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Alba sempre più polo gourmet: i grandi chef nel nuovo evento Food for Future

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina food for future

Si aggiunge al calendario del foodie un nuovo evento: Food for Future ad Alba, durante la stagione del tartufo bianco, sorta di think tank che vuole mettere a fuoco temi e luoghi della cucina contemporanea.

Nella stagione del tartufo bianco, l’autunno avanzato, Alba diventa la capitale mondiale del food. Tuttavia a parere di Sarah Scarparone e Domenico Biscardi mancava ancora qualcosa: un evento più riflessivo, che facesse il punto sulle tendenze della cucina contemporanea portando sul palco i suoi protagonisti. A cominciare ovviamente da Enrico Crippa, per poi allargare lo sguardo sui cugini appena oltre il confine, con nomi di primissimo piano che hanno tenuto monologhi avvincenti.

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Il primo giorno è stato dedicato a una serie di panel tematici stimolanti, che si sono svolti presso il Teatro Sociale di Alba: da Iginio Massari, che ha aperto le danze discettando di “Evoluzione in pasticceria”, a Massimo Spigaroli, Antonello Magistà e Simona Beltrami, interpellati a proposito di “Valori gastronomici del territorio”; da Antonio Biafora e Simone Cantafio, alle prese con i “Panorami alpini”, a Beppe Rambaldi sulla pasta. Ottimo poi il dibattito fra Andrea Bezzecchi, Josko Sirk e Silvio Salmoiraghi sull’acido, gusto soglia che non chiama concentrazioni ma giochi di fioretto, molteplice e stagionale nell’evoluzione della materia, naturale oppure antropico. Quell’aceto che ha superato il complesso di inferiorità con il vino, configurandosi come espressione compiuta di uomo e territorio. L’occasione, fra l’altro, per omaggiare Marchesi e il suo burro acido nel risotto, ma anche Pierangelini per la spruzzata di aceto al passe. Sul selvatico, a seguire, Matteo Sormani si è confrontato con Alessandro Gilmozzi e Alessandro Gavagna; sulle città Antonio Ziantoni con Alessandro Negrini, inedito Marcovaldo, e Davide Franco, restaurant manager di Piazza Duomo.

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La seconda giornata è stata invece dedicata alla Francia, paese ospite nonché culla della gastronomia, troppo spesso trascurata in favore degli ultimi arrivati. Dopo Enrico Crippa, che ha rivangato i suoi trascorsi da Christian Willer e Michel Bras, lodando la disciplina e il rigore che ancora improntano la sua gestione, nomi altisonanti quali Régis Marcon, straordinariamente umile nel discettare di “cucina libera” da autodidatta totale, che pure ha vinto il Bocuse d’Or. Ha tratteggiato una trasmissione del sapere fondata sul dare voglia, fiducia, esempio, seguendo i sogni dei giovani, nonché piatti che dipingono la natura e fanno rivivere i luoghi.

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E ancora Blanche Loiseau, alla testa di un bistrot, e Marius Dufay, chef pâtissier del Mirazur, che ha raccontato come un archeologo e un antropologo in squadra aiutino a centrare l’obiettivo della cucina sostenibile, ricercando nel passato le soluzioni, momento più dispendioso del processo organizzativo. “Perché il vero ingrediente di lusso è quello che esprime l’istante e il luogo, magari attraverso il foraging”. Ricorrenti i temi, a dimostrazione che tutto il mondo è paese: locavorisme, iperstagionalità, durabilité, centralità del fattore umano, nuovi equilibri fra vita privata e lavoro, oltre le sirene del greenwashing e dello storytelling.

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Sarah, come è nato l’evento?

Il progetto del Food For Future Festival è nato sulla suggestione del pensiero di fare qualcosa di reale legato alle Creative City Unesco. In questo contesto mi ha chiamato lo chef Luciano Tona, Ambasciatore di Alba Città Creativa Unesco, che da anni lavora con la Città di Alba e l’assessore al Turismo Emanuele Bolla su questi temi legati alla sostenibilità e alla creatività. Il Festival è nato da questo percorso, da una condivisione di idee tra me e Tona connesse a questi argomenti. E direi che proprio la condivisione di idee e di visioni concrete sia stata la chiave di lettura migliore per la definizione del programma e la scelta dei relatori.

Quali sono i suoi obiettivi?

Il fine di questo Festival era chiaro fin sa subito: raccontare nel territorio albese quali fossero le motivazioni e le spinte che altri protagonisti della ristorazione, della pasticceria e della gastronomia italiana e francese hanno verso il prodotto, la sostenibilità e la biodiversità. Storie di persone, in primis, di modelli imprenditoriali, di approcci, di soluzioni e interpretazioni capaci di essere motivo di confronto e di riflessione. Ascoltare da altri diventa spunto, fermento, seme in grado di far muovere, pensare e costruire anche sul futuro di questo territorio e il Festival ne diventa portavoce, cassa di risonanza, amplificando il messaggio di più voci. Io credo che in questo settore ci sia bisogno di tornare a parlarsi, di costruire dialoghi, intrecciare rapporti, consolidarne di nuovi e trovare il modo, oggi più che mai in una società dilaniata da crisi economiche e incertezze, di fare sistema. Si è forse perso negli anni, a fronte dell’apparire, il dialogo più concreto e reale, quel confronto umano, prima ancora che imprenditoriale, motore di creatività e infinita bellezza.

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Cosa vi contraddistingue?

Il fattore umano, senza ombra di dubbio. Una dimensione raccolta, la volontà di uno scambio reale, informale, di un confronto autentico fuori dal cucinato e capace di andare oltre i riflettori, unendo in primis le persone. Con Tona abbiamo cercato di coinvolgere persone con uno spaccato umano forte per esperienza e per vita vissuta, ma anche giovani con la voglia di raccontarsi e con una prospettiva futura molto ampia. Ne sono usciti dialoghi non impostati, ma spontanei, autentici, in alcuni casi anche emozionanti. Racconti di uomini e donne prima che di chef e ristoratori. Questo ha permesso un profondo senso di condivisione, ha eliminato barriere di formalità, ha delineato tratti comuni e ha testimoniato come la cultura che ruota intorno al mondo del cibo rappresenta una potenza dirompente interna all’intero settore. Ed è cambiato anche il ritmo della narrazione rispetto a quello che può essere un convegno classico: con 10-15 minuti a disposizione di ogni relatore e un tema comune sviscerato individualmente, si è andati al nocciolo del discorso, senza perdersi in troppe argomentazioni e mantenendo l’attenzione e il coinvolgimento del pubblico in sala molto alto.

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Prospettive future?

L’edizione del prossimo anno è stata già annunciata a chiusura dell’evento dall’assessore Bolla, quindi si farà. Vogliamo continuare su questa strada, coinvolgendo anche altri paesi oltre alla Francia, protagonista del secondo giorno di questa edizione: paesi capaci di rappresentare modi e stili di vita con la consapevolezza comune che anche il mondo del cibo debba essere cambiato e indirizzato verso lidi più solidi e sicuri, meno virtuali e più reali. Riuscire a comprendere il pensiero degli altri, confrontandosi, aiuta per migliorare tutti insieme.

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