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Vernaccia di San Gimignano Wine Fest: boom di presenze per la 1° edizione

di:
Marco Colognese
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Un successo, il nuovo Wine Fest dedicato alla Vernaccia di San Gimignano, prima tra le DOC di vino bianco in Italia: è record di presenze per l’edizione inaugurale dell’evento.

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Buona la prima!”: la nota espressione cinematografica si può dire calzi a pennello anche per questa edizione di debutto del Wine Fest dedicato alla Vernaccia di San Gimignano, la Regina Ribelle, prima tra le DOC bianche a essere ufficialmente riconosciuta in Italia, che fa sentire forte la sua voce nel coro di vitigni a bacca rossa che la circondano in questa meravigliosa regione. Così il centro storico della bellissima città turrita si è popolato di appassionati che ne hanno affollato le vie. Più di duemila degustazioni nelle piazze, un numero importante soprattutto per un evento neonato e per la soddisfazione di Irina Strozzi, presidente del Consorzio, che ha dichiarato: Siamo molto soddisfatti che questa prima edizione abbia ricevuto una risposta di così successo e di forte interessamento per nostra denominazione. Il vino è questo: è cultura, è arte in tutte le sue forme, è conoscenza, è condivisione e comunità. Ma anche rispetto ed educazione, che abbiamo ritrovato nelle tante persone convenute a San Gimignano lo scorso weekend. E a tutti coloro che non hanno potuto essere con noi, dico: veniteci a trovare a San Gimignano nel corso dell’anno, per conoscere la nostra Regina Bianca. Unica, nobile, ribelle”.

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È un vino ricchissimo di sfumature, questa Vernaccia: nel corso della manifestazione si è potuta apprezzare nelle sue differenti espressioni, che hanno come filo conduttore elementi come carattere, eleganza e longevità. Dalle masterclass alla Rocca di Montestaffoli, al walk-around tasting tra le postazioni dei produttori Paladini della Vernaccia di San Gimignano, i soci che hanno aderito al wine fest hanno presentato più di 100 etichette. Di notevole spessore il convegno d’apertura, intitolato “L’Amor che de la vite cola”, con relatori di assoluto prestigio, che si prefiggeva l’obiettivo piuttosto ambizioso di interrogarsi su come riportare l’attenzione dei consumatori su un consumo moderato e consapevole del vino, andando oltre a slogan e affermazioni che danno vita ad argomentazioni scientificamente prive di fondamento. Ci sono stati momenti importanti, alla fine del secolo scorso, dallo scandalo del metanolo tra il 1985 e il 1986, per la rottura nella direzione della qualità e della salubrità del prodotto, ricercate prima in cantina e poi anche in vigna, al fenomeno noto come "paradosso francese" e nominato in occasione di una trasmissione televisiva americana all’inizio degli anni Novanta.

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In quell’occasione, in prima serata, fu presentata una ricerca secondo la quale in Francia, sebbene il consumo di alimenti ricchi in acidi grassi saturi fosse piuttosto alto, la mortalità per malattie cardiovascolari risultava relativamente inferiore rispetto ad altri Paesi comparabili sotto un profilo alimentare come gli Stati Uniti. L’eco mediatica della trasmissione fece sì che il pubblico americano aumentasse sensibilmente i consumi di vino rosso, inducendo zone vinicole importanti come Napa Valley e Bordeaux a espiantare vitigni bianchi per fare spazio a bacche rosse come Cabernet e Merlot. L’equazione “vino rosso uguale salute” trovò spazio anche in Scandinavia, Russia e Asia, in particolare Cina.

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Più di recente, si sono affermati i vini biologici, biodinamici e naturali, soprattutto nelle fasce più giovani dei consumatori, tendenzialmente più attenti agli aspetti di (spesso anche solo presunta) salubrità di cibo e vino ma – dopo più o meno una trentina d’anni – la corrispondenza pressoché indiscussa tra vino ed effetti benefici sulla salute ha iniziato a incrinarsi, complice anche la crisi pandemica. Molto interessante quindi l’intervento del professor Fulvio Ursini dell’Università di Padova, il quale ha sviluppato il tema citando i risultati di ricerche scientifiche autorevoli che dimostrano incontrovertibilmente, per quanto in modo apparentemente paradossale, che non solo l’assunzione moderata di alcol è protettiva, ma basse dosi di alcol possono rivelarsi più salutari anche rispetto all’astensione.

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Anche il professor Giovanni de Gaetano, medico, ricercatore ed epidemiologo che ha pubblicato dagli anni Novanta in poi un centinaio di lavori scientifici sul rapporto tra vino/alcol e salute/malattie in diverse popolazioni, ha confermato l’evidenza dei benefici di un consumo moderato di vino. È stata in particolare smentita la presunta relazione diretta tra consumo di alcol (anche minimo) e rischio tumorale. A questo proposito ha illustrato alcuni grafici con una “curva a J” che dimostrano tutti come 1 o 2 unità di vino giornaliere non abbiano una relazione statisticamente significativa con i tumori. Viceversa, tra chi consuma moderatamente vino durante i pasti, esiste un’incidenza molto minore rispetto a chi non ne fa uso. Il professor Fulvio Mattivi, della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, (TN), ha invece presentato lo stato dell’arte relativo ai biomarcatori del consumo moderato di vino, composti che caratterizzano il vino rispetto ad altre bevande alcoliche.

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Michele Manelli, Vice-Presidente Equalitas, ha raccontato il percorso che ha seguito l’organizzazione per diventare un riferimento per centinaia di aziende vinicole in Italia in relazione al tema della sostenibilità. Per ultimo l’agronomo Giovanni Bigot, il quale ha collegato la salute dei vigneti alla qualità e alla vocazione di un territorio attraverso la creazione di un indice qualitativo che porta il suo nome. E quella di San Gimignano si è confermata un’area ideale. La serata si è conclusa nell’affascinante chiostro di Sant’Agostino con una riuscita cena di gala curata da Vito Mollica di Chic Nonna: ai suoi piatti sono state abbinate trentacinque etichette di altrettanti produttori della Regina Ribelle. 

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