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Brace a Copenaghen di Nicola Fanetti: intuizioni nordiche e un pizzico di Bel Paese

di:
Gualtiero Spotti
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Copenhagen è sempre più terra di conquista dai cuochi che arrivano dal Bel Paese. Ora è la volta di Nicola Fanetti e del suo Brace

La Storia

Nicola Fanetti a Copenhagen


Il richiamo del Nord Europa negli ultimi anni ha portato molti giovani cuochi italiani a riempire la valigia (ma non quella di cartone, questa volta), e a tentare l’avventura in una delle molte città scandinave che hanno visto fiorire un movimento florido e tuttora vivace, in grado di fare proselitismi anche fuori dal territorio più vicino al Circolo Polare Artico. Se per molti è stata l’opportunità di cimentarsi con altri prodotti e incontrare una nuova cultura prima di rientrare a casa forti di uno stage o di un passaggio nei celebrati indirizzi che tutti conosciamo (vedi Noma, Geranium, Frantzen, Maeemo e via dicendo), per altri è diventata invece la nuova casa o una ripartenza.

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Inutile dire che la destinazione principe in questo caso rimane sempre Copenhagen, perché il fattore Redzepi e la ricchezza dell’universo food in città è ormai tale che la capitale danese (oltretutto si trova più a sud rispetto ad altre capitali del Nord), permette di vivere esperienze formative di spessore, ma anche di abitare in un Paese dinamico e ordinato allo stesso tempo. Che per gli amanti del cibo diventa occasione quasi quotidiana di scoperte. Non passa giorno che non ci sia qualche nuovo ristorante da sperimentare (fra non molto, tra l’altro, ci sarà l’attesa riapertura dell‘Alchemist di Rasmus Munk nel quartiere di Refshaleovej) e quando non si tratta di fine dining ci pensa lo street food o le novità un po’ esotiche, come lo Slurp Ramen Joint non lontano da Nørreport, a movimentare la scena.

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Sulla scia di tanti altri anche il ventinovenne Nicola Fanetti da Malonno, un paese in provincia di Brescia, ha pensato di lanciarsi in una avventura danese più impegnativa del semplice stage, aprendo nel 2017 le porte di un suo ristorante, chiamato Brace, nel centro città. Certo, il giovane cuoco non era la prima volta che arrivava da queste parti, anche se le origini contadine dicono di un'adolescenza trascorsa tra le montagne della Val Camonica, a scorrazzare tra gli animali da cortile e i maiali della fattoria di proprietà della nonna e, poco dopo, di un passaggio illuminante alla corte del bretone Philippe Leveillé, allo stellato Miramonti l’Altro, tra francesismi che sposano la cultura lombarda.

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La voglia di crescere e di mettersi alla prova così come il richiamo della natura e del Grande Nord uniti alla curiosità di entrare in contatto con i vari Redzepi e Puglisi,  sono troppo forti e finiscono per condurlo a Copenhagen, dove trova sistemazione adeguata presso il ristorante italiano stellato Era Ora, da sempre l’approdo più classico per i connazionali di passaggio, ma anche la palestra formativa perfetta per entrare in punta di piedi nella cucina che conta in città e curiosare con discrezione. Poi arrivano gli stage, il ritorno sempre a Era Ora con una maggiore consapevolezza e maturità e l’idea di mettersi in proprio, che prende forma nel 2017. Brace, il cui nome non va pronunciato all’italiana ma all’inglese (identifica un supporto in grado di tenere unite le fondamenta di un palazzo), diventa il punto di partenza di una avventura entusiasmante e tuttora in corso d’opera con ampi margini di sviluppo.

I Piatti

L’approccio in cucina è molto global, ma sempre con un occhio alla stagionalità dei prodotti e alla loro reperibilità. Tra spruzzi di italianità che vengono mediati da un’estetica e da contenuti molti frequenti a queste latitudini (affumicature e sentori vegetali) piace la genuina intraprendenza del cuoco e la sua voglia di osare e di stupire l’ospite con piccoli tocchi di classe che vanno a toccare molte sensazioni gustative.

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L’Italia viene sfiorata a tavola, e tra rimandi regionali molto chiari (si trovano anche gli agnolotti del plin, con ricotta, lardo e santoreggia) la cucina acquisisce una nuova statura più glocal, con piacevoli contrasti e incroci tutt’altro che banali. Verrebbe voglia di interpretarla come Nuova Cucina Italiana senza confini, capace di mettere in campo gli Gnocchi con verbena, acciughe e fave, o il Risotto all’olio di carbone, semi di tagete e formaggio sirius dove esce l’idea stuzzicante del Mar mediterraneo che rinfresca le sue acque unendole a quelle del Mar Baltico.

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Non un menu infinito, certo, con molte erbe che rimangono una delle passioni del cuoco, ma ben calibrato e perfetto per le esigenze di una clientela piuttosto variegata, che passa da quella che vuole precedere la serata a teatro (con un percorso light di quattro portate e stuzzicando a partire dalle 17.30) a quella che invece si prefigge di entrare più in profondità nella cucina di Fanetti, con il tasting menu maggiormente impegnativo di una dozzina di piatti e piattini.

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Come è ormai prassi da qualche anno tra i locali di Copenhagen, il pairing al tavolo mette in fila una serie di etichette perlopiù biodinamiche e in questo senso Brace offre scelte non banali capaci di puntare l’attenzione anche su destinazioni enologiche non conosciute da tutti, come nel caso della Grecia, a riprova della cura con la quale si cerca l’abbinamento perfetto con il piatto proposto.

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Nicola Fanetti si presenta come l’Italiano con un “nordic twist”, con una cucina che mantiene ben salde le caratteristiche di semplicità e immediatezza, ma ricerca con scrupolo la materia prima idonea approfittando di relazioni particolari con farmers e foragers locali ed ha tutte le carte in regola per raccogliere l’attenzione di una città pur ricca di ottimi indirizzi come Copenhagen.

Crediti fotografici @Aromi

Ristorante Brace


Teglgardstraede n 8 - Copenhagen

Tel: +39 45.28882001

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