Fra i ristoranti tematici giapponesi ci sono anche gli yakitori, che servono il celebre spiedino. Una specialità
nata come street food, che si è evoluta in fine dining. E la Michelin non è stata a guardare.
La notizia
Il Giappone non è solo sushi e kaiseki. Fra i ristoranti tematici ci sono da sempre gli yakitori, letteralmente “uccelli grigliati”, visto che inizialmente si trattava di bocconcini di pollo infilzati su uno stecco e cotti sul carbone al mercato. Al pari del sushi, la specialità nel tempo si è evoluta, trasformandosi da umile street food sulle bancarelle a sofisticata icona del fine dining.
Uno dei posti in cui provarla al meglio si chiama Torishiki ed è un piccolo ristorante di Tokyo, nei pressi della stazione di Meguro. Lo chef patron Yoshiteru Ikegawa l’ha aperto nel 2007 e nel giro di tre anni ha ottenuto la stella. I coperti sono appena una dozzina, quindi è d’uopo prenotare con largo anticipo: attualmente la lista d’attesa è di due mesi. Secondo la tradizione dei ristoranti omakase, non ci sono menu scritti: a farne le veci è una sfilza di tavolette di legno appese a una parete, che elencano gli ingredienti di stagione disponibili quel giorno. Il resto dipenderà dall’estro dello chef.
Di fatto si tratta di bocconi di coscia, ventrigli o fegato di pollo dalla morbidezza enigmatica, che si sciolgono in bocca. “Usiamo solo una razza speciale di polli ruspanti conosciuta come Date di Fukushima. Somigliano ai volatili della Bresse e hanno una polpa più profumata degli altri. È importante anche scegliere carbone di alta qualità, perché deve essere in grado di reggere temperature altissime. È il calore a rendere il pollo succoso”. Lo testimoniano le mani dello chef, martoriate dagli anni spesi a girare spiedini senza protezioni.
“Siamo un piccolo ristorante, quindi non siamo sempre in grado di accogliere chi cerca un posto al bancone. Mi dispiace sempre mandare via le persone quando siamo pieni e non do mai per scontato che escano di casa per il desiderio di mangiare proprio qui. Gli yakitori piacciono a tutti. Non vedo l’ora di incrementare il nostro business all’estero, in modo che più persone abbiano accesso a questa cultura”
Siamo nel Giappone profondo e lo testimonia l’altare kamidana all’entrata, dedicato alle divinità del santuario Otori a Meguro: prima di ogni servizio, lo staff rende loro omaggio, mentre ringrazia gli ospiti. Ma Ikegawa è fiero del suo apprendista Hideo, che ha studiato negli Stati Uniti. “È molto importante che siamo capaci di conversare con gli ospiti, indipendentemente dalla provenienza, perché l’interazione è uno degli aspetti principali nel servizio degli yakitori”.
Fonte: timeout.com