Weekend Wine

Cerequio di Michele Chiarlo: un Barolo che emoziona già da “giovane”

di:
Marco Colognese
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copertina barolo cerequio

Un grande cru e una cantina che utilizza solo vitigni autoctoni: viaggio alla scoperta dell’azienda Michele Chiarlo, il cui Barolo è una promessa di bontà.

L’azienda

Parte da lontano, la storia dell’azienda che porta il nome di Michele Chiarlo. Nel 1898 nasce da una famiglia contadina Pietro Chiarlo: lavora prima da garzone e poi come addetto al lavaggio dei sacchi olandesi usati per filtrare il Moscato a Canelli. Fa anche l’autotrasportatore in Abissinia, ma nel 1939 torna nella sua terra a Calamandrana e la sua grande intuizione è quella di capire che per queste colline il vino rappresenterà il futuro, così con il fratello Felice inizia a ripiantare vigneti.

michele chiarlo
 

Michele, il suo primogenito, nasce nel frattempo nel 1935. Ottiene di iscriversi alla scuola enologica di Alba con la promessa di essere sempre promosso: la frequenta con compagni del calibro di Renato Ratti, Ezio Rivella, Franco Ziliani, Giuliano Noè e Giacomo Tachis. Nel 1956, in anni ancora difficili per quest’area, inizia il percorso di Michele come produttore e la sua prima etichetta di Barolo è del 1958.

Cru Cerequio Barolo Vigne Palas Cerequio Relais Enzo Massa
 
Cru Cerequio insegna 1
 

Già a metà anni Sessanta promuove i suoi vini tra Europa e America e nel 1972 costruisce la nuova sede, attento a crescere selezionando i terreni migliori, quelli che diventeranno i più importanti cru piemontesi, tra Langhe, Monferrato e Gavi: oggi gli ettari vitati che coltiva l’azienda sono centodieci e la sua storia è costellata da tappe importanti. Tra le tante i Chiarlo sono fondatori del Consorzio Grandi Vini e primi soci dell’Accademia del Barolo; primi sostenitori dell’Associazione Produttori del Nizza, con il sogno di Michele Chiarlo di portare in alto la Barbera e il Monferrato, tanto che nel 1995 viene acquisita la magnifica Tenuta La Court, venti ettari a Castelnuovo Calcea, nel cuore storico del Nizza Docg.

cantina michele chiarlo
 

Proprio qui, a testimonianza ulteriore della visione di Michele Chiarlo, nasce nel 2003 l’Art Park La Court, primo esempio di luogo d’arte tra le vigne che si dipana sui venti ettari della proprietà e museo a cielo aperto e visitabile nel quale si incontrano opere di artisti del calibro di Ugo Nespolo, Emanuele Luzzati e Chris Bangle. Il forte legame di quest’azienda con l’arte è testimoniato anche dalle bellissime etichette realizzate da Giancarlo Ferraris.

michele chiarlo parco Madre Natura 1
 

Michele Chiarlo utilizza soltanto vitigni autoctoni coltivati in collina vinificando soltanto da uve Nebbiolo, Barbera, Cortese, Moscato di vigneti di proprietà e in purezza, senza assemblaggi; l’approccio dell’azienda è volto a una sostenibilità integrale, dalla gestione dei vigneti alla cantine: dal 2011 aderisce al programma VIVA Sustainable Wine che raggruppa diverse tra le più importanti cantine italiane e ha come obiettivo il monitoraggio e la valutazione di tutta la filiera produttiva per ridurre al minimo ogni impatto sia in termini di pratiche agricole sia di contesto produttivo.

Cru Cerequio Panoramica Pesce
 

Nel 1988 Michele Chiarlo acquista i terreni di Cerequio in borgata La Morra e nel 2011 prende vita Palás Cerequio, relais sorto dal recupero di un palazzo nobiliare del Settecento, dedicato ai cru e l’unico al centro di un vigneto di Barolo. Qui, in quella che già nel 1880 viene descritta come “posizione sceltissima” da Lorenzo Fantini e nel 1965 inserita da Renato Ratti tra cru di «Prima Categoria» nella sua celebre Mappa del Barolo, alla base di quelle che oggi sono le Menzioni Geografiche aggiuntive, abbiamo incontrato Stefano Chiarlo, che si occupa della parte agricola ed enologica dell’azienda e il fratello Alberto che si dedica a commerciale e marketing. Stefano, a proposito di Barolo, ci ha raccontato un po’ di storia utile a inquadrarne le dinamiche.

famiglia chiarlo
 

Quella che era la diatriba in termini di stile tra e modernisti e tradizionalisti tra fine anni ‘90 e inizi 2000 si sta uniformando verso il centro. Noi siamo sempre stati di questa filosofia: macerazioni medio lunghe, sui 20/25 giorni e uso di legno di media grande dimensione. Si è visto nel tempo che l’uso di rotomaceratori e barrrique nuove dei modernisti, al di là del successo sui mercati americani che esigevano vini più morbidi, andava a coprire delicatezza ed espressività del Nebbiolo con note vanigliate e tostate e anche in evoluzione in longevità. Allo stesso modo non potevano andare i Baroli tradizionali con tannini così duri e austeri che dovevi aspettare almeno 10 anni prima di aprirli e a volte non erano ancora armonici. La vera rivoluzione, dato che a volte in modo erroneo si è parlato di stili di cantina, è avvenuta in realtà in vigna".

barolo cerequio 2
 

Progettare il numero di grappoli per ceppo e la quantità per pianta ha fatto sì che nascessero vini più precisi e più morbidi già dal vigneto. Perché il Nebbiolo quando porta quattro chili per pianta non può dare un Barolo decente. Il diradamento e la potatura fatti in modo oculato cambiano radicalmente la personalità di un vino: questo è avvenuto dall’84 all’87, quando un gruppo di produttori tra cui mio padre, Elio Altare, Angelo Gaja e alcuni altri hanno iniziato a lasciare un grappolo per tralcio per capire cosa sarebbe capitato. Lì si è capito che i tannini maturavano molto meglio in vigna e quella è stata la vera chiave di successo internazionale, perché il ‘muro’ dei tannini erbacei era invalicabile per chi beveva Francia o Nuovo Mondo. Con tutto questo non bisogna snaturare questi vini: questo è stato il work in progress che i produttori più avveduti hanno capito. Oggi sono in molti ad avere i cru: il modo per evidenziarli non è dargli lo stile dell’enologo ma lasciarli in purezza e far esprimere il terroir per quel che è.”

Caveau Relais Palas Cerequio
 

Il vino

E il Barolo Cerequio 2019 di Michele Chiarlo, che anche quest’anno viene distribuito su La Place de Bordeaux, regala già grandi soddisfazioni in attesa di quella che si prevede una stupenda evoluzione. A 320 metri sul livello del mare, Cerequio si presenta come un suggestivo anfiteatro diviso in due versanti, uno esposto a Sudovest ed uno a Sudest. Protetto dai venti, gode anche di notevoli escursioni termiche, un grande vantaggio per la maturazione fenolica delle uve e la concentrazione degli aromi. L’azienda conduce cinque parcelle di vigneto, le cui piante più vecchie sono del 1972. I suoli, di antichissima formazione Tortoniana, sono composti da marne calcareo-argillose di origine sedimentaria marina, con PH basici, poveri di sostanze organiche ma ricchi di microelementi come magnesio e manganese.

barolo cerequio 2019
 

Le uve per questo 2019 sono state vendemmiate tra il 6 e il 10 ottobre, la fermentazione è avvenuta in tini di Rovere da 55 ettolitri, cui hanno seguito 20 giorni di macerazione a contatto con le bucce e bagnatura soffice del cappello con sistema a doccia. La fermentazione malolattica è svolta in tino, l’affinamento avviene per due anni in botti di rovere di media capacità e successivamente in bottiglia per un minimo complessivo di almeno trentasei mesi. È un vino elegantissimo, dall’estrema finezza, di una magnifica austerità destinata a smussare i suoi toni nel tempo. Notevole il naso, con seducenti note mentolate, balsamiche e speziate, e ancora di frutta matura. Armonico, fragrante e finissimo, in bocca ha una lunghezza emozionante e già così giovane garantisce grande soddisfazione. Da gustare o attendere, una grande bontà.

Indirizzo

Michele Chiarlo Azienda Vitivinicola

Strada Nizza-Canelli, 99, 14042 Calamandrana AT

Telefono0141 769030

Sito web

Wine Reporter

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