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Oseleta a Villa Cordevigo: la stella che attira i gourmand dal mondo in una dimora del ‘500

di:
Lucia Facchini
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Un’ex dimora cinquecentesca che rifugge l’idea dello stay pianificato a tavolino: Villa Cordevigo forgia nuovi paradigmi di intrattenimento, assommando relais, cantina e ristorante stellato nelle stesse antiche mura. Il plus? La tavola di Marco Marras, dove l’edonismo entra nel radar creativo.

Villa Cordevigo

"Lo senti? È il verso del nostro fagiano. Un tipetto orgoglioso, che si contende lo scettro del parco con picchi e lepri. Se ci fai caso, la fauna alza il tono quel tanto da coprire il ticchettio degli orologi. Ciascuno ha il suo carattere, persino i cipressi, di cui usiamo le gemme per realizzare un gin che distilla l'ecosistema. Basta ascoltare il bosco per scoprire ciò che l'occhio non vede". L'arrivo a Villa Cordevigo è quanto di più distante da un wild trip frenetico stile safari. Eppure, c'è quasi un assaggio di avventura nelle parole di Paolo Consolini, Virgilio sui generis che in questa antica residenza veneta pare abitarci da sempre, tra le fronde animate dal fruscio dei volatili e le sale con scampoli di affreschi alle pareti.

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paolo consolini
 

"La vedo come un'elegante dama del '700, a cui spesso serve una rinfrescata per restare nel presente. Ma con gli anni guadagna allure, perché il tempo la fa bella". È lui a presentarla agli ultimi arrivati, in uno scioglilingua di secoli-eventi-personaggi scandito a volte dallo shacker di un drink di benvenuto, altre dai passi sonanti sul vialetto del mini-giardino all'italiana.

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Chi l'avrebbe mai detto, che tutto fosse iniziato tra i filari? Proprio così: dopo l'esordio bucolico a un soffio di vento dal Lago di Garda, le due "famiglie del vino" Cristoforetti e Delibori (già forti delle tenute nel Bardolino Classico) estesero le proprie mire all'ex dimora rinascimentale passata di conte in conte e lustrata a nuovo nel diciottesimo secolo, che oggi assomma resort, cantina e ristorante stellato nelle stesse poderose mura.

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Rimane però la suggestione di sfilare fra i tavoli immaginando che il luogo in cui troneggia il banchetto della colazione fosse un'operosa filanda per la tessitura della seta; oppure, lo stupore di alloggiare in una "Suite del Vescovo" con caminetto regale e soffitto policromo, mentre in Spa l'uva diventa un tonico rituale "scacciatensioni".

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Chi va in avanscoperta dopo il check-in ne torna decantando la "chiesetta sospesa" con 3000 reliquie di San Martino, che veglia dall'alto la corte esterna gettandovi un velo di spiritualità; a una manciata di metri, gruppi di buongustai coscienziosi espiano i propri guilty pleasures col "percorso della salute" lungo l'asse naturale delle colline.

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Percorso Vita Villa Cordevigo Wine Relais 1
 

Frammenti di esperienze amalgamate da un menu trasversale: quello di Marco Marras, testa e polso del fine dining Oseleta; un cuoco pronto a sciogliere i grumi d'austerità in salsa comfort, tranciando di netto i formalismi dell'haute cuisine.

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Lo chef e il Ristorante Oseleta

Per i fan delle regge ammantate di verde, dormire a Villa Cordevigo è un'experience nell'experience. Tuttavia, gran parte del flusso di prenotazioni che affolla il database di Oseleta rifugge l'idea dello stay pianificato a tavolino. C'è chi cena e torna la settimana seguente, chi rimane 15 giorni di fila e chi macina chilometri da sud a nord per un weekend di ritiro lussurioso; c'è l'americano innamorato di vini, il francese gastro-esigente e la comitiva di ragazzi veneti al suo battesimo di fuoco coi menu degustazione (seduta proprio davanti a noi).

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Che algoritmo smuove una variabilità così ampia? Per rispondere occorre conoscere Marco Marras, cuoco sardo giunto in regione con una discreta collezione di voli intercontinentali, da Ginevra a Miami, fino all'Eden alberghiero delle Hawaii, dopo aver affilato le lame presso colossi come lo Splendid di Portofino e l'Hotel Hermitage di Madonna di Campiglio.

Chef Marco Marras
 

In estrema sintesi, il globetrotter da cui ti aspetti una sinfonia attuale sul motivo di ingredienti scelti, senza cadere nel solito ritornello di "miniature" dall'hashtag facile. E infatti: "Ho l'orto qui fuori, passo al setaccio i produttori di pollame e zafferano, assorbo costantemente l'energia di questa terra", ci racconta con uno scintillio sincero negli occhi, "ma al tempo stesso infondo ai piatti il gusto dell'esplorazione".

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Così Oriente e Francia fanno spesso cucù tra certezze locali, mentre l'edonismo entra spontaneo nel radar creativo: "Diamo il massimo affinché Oseleta sia un ristorante che funziona, dove il piacere sta al passo con la rifinitura estetica", afferma convinto. Il dado si trae solo nel bel mezzo del percorso, quando l'intreccio di classicità e arguzia lascia appagati, eppur curiosi di scoprire quale sarà la prossima svolta percettiva.

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I piatti di Oseleta

Se la sala appare solenne, tra morbide sedute e tendaggi agée, il team sfreccia con un baricentro tutto suo; oltre il solito balletto, una danza moderna che ricalca l'impronta del menu. Tre i sentieri percorribili: In Viaggio con lo chef (5 portate a 125€), Oseleta (6 a 150€, che vi raccontiamo di seguito) e Natura, il vegetariano (4 a 95€). I vini? Schierati in due fazioni opposte e complementari: da un lato le ottime etichette di proprietà (Vigneti Villabella); dall'altro un campionario di eccellenze in progress, con focus tattico su Champagne e spumanti italiani. Ne deriva un sorso continuo ritmato dagli aneddoti del sommelier Gian Morris, pronto a offrire nuove chiavi di lettura oltre l'etichetta.

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Colpisce lo starter dal decollo zuccherino, nato tra i flutti e riemerso sulla terraferma: in carta "Capesante scottate, zucca, amaretti, fonduta di blu di bufala e polvere di liquirizia"; in bocca un teletrasporto del pesce nell'orto invernale. All'assaggio, invece del mitile carnoso e "nocciolato", spicca la carezza avvolgente del formaggio, ripresa da un dolce buffetto green. "L'ho composto pensando alla pasta fresca con zucca e amaretti", spiega Marco, "di cui isolo la farcitura per guarnire i molluschi, scottati alla plancia e gratinati con la leggera panure-biscotto, mentre sul fondo c'è la mostarda del vegetale". Un ingresso barocco snellito da liquirizia e caviale di aceto balsamico, per spalancare di colpo le porte dell'asprezza.

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Poi però il primo ripieno arriva davvero. Un cappelletto senza ombra di carne: il sunday lunch pronto all'imbarco, direzione Giappone. Sotto il velo tirato fine, un cadeaux di crostacei che si salda e si fonde sul palato con tutto l'involucro, bagnato dal brodo di pollo alla soia. "È la mia idea di mare che sconfina gli atlanti, legando Asia e Mediterraneo". Vuol dire acquistare i volatili in una fattoria a 13 Km di distanza dal ristorante e, insieme, enfatizzare l'umami del consommé coi funghi shitake. "Perché, se ci pensi, un fagottino di sfoglia può inglobare paesi interi".

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Ritorno al futuro nel Fusillo spadellato con bagna cauda e impiattato su un dripping di quattro salse a mano libera. "C'è quella di borragine, che cresce spontanea in villa, tra l'erbaceo e l'amaricante; la melanzana affumicata, dalla memoria di mia nonna che l'abbrustiva pazientemente su fiamma vivace; il nero di seppia, inchiostro puro per la firma salmastra". New entry, da quest'anno, lo zafferano, storicamente iscritto all'anagrafe della Valpolicella e presente pure nei soffici panini serviti durante il pasto, nonché nel burro speziato. A decorare il fusillo, gel di bergamotto e spolverata di lime. In sala riscuote consensi la degustazione interattiva, con la forchetta a "unire i quadranti" per mescolare le creme sul momento: così l'occhio le scinde e il palato le somma in un abbraccio "klimtiano" di elementi affini.

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Più pop l'agnello brasato per 12 ore all'interno del fieno, finché la fibra non sfiora l'effetto "butter-tender": una prova del nove sulla spalla stracotta, da incidere quasi senza coltello. Lo affianca uno scalogno glassato e in crema, fra nocciole e germogli dell'orto che mettono in moto la mandibola; ma il livello di finezza cresce col tortino millefoglie di rapa e tartufo, eretto sulle sfumature terragne del bosco. 

marco marras dessert
 

Da Oseleta il dessert resta fedele al suo concetto originario, schivando l'ondata di popolarità dei "dolci non dolci". Largo, dunque, al cioccolato Valhrona tornito in forma di lingotto, con doppia mousse di caffè e liquirizia e croccante di nocciola per un ghiotto happy end al cucchiaio. Aggiunge punti l'epifania di un valido carrello dei formaggi a prolungare -volendo- l'excursus salato.

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Il Ristorante Cordevigo, la colazione e il cocktail bar

Non di solo fine dining vive il buongustaio errante, e forse sta qui la vera sfida: vestire la cucina d'hotel di una livrea variegata. Va in questa direzione il Ristorante Cordevigo -ospitato dalla stessa sala che vi accoglierà al mattino, con le finestre protese sul parco- dove i piatti cavalcano il mito della cucina regionale, partendo talvolta al galoppo verso lidi più estrosi.

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Capita, quindi, di imbattersi in una superba Guancia di manzo brasata su crema di patate e cime di rapa, in uno Spaghetto Monograno Felicetti che fa convolare a nozze capesante e puntarelle o, ancora, in un Tiramisù scomposto col savoiardo a mo' di crumble e la cupola al mascarpone: pezzi d'epoca restaurati, un vintage rimesso a nuovo che dispensa briciole di sorpresa.

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Al risveglio, invece, spiccano in tavola le torte da credenza (vedi la pastiera, puntuale negli aromi e centrata sulla ricotta), un discreto catalogo a base uova (dalle crêpes dolci e salate all'omelette col salmone) e la selezione di succhi e latti energizzanti (anche vegetali). Il dopo cena? Si fa al salottino del Bar Fiordilej, guidati da un maestro della mixology come Pino Fragnelli, sorbendo un London Dry Gin che intrappola i sentori dei cipressi "incontrati" all'arrivo.

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Il vocìo degli ospiti già stempera nell'aria l'attesa della prossima escursione alcolica "from grapes to glass". Perché a Villa Cordevigo tutto chiama il racconto. Pure un calice di Amarone post-gita tra i filari.

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Foto dei piatti di Sebastiano Barbieri

Foto dello chef di Andrea Fongo

Contatti

Villa Cordevigo- Ristorante Oseleta

Località Cordevigo, 1, 37010 Cavaion veronese VR

Telefono: 045 723 5287

Sito web

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