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La Galleria di Sopra, il viaggio fantastico dei Fratelli Carfagna

di:
Massimiliano Bianconcini
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ristorante la galleria di sopra

Dalla cucina “casalinga”, alla cucina di sperimentazione, a quella dei contrasti. Tra anarchia, self- improvement e emozione, là dove vige la regola del rispetto.

La Storia

La Storia del ristorante La Galleria Di Sopra


Rispetto e emozione sono le parole più ricorrenti nella narrazione dei due fratelli Carfagna, Andrea e Claudio, che animano La Galleria di Sopra, un locale dalla bellezza inaudita che potrebbe sostenere, in fatto di arredi, la concorrenza dei ristoranti stellati. Rispetto per il territorio e per i produttori e voglia di emozionare, ma prima di tutto di emozionarsi. Situato ad Albano e aperto da circa 15 anni, il locale occupa lo spazio austero di alcuni locali di servizio di un monastero del seicento. Mura spesse, pesanti, antiche con scale e angoli stretti. Il divino si mostra nelle altezze verticali e nella vista che spazia verso l’alto con soffitti ampi e a volta. In questo luogo che risente di sacralità, La Galleria di sopra è sembrata fin da subito una scommessa perdente per i residenti del centro storico.


Andrea ha voluto aprire un ristorante con una cucina che rispettasse il territorio e lo interpretasse in senso lato, considerandolo in ampiezza e giungendo fino al mare con il pesce delle coste laziali. «Tutti ci guardavano come fossimo dei matti qui nel centro storico. Quasi scommettendo su quando saremmo saltati. Non per cattiveria, ma perchè la cucina dei Castelli Romani nella vulgata generale è altra cosa», sottolinea con una punta di soddisfazione. Insomma, un azzardo in una terra dove, tra porchette e amatriciane, il dato saliente per l’avventore è sempre stato (e lo è tuttora) spendere poco e mangiare tanto.


Dopo qualche anno dall’apertura, in cucina è arrivato il fratello Claudio che non ha lo spirito istrionico e la voglia di stare a contatto con i clienti di Andrea. Sceglie la cucina perché, rivela, gli avrebbe consentito di finire prima il turno e andare via. Non ha studi alberghieri alle spalle, o passioni fulminanti come i concorrenti di Masterchef. Inizia ad aiutare il fratello e lo fa passando dai fornelli. E lì si scopre chef. Un cuoco autodidatta che ha dovuto da solo apprendere sul campo le tecniche di cucina, per poi avvicinarsi alla ricerca e alla sperimentazione. Oggi, si ispira in parte a Niko Romito e, dopo oltre dieci anni di lavoro e di studio, presenta una cucina originale, ricca di ispirazione, bilanciata, ricercata, fatta di contrasti. Rispettosa del territorio e che vuole emozionare.


La distanza da Roma e l’essere situati in una zona di provincia per entrambi è una fortuna. Qui è possibile avere un contatto quotidiano con i piccoli produttori. Qui è possibile trovare insalate, verdure, ortaggi che hanno un sapore più deciso, vero. Qui è possibile andare a cogliere erbe selvatiche per “misticanze” (un piatto di insalata tipico dell’area romana) introvabili a Roma. «I piccoli produttori non hanno distribuzione, per arrivare a loro bisogna andare a scoprirli», sottolinea Claudio Carfagna. Questo è il rispetto del territorio secondo i due fratelli. Lavorare con i prodotti locali e dare loro il giusto valore. Ascoltarli, parlare con loro, farsi consigliare. Per il pesce Andrea Carfagna, da 15 anni, personalmente, si reca alle aste di Anzio quattro giorni alla settimana. Così ha imparato a conoscere i pescatori, il pescato e la sua stagionalità. La fatica di uscire con la barca l’Inverno e la quantità di pesce povero, ma saporito del mare laziale. Rispetto, passione e emozione.

Il Ristorante


Le due sale de La Galleria di Sopra, in un lontano passato, hanno ospitato i granai del convento; in tempi più recenti, negli anni 70, una radio libera e successivamente un ristorante. Quando sono stati rilevati da Andrea Carfagna avevano tutta l’aria di essere stati la sede di un comitato elettorale. Hanno arredi diversi. La prima, piccolina e con appena quattro tavoli, dal soffitto basso e dalle pareti austere, si affaccia sull’ingresso e non colpisce l’avventore. Sembra la sala di una taverna ben messa. La vera perla è la sala di sopra, cui si accede percorrendo una stretta scala che costeggia anche la cucina. Forse per questo si chiama “galleria di sopra”. Qui il colpo d’occhio è mozzafiato. Il soffitto ampio e voltato ha al centro uno splendido lampadario color oro, imponente e importante, che da solo arreda e riempie l’ambiente. Alle pareti ci sono boiserie in ferro battuto, moderne e austere allo stesso tempo, che arricchiscono e esaltano le pareti. I tavoli anche qui non sono molti, ma ben distribuiti. Il ristorante è piccolo, si avvale di tre persone in cucina e tre in sala. Il menù ha in carta 6 portate per tipo e offre la possibilità di scegliere quattro percorsi di degustazione. Nel complesso può ospitare 35 coperti.


Il prezzo medio per persona, bevande escluse, è di 60 €. Il food cost è elevato, perché Andrea e Claudio non scendono a patti. Il loro senso del rispetto per chi lavora e produce, sia esso contadino o pescatore, è alto. «Il lavoro va tenuto in considerazione ed è trovando i prodotti migliori che si può realizzare un grande piatto», aggiunge Claudio. A conti fatti, dicono, le materie prime le comprano da circa 50 produttori differenti. Se cucinare è anche un gesto politico, come dice Dominique Crenn, la prima donna ad ottenere le tre stelle Michelin negli Stati Uniti, e se esistono degli interpreti del pensiero progressista tra i fornelli, questi sono Andrea e Claudio, autodidatti e un po’ anarchici, ma orgogliosi di esserlo.


Questo tratto emerge anche se si parla della carta dei vini del ristorante, che vanta 330 etichette ed è la grande passione di Andrea Carfagna. Alla domanda se conviene ad un ristorante come il suo avere tutte queste bottiglie (ma oggi non conviene nemmeno a ristoranti più grandi e strutturati), la risposta tranchant è «No!». Ma le passioni sono sregolate. E quella di Andrea non è stata incanalata da corsi di sommellerie. È cresciuta nel tempo. Oggi la sua cantina annovera grandi vini italiani e internazionali, così come piccole realtà naturali o biodinamiche, che spesso si abbinano meglio alla cucina giocata sui contrasti del fratello Claudio.

I Piatti

E della cucina ci sarebbe molto da approfondire. All’inizio il locale per volontà di Andrea Carfagna voleva presentare una cucina “casalinga”, come quella di casa, per far stare comodi i clienti, metterli a loro agio. Poi nel tempo si è trasformata, grazie all’arrivo del fratello Claudio. In lui la voglia di capire la cucina molecolare o cosa accade alle consistenze quando avviene la trasformazione della cottura è tanta. C’è comunque voglia di stupire, di emozionare, ma anche di bilanciare gli elementi e di mettere in risalto le materie prime. Entrambi rivendicano il fatto che la loro è una cucina di territorio, però non è legata solo al Lazio. Piuttosto all’Italia centrale, visto che le loro origini sono molisane. Non entrano semilavorati in cucina, tutto è prodotto in casa: pasta, pane dolci. Restando fedeli in questo alla cucina casalinga delle origini.


Il primo antipasto che ci propone è il Battuto di dentice, un roll di dentice crudo con pezzettini di misticanza, foglie di vegetali selvatici, rapanello e di rape, per dare una nota piccante e terrosa. Claudio lo appoggia su dadini di mela verde (in questo momento sta usando la mela) e vicino ci mette un estratto di frutti di bosco o, eventualmente, un contrasto di frutta dolce, fichi d’india o uva fragola (se è stagione), e un gelato all’olio extravergine al limone, anche se di fatto è una mousse servita molto fredda.


Altro antipasto è La triglia di scoglio, un pesce del porto di Anzio molto saporito. Viene completamente delicata e messa in una carta di patate, che è fatta cuocendo le patate a bassa temperatura in forno, rosolandole poi in padella. Questa carta di patate, messa in doppia sfoglia intorno alla triglia, protegge il pesce nel corso della cottura, e si insaporisce con i liquidi della triglia. Vicino viene messo un estratto di cavolfiore bruciato, delle rape marinate con aceto bianco e infine un estratto di fondo di triglia con zafferano. Il tutto è serrato da una fascetta di carta di pomodoro, creata con una salsa di pomodori stesa molto fine e essiccata in forno.


Lo Spaghetto alla carbonara con ostriche e limone è un mix azzardato di sapori forti di mare con un piatto classico romano. L’idea nasce dalla frittata di frutti di mari. Si prendono gli ingredienti classici della carbonara che vengono arricchiti dalla sapidità dell’acqua delle ostriche. Il condimento è fatto da una crema di limone e uova. Il guanciale non viene tostato per via del sapore forte che andrebbe a sprigionare. Viene messo crudo sul piatto e leggermente dorato con il cannello. L’equilibrio che regge tutto il piatto è dato dall’abbinamento della scorza di limone, l’uovo e le ostriche, che vengono messe alla fine sopra la pasta.


Il Tortellino di coda alla Vaccinara, viene realizzato con una tecnica che Claudio Carfagna sta portando avanti da sei mesi: la chiarificazione del sugo della coda alla Vaccinara in un brodo, prendendone soltanto il sapore. Si ottiene congelando il sugo alla vaccinara, precedentemente amalgamato con una gelatina molto leggera, e poi lasciandolo scongelare lentamente. Il composto dapprincipio perde acqua che sarà ricca di sapore ma non di colore. Si tratta in pratica di un filtro molecolare. I tortellini hanno una farcia di coda alla Vaccinara classica, realizzata con una cottura di più di 5 ore, che ammorbidisce la coda e la insaporisce. Vengono serviti nel brodo del sugo alla vaccinara e con gelatine di sedano con all’interno croccantini di fave di cacao. Sapori nitidi e precisi, riconoscibili, naturali.


Il dolce è un gioco su di una ricetta tradizionale di famiglia il Pangiallo, di  fatto un pane con miele agrumi e frutta secca. Un dolce tipico del Lazio fatto di materie povere. Qui è rivisitato con una mousse di cioccolato fondente, miele e olio extra vergine, su cui viene messa frutta secca, agrumi a pezzettini e una frolla. Un cerchio di cioccolato molto fino con frutta secca e uvetta viene messo sopra e il finishing è dato da un intingolo caldo di vino rosso con miele o mosto. Il disco di cioccolato così si scioglie e si amalgama alla mousse. È un dolce senza zucchero e senza latticini.

Indirizzo

Ristorante La Galleria Di Sopra

Via Leonardo Murialdo, 9  - 00041 Albano Laziale (RM)

Tel. +39 333 6083076

Mail info@lagalleriadisopra.it

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