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Pulejo, stella Michelin in 7 mesi: l’exploit di Davide Puleio a Roma

di:
Leonardo Samarelli
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Lo chef romano Davide Puleio torna nella Capitale conquistando critica e pubblico in meno di un anno. Il segreto? Un fine dining “comfort” che punta a soddisfare il maggior numero di clienti. Nel menu piatti del ricordo in veste moderna, con lo zampino di un certo Apicio.

Pulejo

Il ristorante


Era il 31 marzo del 2022 quando Davide Puleio ha cominciato la sua nuova avventura romana: da quella data, sono arrivati in tempi record numerosi riconoscimenti da parte di pubblico e critica. Premio novità dell’anno per la Guida Ristoranti del Gambero Rosso e, qualche mese più tardi, il riconoscimento della stella Michelin, già conquistata dallo chef romano alla guida dell’Alchimia, insegna fine dining di Milano. Risultati cercati e voluti, ma inaspettati in un frangente temporale così breve.



In effetti, Davide col suo ristorante Pulejo ha centrato l’obiettivo. Alta gastronomia, si, ma in un’atmosfera confortevole e intima. Ai fornelli il suo diktat è cucinare bene per mangiare bene, veicolando il cliente attraverso piatti saporiti e riconoscibili, non esclusivi. L’ago della bilancia di Pulejo è proprio questo, arrivare a una platea di commensali più vasta possibile. “Non smetterò mai di ripetere”, spiega infatti lo chef, “che la classe è nella semplicità: bisogna coccolare il cliente con prodotti di altissima qualità, senza strafare. Questa è la chiave che ti aiuta a crescere ed avere risultati”.

@Alessandro Barattelli



Un pensiero che ha contraddistinto il suo percorso sin dal battesimo in una brigata di alto livello, nella cucina del Convivio Troiani a soli 21 anni, insieme al suo grande amico Daniele Lippi che, come ci rivela, non perde occasione di andare a trovare. Nel nuovo indirizzo di Via dei Gracchi a Roma, la sala ricorda lo stile nordico: arredamento minimal, colori accesi, separé tra alcuni tavoli per dare il giusto spazio ai clienti e un piccolo salotto all’entrata.



Il tema della memoria è centrale, sia per l’evocazione sensoriale che voglio infondere nei piatti, sia per l’intento di “riportare a casa” accogliendo i commensali in un ambiente caldo e familiare; non a caso, Puleio è proprio il nome della mia famiglia”, prosegue Davide, che non rinnega il legame con la tradizione. L’intento è quello di creare abbinamenti che abbiano una storia, un filo conduttore, evitando esercizi di stile superflui. La sua è una cucina emotiva e del ricordo, come testimoniano alcuni piatti iconici del menu degustazione ispirati dalle precedenti esperienze.


Il servizio è altrettanto giovane (come lo chef) e voglioso di offrire qualcosa di diverso agli ospiti. Mattia Zazzaro, il restaurant manager, coordina con la sua elegante presenza la sala, cui si aggiunge la classe e l’attenzione di Shiren Akhter. Eugenio Galli è invece il sommelier che non ti aspetti, preparatissimo, umile e capace di giocare in tutta la serata con degli abbinamenti notevoli e intriganti. Si prospetta un gran futuro per lui.


I piatti


Il benvenuto dello chef è una vera e propria sintesi della filosofia del locale. Focaccia di grano saraceno con lardo e rosmarino. Latte e mousse di cicoria, maionese di alici e puntarelle fresche. Tartelletta con limone candito e mousse di pecorino, erba cipollina, vermouth e una spolverata di pecorino grattuggiato.
Una genoise di fegatini di pollo e cipolla di Tropea caramellata. A concludere, tartelletta di carone con panna acida alla senape e cerfoglio, un germoglio tipico della campagna laziale. Piccoli snack che richiamano i prodotti della tradizione, abbinati con il Franciacorta Camossi, Chardonnay in purezza e biologico, annata 2016. Un satin interessante.


La prima portata è un signature di Davide. Peperone come manzo.
L’ortaggio viene trattato una settimana per raggiungere la consistenza della tartare bovina e compare insieme a capperi, rughetta e parmigiano vacche rosse 36 mesi. Per guarnire, una riduzione di peperone e alici del Cantabrico.  Se si chiudono gli occhi, al palato sembra proprio di mangiare un battuto di carne marinata.  La delicatezza del parmigiano e la salinità del cappero rendono il peperone preponderante nel gusto. Un gioco di idee e consistenze azzeccato: siamo all’inizio della degustazione, ma già sale in cattedra il sommelier Eugenio che in abbinamento serve una birra belga di notevole fattura. Una mossa fuori dal coro, degna di personalità.


Dopo il vegetale, si sale d’intensità con la seppia locale cotta al vapore con il suo fegato e caviale. Alla base una rapa bianca marinata con il sake, che viene servito anche a parte come accompagnamento. Un Katoli 90 non pastorizzato, né diluito. Nonostante il fegato di seppia e il caviale, è un piatto molto equilibrato e la cottura al vapore del mollusco lo preserva dagli stress della padella, rendendolo più armonioso.


Chiude gli antipasti l’animella cotta nel burro con maionese all’ostrica affumicata nel faggio, foglie di bieta e fondo di manzo. Un altro simbolo della cucina di Davide, che ce lo spiega così: “Questo piatto l’ho inventato 5 anni fa; mi è sempre piaciuto fare abbinamenti di carne e pesce, anche se oggi pare diventata una moda. L’idea è quella di accompagnare l’animella con una salsa a base di pesce.  Dopo Milano, anche a qui a Roma sta avendo un discreto successo”. Noi siamo d’accordo, è un connubio che nell’insieme comunica una bella intensità di sapori e viene sostenuto da una ottima Garganega di Mosella, ideale per ripulire la bocca.


Il valzer dei primi inizia con una new entry nel menu: Tagliatelle di kamut di monograno Felicetti con sugo di granchio blu della laguna di Venezia e finocchietto selvatico e di mare. La scelta della farina non è casuale, ma fa da spinta per esaltare la dolcezza del granchio. Un ingrediente pregevole, che non ha bisogno di ulteriori accostamenti.


Finalmente arriva in tavola il più celebre dei signature di Pulejo, il Risotto Mi-Rò, Milano che incontra Roma. Risotto allo zafferano con royale di coda alla vaccinara, cubetti di sedano e gel di cacao e fondo di manzo. Qui si concentra tutto il pensiero dello chef, che reinventa il primo tipico milanese impreziosendolo con la tradizione romana. A sostenere l’assaggio, l’etichetta laziale Follia annata 2017, di Piana dei Castelli. Un blend di Sauvignon, Riesling, Trebbiano, Malvasia e Grechetto che fa un anno di botte, due di acciaio e altri due in bottiglia. Una buona struttura con sentori di mollica di pane.


L’ultima portata ha come protagonista l’Agnello, cotto alla griglia con prugna secca di Damasco, riduzione di agnello, porri stufati in acqua di rose con la loro gelée.“Sono partito dall’idea dell’agnello alla partica, una ricetta storica del grande Apicio, che utilizzava le prugne e le rose per dare una certa solennità al piatto. L’Agnello da sempre è un simbolo di sacralità e mi piaceva l’idea di omaggiarlo facendo rivivere le usanze dell’antica Roma”. Queste le parole di Davide per descrivere ancora meglio lo studio che si cela dietro le sue creazioni. Del resto, per uno chef romano il confronto con l’agnello è d’obbligo. Notiamo la leggerezza con la quale viene trattata la carne, che si sposa perfettamente con la prugna e la freschezza data dai porri privati del loro animo “ostile” dall’acqua delle rose. Come pairing, un buon Nebbiolo dell’azienda Vietti, vinificato con le stesse uve del Barolo.


Ai dolci, dopo le tagliatelle arriva un’altra novità della carta. Tarta-tin di sedano rapa, marmellata di mele e gelato alla vaniglia affumicato, da spalmare sopra la pasta dolce. Un inno al buon gusto e alla semplicità, se si ha la classe di Davide Puleio.



Foto: @Alessandro Barattelli 

Indirizzo


Pulejo

Pulejo, Via dei Gracchi 31. 00192 Roma

Tel: 06 8595 6532

Sito web

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