I protagonisti dell'enogastronomia Chef

La più grande cuoca di tutti i tempi: Eugénie Brazier, la prima donna della storia a ricevere le 3 stelle Michelin e l’unica in due ristoranti

di:
Alessandra Meldolesi
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brazier storia

Definita dal suo allievo Paul Bocuse la più grande cuoca di tutti i tempi, “pilastro della gastronomia mondiale”. Nata poverissima, a 10 anni rimasta senza madre, ha scalato il mondo della cucina diventando la prima donna della storia a ricevere le 3 stelle Michelin.

La Notizia

1921-2021: se non ci si fosse messa di mezzo una pandemia mondiale, sarebbe caduto quest’anno il secolo del ristorante La Mère Brazier a Lione, passato di mano in mano eppure sempre fedele alla cucina di Eugénie Brazier. Colei che si può senza tema definire la più grande cuoca di tutti i tempi, “pilastro della gastronomia mondiale” secondo le parole del suo più celebre allievo, Paul Bocuse, che l’ha fatta effigiare negli affreschi di Collonges.



La sua è la storia avventurosa di una suffragetta della tavola, nata poverissima e consacrata “santa dei gastronomi” dal loro principe, il celebre critico nonché suo apologeta Curnonsky. Nata nel 1895, la Brazier era cresciuta in campagna, fra vacche e cavalli, iniziando ben presto a dare una mano. A cinque anni già badava ai maiali, per merenda una rustica zuppa di porri al latte prima di lavare la faccia con la rugiada. A passarle lo strofinaccio in fronte era la madre, scomparsa quando aveva 10 anni: da quel momento in avanti ci sarebbe stato solo il lavoro per guadagnarsi gli zoccoli, un vestito e quaranta soldi per il padre, senza neppure un titolo di studio. Per tutta la vita sarebbe rimasta praticamente analfabeta, bisognosa di aiuto per qualsiasi incombenza burocratica.


Nella fattoria però Eugénie iniziava a cucinare: gaude di farina di mais, barboton di patate, gaufres. Quando improvvisamente parte per fare le faccende in una famiglia di pastai, i Milliat, è già una ragazza madre, rifiutata e cacciata dal suo stesso padre; ma oltre al piccolo Gaston, grande amore della sua vita, mantiene la sorella e il fratello minori. Dai Milliat i suoi piatti poveri si arricchiscono via via di panna e di latte, funghi e tartufi. È il prodromo del passaggio alla ristorazione, con l’affiancamento alla già celebre Mère Fillioux, a scuola di poularde demi-deuil, selvaggina e fondi di carciofo al foie gras, seguito dalla parentesi alla Brasserie du Dragon. Arriva quindi il primo locale, una drogheria rimaneggiata accumulando debiti con un po’ di fortuna. Il menu? Aragoste alla maionese, piccioni arrosto, piselli alla contadina con carote e brioche ripiena alle mele flambé al costo di 5 franchi. Secondo i fornitori, nei giorni a seguire, lucci e pesce persico, sanguinaccio e gratin di maccheroni, senza frigorifero e lavando la biancheria al lavatoio.



Il successo arriva grazie al passaparola dei clienti, il ristorante di rue Royale si allarga mentre la sua fama si spande fino a Parigi e la Mère non riesce più a stargli dietro, cosicché infine si risolve a lasciarlo all’amato Gaston, poi fulminato da un infarto durante una battuta di caccia (“il più grande dolore della mia vita”). Il riposo tuttavia non fa per lei, se è vero che quasi subito sale al Col de la Luère, dove qualcuno le ha proposto una baracca di legno senza elettricità, né acqua né gas. E dal piacere di servire uno spuntino a qualche amico in visita prende il largo il secondo ristorante. Quello dove in bicicletta si presenta sudato un imberbe Paul Bocuse, che racconterà non senza nostalgie di una vita senza requie, sveglia alle 5 e letto a mezzanotte, una miriade di incombenze disparate fra fornelli e campagna, l’ossessione della pulizia e le sfuriate continue. Dal 1933, primo anno di punteggi della rossa, al 1939 sono due volte tre stelle Michelin, in locali dove sfila il bel mondo: un record che nessuna cuoca ha più eguagliato. E a chi gli chiede chi sia la cuoca migliore del mondo, Curnonsky non si stanca di ripetere: “C’est la Mère Brazier”.


“Sapete bene che la mia cucina non si fa con la paccottiglia”, rivendica per giustificare la violazione dei razionamenti durante la guerra, costatale multe esose e perfino la chiusura del locale. Dai 5 franchi degli esordi, i suoi menu arrivano a costarne 50. Ma il personale viene ancora sfamato con gli avanzi e vendendo ventrigli e fegatini Eugénie ha acquistato la sua Peugeot 301, con cui ogni anno il 1 febbraio si reca in visita da Fernand Point o alla maison Pic, per registrare il palato. La sua resta tuttavia una cucina semplice, composta di una rosa di piatti invariabili, che forse proprio per questo, attraverso la mediazione di Bocuse, parteciperà alla rivoluzione della nouvelle cuisine, nel segno della freschezza e del territorio. “Con il senno di poi, posso dire che erano bei tempi ed è sicuramente a contatto con questa donna che la mia inclinazione naturale per la cucina semplice – che non vuol dire facile – si è fatta strada. Le devo il senso dell’economia e l’inflessibilità sul valore dei prodotti”.

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