I protagonisti dell'enogastronomia Chef

"Molti paesi non sono pronti per l'alta cucina: copiano e basta". La riflessione dello chef Santiago Lastra.

di:
Alessandra Meldolesi
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Copertina Santiago Lastra

Sta dimostrando che la cucina della sua terra “non è solo tex mex” e che il fine dining può offrire cibo di alto livello anche in un ambiente “rilassato”. Ma quando si tratta di fare confronti, Santiago Lastra è lapidario: “Molti paesi non sono pronti per l’alta cucina”.

La notizia

Dopo la breve stagione della globalizzazione gastronomica, anche la cucina potrebbe essere travolta della deglobalizzazione in atto. Se ne colgono qua e là le prime avvisaglie, per esempio nella consapevolezza che no, la cucina non è ancora affare di tutto il mondo. E se lo dice uno chef messicano di stanza a Londra, c’è da porsi seriamente il problema. Parliamo di Santiago Lastra del ristorante Kol, che in un ribaltamento vertiginoso applica al confronto fra Regno Unito e madrepatria, gli schemi della cucina “contaminata” che da tempo avvince territori di pari noblesse: paradigma messicano e prodotti inglesi, quindi, per un successo travolgente su quella che è una delle piazze più esigenti del mondo. Di fatto, dopo la chiusura di Pakta e Punto MX, si tratta dell’unico stellato messicano in Europa.


Santiago non è certo un cuoco improvvisato: dopo la gavetta per ristoranti italiani in patria, la sua formazione si è svolta al fianco di Pilar Idoate, Andoni Luis Aduriz e René Redzepi. “Al Mugaritz ho lavorato presso il dipartimento di creatività, imparando molto sull’innovazione nel 2013. Ho fatto esperienza con Juan Vargas, Pablo Lagrange, Miguel Caño e David Chamorro. Nello stesso tempo ho completato i miei studi frequentando un master in Cucina di Innovazione al Basque Culinary Center”.

Crediti Haydon Perrior



Poi una girandola di pop-up, fra cui il distaccamento del Noma in Messico nelle vesti di project manager (“fondamentale per capire cosa sono veramente il Messico e la gastronomia messicana”) e il perfezionamento al Nordic Food Lab, approntando tortillas con grani scandinavi. “A quel punto ho avuto contezza di voler mostrare la ricchezza gastronomica messicana, a prescindere dai luoghi. Avevo viaggiato così tanto che il concetto di ‘focolare’ sfumava. E ho scelto Londra come città globale, metropoli cosmopolita incontrata grazie a qualche pop-up, che già conosceva la cucina messicana ma dove c’era ancora spazio per mostrarla in modo migliore. Una città che parla una lingua egemone, con gente aperta, che avrebbe consentito a me e ai miei clienti di viaggiare lontano.

Crediti Laura L.P.



Londra era l’opzione migliore, così sono venuto e ho esplorato il paese per oltre un anno, in modo da conoscere i produttori, mentre facevo eventi e incontravo investitori. Il risultato è Kol: un mix di cultura e cucina messicana con ingredienti del Regno Unito. Un fine dining che però non è serioso, perché vi celebro anche la cultura messicana della festa a tavola, attraverso la condivisione, in modo da realizzare un’esperienza paragonabile a quella che avverrebbe in loco”.

Kol Restaurant



Sono grato di essere messicano, cosa che mi ha permesso di viaggiare e lavorare in tutto il mondo. Mi ispiro alla nostra gastronomia, è così grande e varia che non manca mai l’ispirazione. E la gente ci vuole bene, è la realtà. Quindi è qualcosa che apre delle porte, anche se qualcuno potrebbe prenderci un po’ più sul serio. E da Kol è possibile. In giro c’è ancora tanto lavoro da fare, si può migliorare, c’è molto tex-mex.”, dice a proposito degli stereotipi che circondano il cibo “etnico”. “Ci sono molti paesi che non essendo pronti per l’alta cucina, si limitano a copiare. Esiste una specie di formula generale per questo tipo di cucina. Parlando di tradizione, invece, ci sono molte differenze. Mi appassiona il modo in cui una cultura si esprime attraverso il cibo. Come la musica, come la samba in Brasile”.

Fonte: 7 Canibales

Foto di copertina: Crediti Daniel Hambury-Stella Pictures Ltd

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