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Allarme pasta: prezzi alle stelle per carenza di grano. Cosa ne pensano i grandi pastai italiani?

di:
Alessandra Meldolesi
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Allarme pasta prezzi alle stelle cosa ne pensano i pastai

Non solo semiconduttori e materiali per l’edilizia: anche il mercato dei cereali è salito sulle montagne russe del long-covid e del climate change, con il rischio di una precarietà alimentare diffusa. I commenti dei grandi pastai italiani sulla conseguente impennata dei prezzi.

La Notizia

È il cibo rifugio degli italiani: un welfare alimentare di fatto, per la capacità di sfamare a minimo costo e con la massima soddisfazione chiunque, dal disoccupato al miliardario. Ma la pasta che ci è così cara presto potrebbe diventare anche costosa: le nubi che si addensano sui raccolti 2021 non lasciano presagire niente di buono.


C’è la siccità in Canada, con il conseguente atteso calo dei quantitativi disponibili. E ci sono le inondazioni in Europa, dovute alle piogge eccezionali. I due fattori, insieme, stanno innescando l’impennata dei prezzi. Tanto che la filiera in Francia ha chiesto un piano d’urgenza. “I disordini climatici mettono a repentaglio il commercio della pasta in Europa”, denunciano i produttori in un comunicato congiunto.


Basti pensare al Canada, primo produttore mondiale di grano duro: la canicola causerà una contrazione dei volumi record, secondo le cifre fornite dall’istituto di statistica StatCan. Sul mercato dovrebbero arrivare meno di 4,2 milioni di tonnellate, ovvero il 32% in meno della media dell’ultimo lustro e il 30% in meno delle previsioni compiute appena un mese fa, il 20 luglio. La congiuntura si combina con un basso livello di stoccaggio nei magazzini, che rende impossibile colmare il gap.


L’Europa, dal canto suo, si appresta a trasformare 7,3 milioni di tonnellate rispetto a un fabbisogno di 9,5, a causa delle piogge che si sono riversate sui campi in fase di fioritura e mietitura. Ed è così che da metà luglio il prezzo del grano duro nei listini è schizzato del 30%, ma potrebbe impennarsi ulteriormente se le cifre canadesi dovessero rivelarsi definitive. Mentre la Russia ha già deciso di tassare le esportazioni.


L’andamento non è diverso per il mais, a causa della super domanda dovuta alla necessità di ricostruire gli stock dopo il fermo pandemico, con la Cina che si accaparra un quantitativo pari al quadruplo delle attese.


Ma c’è chi ostenta ottimismo, come Giuseppe Di Martino del Pastificio dei Campi: “Se la quantità scende, il prezzo sale. È matematico. Ma si possono mettere a seminativo maggiori aree per produrre di più. Quando il prezzo non giustifica il seminativo, non si produce, ma, se i prezzi aumentano le cose cambiano. Quindi il problema non c’è. Non penso neppure che la causa siano i cambiamenti climatici, piuttosto una combinazione di fattori, come la grande domanda dell’anno scorso e il raccolto scarso del Canada, che però non è ancora partito. Si sta giocando tutto sulle aspettative, quindi c’è tanta speculazione”.


E Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani: In Italia il raccolto non è andato male, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. I volumi sono rimasti pressoché invariati. A preoccupare però è la visione futura. Viviamo in un mercato permeabile: ciò che succede in Canada influisce su tutto il mondo. Se quel paese non è in grado di sostenere la necessità di couscous in Maghreb e di buona parte della pasta in Italia, gli operatori si rivolgono ad altri mercati, mentre le quotazioni cambiano. Inoltre, le scorte di fine raccolto per il terzo anno di fila sono in calo, quindi fra qualche tempo potrebbe venir meno la continuità.


La responsabilità è del climate change e dei fenomeni estremi che scatena: il 90% delle aree coltivate a grano secondo l’agenzia delle Nazioni Unite è a rischio siccità. Ma il mais, che alimenta gran parte degli allevamenti con la soia, richiede il decuplo di acqua del grano duro. Quindi ci sono state richieste di altri cereali anche da parte degli allevatori. Una tempesta perfetta, con picchi che probabilmente raggiungeremo in ottobre, ma la tensione potrebbe durare almeno 18-24 mesi. Quanto possa crescere il prezzo della pasta, non posso prevederlo. Dipende dalla capacità di assorbimento delle filiere”.

Fonte: bfmtv.com

Foto Giuseppe di Martino: Crediti Pastificio dei Campi

Foto Riccardo Felicetti: Crediti Pastificio Felicetti

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