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Troppi costi: Yoji Tokuyoshi chiude la Bentoteca a Milano, ma non è un addio

di:
Redazione
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bentoteca copertina 1

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La Notizia

È un messaggio grato ma estremamente dispiaciuto quello dello chef Yoji Tokuyoshi, fondatore del ristorante giapponese Bentoteca Milano: “Dal 3 maggio la Bentoteca rimarrà chiusa fino a data da destinarsi”. E sui social spiega: “Ci avete accolto in tantissime città con un calore che non potevamo minimamente immaginarci. Speravamo mancasse poco per poter riaprire le porte ed accogliervi direttamente qui da noi, ma questo momento dobbiamo aspettarlo ancora un po’. Di conseguenza, ora ci fermiamo”.


Nato sotto la “cattiva stella” Covid, la Bentoteca ha aperto a maggio 2020 ed è sorta dalle ceneri del Ristorante Tokuyoshi che, dopo 5 anni di attività, ha lasciato spazio a una nuova insegna e a un nuovo format: la “bento box”, una sorta di “schiscia” in versione nipponica che solitamente contiene il riso, un uovo cotto, del pollo e della verdura. Questa è stata completamente rivoluzionata: cucina giapponese con ingredienti italiani più servizio enoteca. L’allievo decennale di Massimo Bottura ha dimezzato il personale dell’ex ristorante che portava il suo nome per dare vita a un delivery dai prezzi competitivi. Una scelta, in parte obbligata, che gli è costata la tanto agognata stella Michelin.


La Bentoteca non si è mai fermata dall’apertura. Nonostante le difficoltà, 50 i pasti giornalieri forniti ai medici impegnati nell’emergenza pandemica all’Ospedale San Giuseppe di Milano. Oggi, il locale, sprovvisto di spazi all'aperto, si trova a chiudere. Troppi i costi. Lo stop, si spera momentaneo, chiude anche il Bento-tour, il servizio di consegne in altre città, tanto amato dalla giovane clientela della Bentoteca. Ultime tappe: Faenza, Bologna, Forlì, Modena, Parma e Reggio-Emilia.


Tokuyoshi rassicura di avere in mente altri progetti, ma non svela nulla a riguardo: “Un anno fa la Bentoteca esisteva soltanto dentro alle nostre teste, era un’idea poco concreta scritta su tanti fogli di carta appiccicati sulla nostra parete. Quei fogli di carta non ci davano nessuna sicurezza, ma portavano speranza e voglia di ripartire. Ci prendiamo un po’ di tempo, esattamente come l’anno scorso, per ricominciare ad attaccare foglietti su quella parete e, magari, qualcosa di nuovo prenderà forma.

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