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L’eleganza è servita: la maturità raffinata di Manuel Bouchard e l’esaltazione del gusto nel nuovo ristorante Fàula

di:
Sara Favilla
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manuel bouchard copertina

Un cuoco in continuo movimento, con una visione larga e profonda, raffinata e mirata all’esaltazione dell’ingrediente. I piatti di Manuel Bouchard al Fàula, per scoprire i sapori di Langa fra certezze consolidate e nuove frontiere di gusto.

Il ristorante

Langhe che non smettono di attrarre e stupire. Ogni volta ci si trova circondati dai pendii pettinati dai vigneti, con strade disegnate da percorrere per arrivare su cime smerlate di chiese e casette, il senso di bellezza è sempre abbacinante e si rinnova il sentimento di armonia contemplativa.



C’è da dire che qui, come solo in poche altre aree, il senso di appartenenza e conservazione è più forte che mai. Le Langhe sono storia, geografia, cultura, ed economia forte. Un’economia che ha fatto della terra il proprio credo, e dalla terra non fioriscono solo colture di grandi ingredienti come l’uva, la nocciola e il tartufo, ma da cui si è generato per riverbero un indotto turistico che non cessa di espandersi.



È di recente inaugurazione la struttura Casa di Langa, a Cerreto Langhe, un po’ defilata rispetto alla zona divinizzata, con colline più elevate e pendii più ripidi, ma non meno fascinosa per gli scorci che offre e persino per il clima, più fresco. Il resort è l’ultimo vanto di Kyle Krause, imprenditore statunitense già noto per aver acquisito le aziende vinicole Vietti e Serafino, e la squadra di calcio del Parma, e che ha profuso tuto il suo entusiasmo per realizzare un nuovo punto di riferimento in cui il lusso non sia un fattore straniante rispetto alla zona, ma dove tutto si declina all’insegna del rispetto di ciò per cui questa terra si contraddistingue.



A partire dal progetto architettonico, che ricorda le antiche fattorie piemontesi, con mattoni e mandolati tipici dell’architettura rurale coi loro trafori di cotto, i cortili che si affacciano sui pendii coltivati in filari ordinati, e anche nei materiali, pietra e legno in primis. Tutto rimanda alla natura e all’architettura vernacolare: i materiali, le tattilità ruvide e imperfette delle superfici, la forte dominante dell’elemento verde vivo e mutevole in cui il complesso ricettivo è immerso e compenetrato fino al suo interno.


E così, oltre alle 39 camere, la Spa e la piscina esterna, l’offerta ricettiva si completa con il comparto ristorativo, affidato a un piemontese doc che ritroviamo finalmente con nuova verve e determinazione. Avevamo lasciato Manuel Bouchard nella sua Barbaresco, in cui dopo il lockdown aveva trasformato il suo Antinè in un bistrot elegante ma più easy going, ora guidato dalla compagna Monica Moschetti e di cui Manuel continua a firmare la linea gastronomica, e nel frattempo la chiamata di Kraus gli dà la possibilità di esprimere il pensiero più alto della propria cucina che in questi anni si è affinata in parallelo alla maturità dello chef.




Basandosi sui piatti legati al territorio, il processo mentale è breve, si muove istintivamente sapendo già dove arrivare, mirando all’estetica e alla leggerezza. Un cuoco in continuo movimento, che oggi giunge al Fàula  - che in dialetto piemontese significa “favola”, in omaggio all’antica tradizione delle Langhe che vedeva famiglie e amici trascorrere del tempo riuniti dopo una dura giornata di lavoro, a prendersi cura gli uni degli altri e a raccontarsi storie – con una visione larga e profonda, raffinata e mirata all’esaltazione del gusto, con il focus sul proprio territorio che si contamina volentieri di ingredienti più internazionali, a creare una cucina di carattere, personale, dai sapori netti e dal gusto pieno.


L’obiettivo dello chef è quello di portare in tavola il racconto di una terra che va oltre le certezze consolidate dei sapori di Langa, e che esplora altre aree, le vecchie usanze occitane e le grandi vallate del nord, oltre all’approfondimento di questa parte di terra ancora nascosta eppure provvida di gusto.


L’orto adiacente al ristorante, che fa bella mostra di sé, è uno dei progetti a cui Manuel tiene particolarmente, e di cui si prende cura insieme al giovane gardener Luigi, un agronomo che coadiuva lo chef nella ricerca su sementi e piante che meglio rispondono alle idee della cucina, oltre al mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema locale.


Foto: Crediti Lido Vannucchi

I piatti

A cena dal martedì al venerdì e anche a pranzo il sabato e la domenica, la cucina di Bouchard si dispiega nei due menu degustazione Il Piemonte oggi (10 portate a 120 euro), e Innocenti evasioni (11 portate a 130 euro).

Aperitivo



Il pasto inizia con gli amuse bouche, una teoria di piccoli bocconi che in parte sono dei classici dello chef: la Foglia di barbabietola con crema di ricotta di Seirass, polvere di nocciola e polvere di acciuga; il Peperone rosso ricostruito ripieno di tonno e capperi, e quello giallo di bagna cauda.

Amuse Bouche



Tra i nuovi sapori di chef Bouchard, una Gelatina di sedano, aceto balsamico di mele e zola liofilizzato e in neve; Asparago maturato per un mese, laccato in aceto balsamico e crumble di cioccolato bianco arrosto; un Bon bon al rafano con caviale di trota ed erba cipollina; un Cannolo di pasta brick ripieno di spuma di salame in purezza, sulla stregua di un pane e salame. Un’overture elegante, che mostra l’evoluzione di un cuoco che sposta in avanti le proprie certezze in una ricerca all’insegna della continuità e della coerenza, in cui si recuperano sapori che dal passato si fanno contemporanei, più leggeri e affilati, e gesti di rara eleganza come quello di porre agli ospiti una salvietta calda inumidita per pulirsi le mani dopo gli amuse bouche.


Al pane, dapprima esposto sul grande parallelepipedo di pietra in sala, viene riservato un capitolo a parte: lo chef dedica molta attenzione sia nella ricerca di grani antichi (come il monococco e l’enkir), sia nelle ricette che ripercorrono tradizioni piemontesi.


Al tavolo vengono quindi serviti la Biova rivisitata con un’idratazione all’80%, più leggera pur restando a base strutto; la Grissia, un panino sfogliato di cui è stata mantenuta la caratteristica forma seppur in dimensioni minori; il pane di Carlo Alberto, che tra l’altro era un gourmand ghiotto di questo pane integrale arricchito di burro, acciughe e noci; i Crescentini, originari del Verbano, realizzati con farina integrale e di farro e arricchiti di fichi secchi, uvetta e noci, ideale con i formaggi; per finire coi Grissini Rubatà a base di strutto e panure di farina di mais.


L’esordio del menu Innocenti Evasioni è orchestrato su note iodate e fresche, e offre una serie di antipasti ancora estivi ma molto eleganti, come Ostrica Kefir e Pino, con ostrica fin de claire cruda su erba ostrica, alla base un succo di pino e acetosa, copertura di neve al kefir di latte di pecora. Contrasti accentuati tra la dolcezza iniziale dell’ostrica che vira quasi sulla nocciola, e il balsamico del pino, completato dalla freschezza del kefir, sia per temperatura che per gusto.

Ostrica, kefir e pino



O ancora Scampo, pomodoro e basilico, a base di un gel all’acqua di pomodoro datterino, basilico anice, basilico limone, basilico cannella, scampo scottato e bisque di scampi all’acqua di pomodoro e olio al basilico. Una retrospettiva sulle sfaccettature del basilico, a conferire freschezza e tonalità mediterranee alla classicità, con una sartorialità dell’ingrediente che lo rende sempre riconoscibile pur nell’orchestrazione corale.

Scampo, pomodoro e basilico



Scampo, pomodoro, basilico



Merita il viaggio il Rombo alla mugnaia, un piatto in due tempi, complesso, dal gusto pieno. Il rombo, al posto della classica panatura in farina, è avvolto in crosta di pancarrè come a ricostruirne le squame. Dopo la cottura in padella e ultimato in salamandra, viene servito con salsa beurre blanc aromatizzata al sommacco e limone.

Rombo alla mugnaia



A parte i suoi risoni (le carni tra le spine esterne) sono panati e fritti in tempura, quindi conditi con un’insalatina piccante dell’orto a base di senape, misune, rucola e wasabi. Un upgrade del classicismo verso la contemporaneità dato dalla freschezza della salsa, il piccante dell’insalata che sublima la sensazione di grassezza, rendendolo etereo ed elegante.

Rombo alla mugnaia



Si vira verso l’interno con le Animelle alla brace e funghi, che arrivano in tavola con una spugnola ripiena della sua royale (gambi in royale e foie gras), il porcino cotto in casseruola, una salsa con succo di porcino fermentato e burro, crema di sedano rapa e animella cotta in padella e adagiata su erbe aromatiche leggermente bruciate a sprigionare il loro aroma, jus di vitello. Anche in questo caso si ha una visione caleidoscopica del fungo, analizzato nelle sue varie specie e in preparazioni e tagli diversi che oltre a dare sapori diversi, tra dolcezze e contrasti di acidità, dialogano felicemente per consistenza con l’animella.

Animelle alla brace e funghi



Tra i primi si ha il Risotto, geranio, cervella e ricci di mare, con il riso cotto in estrazione di geranio al limone e mantecato in burro acido al limone. Sopra troviamo cervello crudo che cuoce con il calore del riso, una salsa ai ricci di mare, capperi canditi, pepe sansho. Un piatto profondo per gusto, in cui il binomio interiora-ricci di mare trova grande equilibrio anche grazie alle note fresche e agrumate che lo rendono elegante e leggero.

Risotto geranio, cervella e ricci di mare



Dei due secondi, il primo è l’Orata, trombette, emulsione di ostrica e pancetta affumicata, dove l’orata cotta al vapore trova importanti compagni di viaggio nella terrina di trombette e gelatina di orata alle erbe; nella ciotola a fianco un cannolo di patate ripieno di crema di patate e ginepro, trombette con mousse di fegato dell’orata e polvere di yogurt. La salsa che l’accompagna è un’emulsione di ostrica e grasso di pancetta, a fare da spina dorsale per acidità e sapidità a un piatto complesso, in cui non necessariamente l’orata è l’ingrediente principale, a favore del vegetale.

Orata, trombette, emulsione di ostrica e pancetta affumicata



E le carni trionfano in maniera audace con il Piccione, audace per essere inserito in un percorso di degustazione complesso e poliedrico, ma senza sfigurare o appesantire. Il piatto si compone di una suprema di piccione scottato sulla pelle e rifinito al gratin con burro al tartufo, abbinato al suo jus e a insalata pak choi e scalogno scottati.

Piccione



Sulla corteccia, come secondo servizio, la coscia (jambonet) del piccione panata nel pane, prustinenga (ragù di interiora speziato), quindi il filetto marinato al caffè, cialda di castagna con paté di fegato. Un piatto importante, un viaggio intorno al piccione, con il jus alleggerito con cotture più brevi per non perdere la freschezza, con ingredienti meno caramellizzati ma più vibranti. Si conclude un percorso con un piatto dall’allure classica e rinascimentale, ma in perfetta consonanza con le altre tappe.

Piccione



Il predessert osa uno Spaghetto cotto in acqua di pomodoro e aromatizzato con limone, zucchero, miele e arancia, condito con composta di pomodoro datterino, ciliegino e piccadilly, e un finto parmigiano che è burro aromatizzato al limone salato e una punta di basilico.

Pre-dessert- Spaghetto con acqua di pomodoro



Una provocazione di fine pasto, che è quasi uno strizzare l’occhio al concetto di cena futurista al contrario, ma che mostra la versatilità di un ingrediente come la pasta secca, poco pertinente la cucina piemontese tout court, ma emblema di una italianità verso cui Bouchard tende di continuo.

Pre-dessert



Il menu termina con due dessert, a cura della pastry chef Sara Giardi. Nel primo, alla base si ha un tè matcha e crema al wasabi, biscotto al pistacchio profumato all’arancia, e sopra un’insalata di cocco, ananas, mela verde, cetriolo, olio alla menta e origano.

Tè matcha e crema al wasabi, biscotto al pistacchio profumato all’arancia



Un mix tra oriente e mediterraneo che sprigiona sensazioni diverse a ogni cucchiaiata, con il comune denominatore della freschezza. L’altro è a base di latte di capra e frutta: un Cremoso allo yogurt, polvere gelata allo yogurt di capra e pepe rosa, gelato al sambuco, cialda friabile di latte di capra, lamponi, biscotto croccante di more e composta naturale. I frutti sono raccolti nell’orto alle 7 di mattina, l’escursione notturna conferisce loro profumi diversi, più intensi, e rendono questo dessert molto gustoso e lungo nel sapore.


Il pasto è reso ancor più memorabile dall’accoglienza, un team di giovani ragazzi – così come giovane è tutto lo staff del resort, capitanato dalla direttrice Eva Codina Candelich – guidati dal maître di sala Danilo Bernardi, approdato qui dopo 6 anni a Piazza Duomo, e due anni a Venezia, prima al Glam e poi al Belmond Cipriani, oltre alla Val d’Aosta al Mont Blanc a La Salle.



I vari momenti, dall’aperitivo all’after dinner sono estremamente curati all’insegna delle usanze piemontesi, con una drinklist che ripercorre con la memoria il concetto di merenda sinoira piemontese, quel momento di pausa dal lavoro specie in vigna in cui si faceva uno spuntino, oppure omaggiando il vermouth, principe dell’aperitivo cittadino


E nella grande carta dei vini, che conta circa 800 referenze, si spazia dalle bollicine più importanti ai produttori italiani che meglio sposano il carattere della cucina di chef Bouchard. Naturalmente importante è il focus sulle Langhe, con un ampio excursus sui produttori storici – tra cui Vietti ed Enrico Serafino, aziende sorelle di Casa di Langa – con belle verticali di barolo e barbaresco, a dare una mappatura approfondita di questa prestigiosa terra.

Foto: Crediti Lido Vannucchi

Indirizzo

Fàula Ristorante- Casa La Langa

Località Talloria, 1-12050 Cerretto Langhe (CN)

Tel: (+39) 0173 520 520

Sito Web

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