Riaprire un ristorante dopo il lockdown è più costoso che fare una nuova apertura

di:
Sveva Valeria Castegnaro
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Eater ha intervistato una serie di chef e proprietari di ristoranti d’Oltreoceano per capire l’entità delle spese da affrontare per riaprire le proprie attività.

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E mentre negli Stati Uniti si continua a parlare di riaperture e chiusure di ristoranti e bar con notevoli differenze da Stato a Stato e non pochi cambiamenti di rotta, Eater ha intervistato alcuni ristoratori per capire come stanno affrontando la delicata fase della riapertura, soprattutto dal punto di vista economico. Non è, infatti, così scontato e semplice riaprire dopo mesi di fermo. Non basta  semplicemente rialzare la serranda e tornare a ospitare i clienti, ma ci sono una serie di implicazioni e complicazioni dal punto di vista organizzativo e logistico che spesso non sono considerate da chi non opera nel settore. Va considerato, poi, che ora si devono rispettare anche tutta una serie di protocolli per garantire il rispetto delle nuove norme igienico-sanitarie e del distanziamento sociale imposte per arginare la diffusione del covid-19.

L'acquisto di maschere per il viso, la fornitura di guanti e disinfettanti, l'investimento in regimi di pulizia più rigorosi e il ripopolamento delle cucine per volumi di servizio più elevati sono solo alcuni dei costi per la ristorazione in questo momento cruciale. Per alcuni operatori le “sfide” legate al rifornimento di questa attrezzatura ormai essenziale sono quasi insormontabili.


Nya Marshall, proprietario di Ivy Kitchen e Cocktails a est di Detroit ha avviato addirittura una campagna di crowdfunding abbinata dalla Michigan Economic Development Corporation per aiutare Ivy ad adeguarsi alle nuove normative statali per il servizio e per istruire i dipendenti ai nuovi comportamenti da tenere.


Omar Anani, chef e proprietario del pluripremiato Saffron De Twah, invece, dichiara di trovarsi in serie difficoltà dato che il suo ristorante ora può operare solo con una capacità del 50%. "Posso far tornare operativo il mio team solo a scaglioni e questo non ha senso dal punto di vista finanziario", ha dichiarato in un'intervista. Anani sottolinea, inoltre che oltre ai costi di “igiene” si aggiungono anche quelli per rifornire un locale che è stato chiuso per mesi. Chef Anani, ha infatti stimato di aver speso circa 10.000$ per rimettere in moto Saffron. “Dobbiamo riordinare tutto”, ha dichiarato a Eater. Il problema dei costi aggiuntivi del riordino sta anche nel fatto che se si vuole mantenere la clientela non si può ricaricare questo costo sul prezzo del cibo proposto. “Nessuno pagherà 20$ per un piatto che prima pagava 10!”. Durante il lockdown così Anani ha dedicato molto tempo a riprogettare la sua cucina, a capire come organizzarsi con la strumentazione igienica imposta dalle nuove norme “anti-covid” senza però dover aumentare i prezzi.

Laster Gouvia, proprietario del ristorante di cucina caraibica Noma G, invece, per non aumentare i prezzi si sta concentrandosi sul controllo degli sprechi alimentari assicurandosi che lui e il suo team rispettino attentamente le dosi durante la preparazione dei cibi. I dispositivi di protezione individuale (DPI) sono, inoltre, un nuovo costo aziendale, prima inesistente. I guanti per esempio vengono cambiati più frequentemente e utilizzati da tutto il personale non solo da quello di cucina. Ogni confezione da 1.000 guanti costa più di 50$


Lo chef Mike Ransom proprietario di Ima, invece, all’inizio del periodo di lockdown ha licenziato tutto il personale, tranne i dirigenti, dato che gli affari erano diminuiti del 90% e così ha deciso di chiudere del tutto il ristorante e ad oggi afferma: “Costa molto di più riaprire un ristorante chiuso temporaneamente piuttosto che aprirne uno da zero”. Ora che ha riaperto sta partendo con cautela. Ramson e i suoi dirigenti hanno infatti deciso di utilizzare lo spazio interno solo per il delivery e il take away e di offrire il servizio al tavolo solo nel patio esterno. "Aumentare il nostro patio è stato un costo che non mi aspettavo di avere", ha detto. "Siamo stati in grado di predisporre cinque tavoli  a sei piedi di distanza. Questo è di grande aiuto per spingere le persone a sentirsi a proprio agio nel sedersi di nuovo al ristorante. Molti clienti al momento si sentono più a loro sicuri in una situazione di ristorazione all'aperto rispetto a una location interna”, ha aggiunto.


Nik Cole di the Kitchen of Cooking with Queen, assieme alla proprietaria Quiana Broden ha dichiarato a Eater: "Immagina se qualcuno fosse stato chiuso per tutto questo tempo e dovesse effettivamente comprare nuovamente tutto." Il ristorante deve anche bilanciare il costo dei DPI e assumere e formare nuovi dipendenti per la riapertura. “Oggetti come le mascherine per il viso costano al ristorante circa $ 600. Abbiamo anche investito nei termometri contactless per rilevare la temperatura dei clienti e costano 150 $ l’uno”. Da considerare poi che non è così semplice procurarsi tutto il materiale igienico-sanitario necessario. Broden stima che tutti i nuovi costi nati con la pandemia aumentino i costi operativi di The Kitchen di circa il 35%, tenendo sempre a mente che il ristorante ora opera al 50% della sua capacità.

Non solo la riduzione dei numeri e della clientela che ha deciso di tornare a sedersi attorno al tavolo di un ristorante, ma anche e soprattutto costi aggiuntivi prima non esistenti e il covid-19 che sembra non dar tregua agli Stati Uniti stanno rendendo questo periodo tra i più critici mai affrontati dal settore della ristorazione d’Oltreoceano.

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