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“I social e TripAdvisor mi creano più ansia della Guida Michelin: ogni errore finisce online”. La confessione dello chef stellato Chris Harrod

di:
Alessandra Meldolesi
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Copertina Chris Harrod 2

Recensori feroci e critici improvvisati sono ormai più temibili degli ispettori Michelin. Questa l’opinione dello chef Chis Harrod, secondo cui mantenere la stella può risultare meno stressante che rispondere agli attacchi ripetuti degli haters. Qui la sua storia.

La notizia

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Antonello Venditti. Ed è a tutti gli effetti una storia d’amore, quella che lega la cucina a Chris Harrod, acclamato chef del ristorante Whitebrook. Già a sette anni, il nostro era pervicacemente convinto che la ristorazione fosse la sua strada, da intraprendere sotto il magistero di Raymond Blanc, a Le Manoir aux Quat’Saisons. Ma il percorso per arrivare al suo ristorante, aperto nel 2013 con la moglie Kirsty, non è stato un rettilineo in autostrada.


Non che la mamma di Chris disertasse i fornelli, e anche le vacanze trascorse ogni anno in Francia ci hanno messo del loro; ma è stata la televisione ad accendere la passione. Davanti al video, il piccolo si sintonizzava regolarmente sulle trasmissioni di Keith Floyd; ma fu l’apparizione di Blanc a spazzare via ogni dubbio. Quello che sognava era un ristorante con camere, come i piccoli auberges provenzali dove ordinava bramoso il suo menu degustazione. I primi tentativi con Raymond Blanc, tuttavia, caddero nel vuoto. Alle innumerevoli lettere fioccava sempre la medesima risposta: “Siamo spiacenti, al momento non disponiamo di una posizione confacente”. La formazione iniziò così presso il College of Food di Birmingham, il cui suggerimento fu di proseguire in un cinque stelle. Chris però non si sentiva attratto da quella ristorazione paludata. Piuttosto la sua immaginazione fu catturata da Paul Gayler del Lanesborough, a Londra, che già ai tempi proponeva una cucina vegetariana.


Col senno di poi, riconosce oggi, è stato un bene non essere subito accettato da Blanc, ma salire la scala per gradi. “Altrimenti sarei stato annientato”. Alla fine, ci è arrivato prenotando una cena e offrendosi per uno stage non retribuito. Dopo di che, deliscate sardine per una settimana, gli è stato offerto un lavoro, che ha forgiato per sempre la sua visione. “Raymond Blanc è ossessionato dalla selezione del migliore prodotto e da come estrarne al massimo il sapore. Tuttora il modo in cui cucino e le basi dei miei piatti derivano dal lavoro fatto con lui; mi riferisco a come assembliamo le corse ed estraiamo il gusto. Penso che nessuno sappia farlo come lui”.


Passano 4 anni e Chris sale su un aereo per New York, dove ad assumerlo in pasticceria sarebbe Daniel Boulud, se l’11 settembre non sconvolgesse ogni piano. Al suo posto c’è pronto Alan Murchison, già a capo della scuola di cucina di Blanc, che lo ingaggia come sous-chef per L’Ortolan a Reading. Un passaggio ulteriore verso la gestione in solitario. Eccolo, quindi, chef per cinque anni di Collete’s at the Grove, fine dining di un cinque stelle nei pressi di Watford.



Il sogno è sempre quello di diventare chef patron di una struttura con camere. Trovarla, tuttavia, si rivela un’impresa titanica. Tanto che Chris, che nel frattempo lavora come consulente, pensa spesso di non farcela. Dopo qualche anno, eccolo sfiduciato riprendere i colloqui per entrare in una brigata. “Ed è stato molto deprimente e frustrante. Quando sembrava che non potessi farcela, mi recavo ai colloqui di lavoro e mi dicevano che a 38 anni ero troppo vecchio, ero passato”.


Fino al 2013, appunto, quando finalmente trova la sua location, The Crown a Whitebrook, Monmouthshire. È un amico a suggerirgliela; inizialmente tituba, gli sembra una cattedrale nel deserto, che non riesce neppure a raggiungere. “Poi mi sono detto che non avevo niente da perdere, quindi proviamo!” La riapertura avviene sotto il segno di una cucina francese moderna, con fornitura diretta dai produttori e il contributo del forager Henry Ashby, che via via orienta in senso naturalistico la creatività. Passano appena 11 mesi e nel settembre 2014 è già stella Michelin, il traguardo di una vita, tagliato nel momento più inatteso.


Non penso sia stressante mantenere la stella. Piuttosto sono persuaso che i social media, Tripadvisor e i vari blogger esercitino una pressione costante per tenere alti gli standard. Puoi avere una giornata storta ed è subito tutto su Internet”, lamenta. Gli Harrod però non sono ancora paghi. Nel mirino c’è la sostenibilità, con la rinuncia alla plastica monouso, l’impiego di energie rinnovabili, la gestione dell’orto, il compostaggio degli avanzi e un vegetale sempre più egemone, ma senza esclusivismi.

Fonte: walesonline.co.uk

Foto dal sito thewhitebrook.co.uk.

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