti ha offerto un saggio della sua grande cucina, tanto tecnica ed esatta, quanto fresca ed elegante nella naturalezza, forgiata sullo skyline alpino.

L'evento

La montagna mette appetito. Le discese e le risalite, la neve e il freddo che chiamano chilocalorie, i prodotti generosi maturati quando intorno era tutto verde, appena pochi mesi fa. Sarà per questo che è sempre più gourmet: se a pranzo, con lo skipass in tasca, la soddisfazione di una baita è imbattibile, la sera il sublime trasloca volentieri su piatti stellati, che chiudono il cerchio della vacanza perfetta.

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Fra le manifestazioni che celebrano il connubio fra alta quota e alta cucina, da sette anni c’è Gusto Montagna a Prato Nevoso, località fra il Monviso e il Mondolè, le cui piste e i cui paesaggi meriterebbero maggior fama. Tanto più che siamo in Piemonte, in provincia di Cuneo ma poco distante dalla Liguria, dove la gola è di casa.

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Ad aprire le danze è stato giustamente chiamato uno chef piemontese, profondamente legato alla cultura della montagna, recentemente insignito (per la seconda volta) di due stelle nonostante la giovane età: Michelangelo Mammoliti (seguiranno Cristina Bowerman, Davide Marzullo, Antonio Ziantoni ed Enrico Marmo, fino al gran finale il 22-23 marzo con i fratelli Cerea, tutti all’opera fra Chalet Rosso, Ski Grill, Baita del Verde e Osteria Le Stalle, strutture che dallo scambio hanno già ricavato stimoli per ottime performance tutto l’anno).

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La seconda stella: si può dire tanta roba? Sono stato felicissimo”, ricorda Mammoliti. “È stato riconfermato il lavoro iniziato in passato e portato avanti nel nuovo progetto, fatto di coerenza e di passione. Con me ho portato parte della brigata, perché ogni successo è dovuto alle persone che crescono insieme, condividendo i medesimi obiettivi e la fiducia nella possibilità di fare grandissime cose. Quindi il direttore di sala Alessandro Marcialis e il sommelier Alessandro Tupputi, i miei due sous chef e diversi chef de partie. Ma al Boscareto mi hanno seguito anche piatti iconici come il manzo in carpione, l’agnello alla parmigiana, Kandinskij, il dessert PH3, il barbecue, lo spaghetto Apollo”.

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Inseparabili, sono stati in sette a seguire lo chef fino ai 2000 metri dello Chalet Rosso. “Nonostante le ferie, ho chiesto chi fosse disponibile. E ho proposto gli stessi piatti del ristorante, con ceramiche diverse. Penso che per ogni chef sia una sfida, riuscire a riproporre i propri piatti in qualsiasi parte del mondo: se ti organizzi, puoi farlo. Abbiamo iniziato a lavorare giovedì perché ci sono preparazioni che richiedono fino a 18 ore di lavoro, come le estrazioni e i sorbetti, che devono riposare”. A supportarlo il team dello Chalet Rosso e i barman della Compagnia dei Caraibi per i cocktail.

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Il mio rapporto con la montagna è simbiotico. Sono nato a Giaveno, in Val di Susa. E in quota torno per raccogliere le erbe spontanee, sciare o andare in bicicletta. È un habitat che mi ridimensiona, una buona palestra che mi riporta alla natura, con i piedi per terra, perché richiede un approccio molto umile. Poi è piena di risorse, per esempio il melilotus albus è stato raccolto proprio a Prato Nevoso, dove ho visto anche tanto ginepro”.

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Fuoriclasse non di domani, ma di oggi, Michelangelo Mammoliti ha offerto il saggio di una cucina straordinariamente matura e compiuta, tecnica, complessa, soprattutto fresca e di impeccabile eleganza. A cominciare dai bocconi degli appetizer: il sanguinaccio di riso venere, dalla testura perfetta, la frittella al topinambur e acciughe, il bombolone di radici, la farinata contemporanea a mo’ di blinis ai ceci col lardo; quale benvenuto il toast di pelle di pollo con paté di fegatini e succo di carote all’aceto di Champagne. Dominano le salse, feticcio dello chef, passato lungamente in Francia: sono eseguite in gran parte secondo le tecniche di estrazione di Yannick Alléno, sviluppate quando Mammoliti era in brigata e poi personalizzate nelle tempistiche. “Fanno il 70% del piatto”, taglia corto da intransigente saucier.

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Andezeno è dedicato a un territorio e al suo prodotto simbolo: il cardo. Quindi il cuore arrostito con aglio, olio, acciuga e fava tonka, poi finito al Josper; l’infusione leggera di bagna cauda all’aglio nero; lo scampo al pesto di cardi con rucola e tatsoi per il leggero piccante; sopra il caramello degli scarti di cardo in estrazione. Una sinfonia complessa di tenerezze e leggerissimi amari, tutta trasparenze, pianissimo, sfumature.

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La zucca cotta al cartoccio con zenzero e vaniglia, condita con i suoi semi tostati, brunoise di zenzero all’aceto di vaniglia e scalogno marinato al suo aceto, dialoga con una scaloppa di foie gras arrostita, più estrazione degli scarti e Huacatay. Anche qui no waste, due protagonisti, pièce e garniture, ma ricamati fino a sfumare in emozione. Poi l’ormai signature Apollo, piatto risalente al 2017 ispirato alle specialità dei nonni presso il ristorante l’Americano, dove la domenica si serviva il pollo arrosto.

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Sottoposto a estrazione, diventa il profumo domenicale in cui vengono risottati gli spaghetti, con una spolverata di cipolla caramellata e qualche cresta di gallo soffiata per il croccante. Bob Noto avrebbe detto: un piatto di concentrazione e di sottrazione”. Ma anche un ossimoro fra primo e secondo, cucina feriale e cucina festiva, nel crash delle aspettative. Con un clin d’oeil alla vecchia pâte garniture. Mammoliti ama pescare. Nel piatto di salmerino alpino rende omaggio anche a Marc Meneau con una drôlerie di verdure in brunoise, cotte in estrazione di sedano rapa e legate al beurre blanc, infusionato di salmerino e delicato melilotus.

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Ancora memorie familiari in chiusura: “Dopo ogni pasto, ricordo che mio papà mi sbucciava una pera e me ne dava uno spicchio, con una scaglia di Parmigiano”. Polaroid che lo chef riproduce attraverso due sorbetti: il primo un po’ fumé di williams arrostita alla brace, il secondo di conference e decana; più il cremoso al Parmigiano 38 mesi, le biglie di pera marinate in distillato alle pere a ripulire, il caviale limone per l’acidità e le paillette di pasta brick con polvere di vaniglia Bourbon.

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