Pizzerie

Figlio di uno degli ultimi, il riscatto sorridente di Gino Sorbillo

di:
Paolo Vizzari
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Storia di una famiglia con il destino intrecciato a un impasto da pizza, e dello scugnizzo d'ultima generazione che sta facendo conoscere il cognome nel mondo.

La Storia

La Storia di Gino Sorbillo


5 maggio 1938 Napoli e la sua gente rumoreggiano curiosi mentre le strade della città vengono riempite da svastiche e divise di soldati tedeschi. Quando la Mercedes 770 che trasporta Hitler rallenta fino a quasi fermarsi all’altezza di via Caracciolo, il Führer ne approfitta per ergersi in piedi e omaggiare la folla di un saluto nazista. Stende il braccio avanti a sé, come da prassi, ma invece della deferenza che è abituato a raccogliere ovunque, si sente rivolgere dagli astanti ben altro commento: “Sta verenn' si for' chiove” (sta controllando se fuori piove). Lo spirito lieve e pungente dei napoletani esorcizza così l’uomo più pericoloso del mondo, con la consueta dolce risata a seppellire ogni bruttura.

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Nel frattempo un ragazzo vispo e moro sta sgomitando nella calca cercando disperatamente di attraversare la città. Si chiama Luigi Sorbillo, e deve raggiungere il prima possibile la sua pizzeria che sta in via dei Tribunali 35, dov’è atteso dalla moglie Carolina per il servizio del mezzogiorno. Il loro è un amore benedetto da farina e lievito, perché lui si occupa della pizza al forno, lei di quella fritta (più piccola e semplice da stendere, dunque facilmente lavorabile dalle donne). Il locale non ha insegna né nome, all’epoca ritenuti superflui, ma nel quartiere è noto come “il buco” o “i quattro tavoli”.

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Zia Esterina
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E’ più una casa che una pizzeria, tirata su con fatica e sacrifici anche dovuti ai ventuno figli (tutti prima o poi pizzaioli, seppure in molti lontani da Napoli per necessità), che animano e colorano la piccola sala da mattina a sera. Gli affari vanno gonfiandosi, ma quando alcuni anni dopo Carolina viene portata via da un brutto male, Luigi muore d’amore dopo poco meno di due mesi. Le redini di famiglia e locale passano allora in mano alla prima figlia, l’assennata Esterina, che fa da madre ai fratelli minori e si impone perché nessuno di loro finisca a fare il guappo.

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1956 - Salvatore Sorbillo (al centro) padre di Gino
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Uno degli ultimi, Salvatore (“diciannovesimo”, come spesso lo chiamano secondo ordine di nascita, siccome ricordare i nomi di tutti è troppo complicato), cresce in pizzeria e diventa a sua volta padre. Il primogenito, Gino, gli nasce nel ’75 e fin dalla culla ha lo sguardo furbo e pulito dei Sorbillo, quindi nessuno si stupisce quando già negli anni delle elementari comincia ad aiutare in pizzeria preparando i crocchè di patate seguendo i consigli dell’amata zia Esterina (per esempio privare la provola della buccia perché non riveli una punta acidula).

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Col tempo Gino si fa ragazzo e viene mandato a fare ragioneria, ma questo non lo allontana dalla vocazione di pizzaiolo. Intanto è diventato banconista, e mentre lavora gli impasti si diverte a spiare le reazioni dei clienti all’arrivo dei piatti, così da capire come sorprenderli ogni volta. Nel 1995, a soli vent’anni, decide di emanciparsi e aprire un locale suo, ovviamente sempre in quella via dei Tribunali di cui è figlio.

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– Nonno Luigi diceva sempre che se mai avesse dovuto lasciare “il buco”, – gli dice il padre, – l’avrebbe fatto solo per prendere l’ex bottega dell’elettricista che sta vicino all’acquaiola.

Gino segue il consiglio del nonno che non ha mai conosciuto e apre proprio lì la prima “Pizzeria Sorbillo”.

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La scelta di chiamarla col cognome desta molti dubbi in famiglia, venendo vista come un po’ pretenziosa e inadatta a portare un valore aggiunto. Gli zii esperti provano a farlo virare verso nomi più convenzionali, come “Vesuvio” o “Capri”, se non addirittura “2000”, in omaggio al nuovo millennio alle porte. Gino però ci tiene che si chiami Sorbillo, perché vuole dare riscatto e onore alla memoria di tutta la famiglia. Alla fine lo lasciano fare, ma il commento più comune che gli dedicano è “Non ce la farà mai”.

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A Napoli la pizza non si somiglia da quartiere a quartiere: quella del Vomero è diversa da quella di Chiaia, e ancor più da quella dei Tribunali che Gino adotta in maniera naturale e inevitabile. E’ una pizza generosa (a “ruota di carro”, come si dice quando è tanto grande da non stare intera nel piatto), irregolare, scugnizza, ma questo non è sufficiente a evitare un primo periodo in cui gli affari non ingranano. Alle fatiche non corrispondono i risultati, però Gino va dritto per la sua strada senza lasciarsi deviare da chi prova a scoraggiarlo, memore di quando zia Esterina veniva presa in giro perché sceglieva i prodotti con grande cura.

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Poi, proprio verso il 2000 (quasi da profezia degli zii), arriva l’improvvisa e inaspettata svolta, con la pizzeria che comincia a riempirsi e la gente che fa la fila per provare le magie di questo giovane fuoriclasse figlio dei Tribunali. Gino non si monta la testa e continua a cercare modi per migliorarsi, studiando gli impasti e intensificando la ricerca di prodotti: fiordilatte di Agerola, “miracoli di san Gennaro”, (i pomodorini di Gragnano resi intensi e carnosi dal terreno poco umido), conciato romano (recuperato dall’oblio da Manuel Lombardi a Castel di Sasso), farine selezionate…

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Ancora un decennio e il successo è totale, trainato da nuove aperture (dal lungomare di Napoli a Milano in zona Duomo, con New York e Tokyo già in cantiere), apparizioni televisive continue, un mare di clienti soddisfatti ogni giorno benché distanti migliaia di chilometri gli uni dagli altri. Con un solo rimpianto: la morte di zia Esterina nel marzo del 2010, appena prima dell’esplosione mediatica internazionale di Gino e del suo nome.

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Zia Esterina
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La ricorda così, con poche parole sincere:

– A lei devo tutto, la ferrea cultura del lavoro che mi ha trasmesso e il sacro rispetto per i clienti. Se la mia pizzeria ancora oggi è indicata fra le migliori, il merito è da attribuire esclusivamente a lei, a zia Esterina, la roccia della nostra famiglia.

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Proprio a lei è allora dedicata “Antica Pizza Fritta da Esterina Sorbillo”, locale nato a Napoli e poi esportato in Giappone prima di arrivare (fresca novità di pochi giorni) anch’esso a Milano.

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Ne ha fatta di strada, quel figlio di uno degli ultimi a cui davano del matto perché voleva fare grande il nome di famiglia attraverso una semplice pizza. Eppure la sua faccia rimane pulita e gli occhi continuano a brillargli ogni volta che racconta un nuovo progetto o si mette a guarnire una pizza sul bancone. Diventa fiero e malinconico solo quando racconta di zia Esterina, ma giusto il tempo di ricordarla come si deve. Poi ritrova la voglia di scherzare, si fa lieve e pungente, e torna a contagiarti con la consueta dolce risata a seppellire ogni bruttura.

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Indirizzo

 Pizzeria Gino Sorbillo

Via dei Tribunali, 32 – 80138 Napoli

Tel. + 39 081 446643

Il sito web di Gino Sorbillo

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